Sui campi di Parma e Napoli si è consumato il tradimento del VAR, o meglio l’abiura di sé stesso. La tecnologia non riesce ad inanellare più di un paio di turni senza finire sotto accusa, rispolverando vecchie decisioni che, malgrado le medesime premesse, vengono valutate in modo differente. Va detto che, di fronte all’inutilità di sospendere un fischietto per uno o due turni, gli arbitri in campo e fuori questa polemica se la vanno spesso a cercare col lanternino non venendosi in aiuto l’uno con l’altro. O non volendolo fare.


PARMA-LAZIO 

L’episodio più eclatante della sfida del Tardini è nel finale di partita ed è la trattenuta vistosa di Acerbi ai danni di Cornelius in area di rigore. L’attaccante danese è spalle alla porta, ma Acerbi per contrastarlo di testa gli si aggrappa alla maglietta e lo sbilancia. La dinamica non lascerebbe dubbi, se non fosse per una iniziale trattenuta (più leggera) di Cornelius ai danni del difensore biancoceleste. La segnaliamo non perché escluda la concessione del penalty, ma perché deve aver senz’altro pesato nella valutazione sia dell’arbitro Di Bello sia del VAR Banti. Altrimenti non si spiega come mai non vi sia stata la revisione in campo e la concessione del calcio di rigore. Il fischietto brindisino, comunque, non è nuovo a contatti all’interno dell’area che non vengono sanzionati: ne sanno qualcosa Pandev e il Genoa in una recente trasferta all’Olimpico, quando non venne punita una spinta netta di Florenzi ai danni del macedone.


NAPOLI-LECCE

Da una mancata on field review all’altra. Arriviamo al San Paolo, dove il fischietto sardo Giua si impunta sulla propria versione dei fatti, non ascolta il collega Abisso al VAR e conferma che non è fallo quello di Donati su Milik. Di conseguenza, non è calcio di rigore, ma simulazione. L’aggancio tra la gamba di Milik e quella del difensore salentino è talmente evidente che non lascia spazio a dubbi, come evidenziano le foto.

La vera attenuante non è la ricerca del contatto da parte dell’attaccante azzurro, ma è piuttosto la sua caduta molto scenica, che senza dubbio ha tratto in inganno l’arbitro. Arbitro che avrebbe perso ogni sorta di giustificazione una volta che fosse andato a rivedere la dinamica: era impossibile non ravvedersi del contatto. Era un “chiaro ed evidente errore” e doveva portare al calcio di rigore. Non a caso Il Mattino quest’oggi lancia un’indiscrezione: l’arbitro Giua sarà fermato per un turno, quantomeno non sarà arbitro “in prima”. Errore troppo grave quello del San Paolo per passare impunito. Anche se le punizioni “a tempo” comminate dall’AIA ai suoi iscritti servono davvero a poco visto che gli errori si ripetono a ciclo (quasi) continuo.

Da qualunque angolazione la si voglia vedere, rimane assurda la decisione del fischietto di Olbia, altro direttore di gara non “nuovo” a decisioni discutibili. Un precedente che fa riferimento a quest’anno, peraltro, pesa sulla pelle del Genoa: il calcio di rigore per la Juventus nel finale di gara dello Stadium. Il Genoa pareggiava con merito per 1-1, Sanabria ingenuo sfiorava in area la gamba di Cristiano Ronaldo che – accentuando e non poco la caduta – si guadagnava e realizzava il calcio di rigore. Se quello dello Stadium è stato punito col penalty, era da punire in maniera analoga quello del San Paolo. Torniamo a ribadire che è in questa distonia di valutazioni da una partita all’altra, da un episodio ad un altro, che risiede il vero nocciolo della questione.


Genoa-Cagliari, tre gare a punti di fila mancavano da marzo. Nicola, già 2 partite senza subire gol