Lo scorso maggio avevamo analizzato per filo e per segno il protocollo-bozza presentato dalla FIGC al Comitato Tecnico-Scientifico per quanto riguardava la ripresa in sicurezza di allenamenti e competizioni sportive a squadre (clicca QUI per leggere il documento). Un documento che la Federazione aveva revisionato e che, tutto sommato, incassata l’approvazione del CTS, ha funzionato e garantito di portare a termine lo scorso torneo.

Ma più di qualche falla era stata evidenziata già a suo tempo, su Buoncalcioatutti così come dalla stampa nazionale. Il caso dei 15 positivi al Genoa è un episodio che si poteva e doveva prevedere. Ma in Italia e negli organi preposti il “prevenire è meglio che curare” non ha avuto grande risonanza e non lo si è messo in conto. Inutile nascondersi: c’è chi ha provato a dare la colpa al Genoa praticando il consueto “scaricabarile”, ma per una volta sono state subito messe a tacere le chiacchiere intorno all’operato scrupoloso e attento della società rossoblu, partita per Napoli la mattina stessa della partita per avere la sicurezza dell’esito del secondo giro di tamponi. Più voci si sono levate a difesa del Genoa, dal Dottor Zeppilli della Commissione Medica FIGC alla stessa FIGC, con la Procura Federale che ha subito accertato e riscontrato il rispetto del protocollo.

Ci sia dovrebbe focalizzare su un altro punto. Rileggendo nelle ultime ore il protocollo, emergono infatti alcune contraddizioni e sorgono spontanee alcune domande. Il Genoa, per esempio, non si allena in gruppo da lunedì su disposizione della ASL locale. Una misura contenitiva e di sicurezza già applicata in altri ambiti per ridurre la diffusione del Covid. Alla luce di questa misura e dei capillari controlli che il Genoa sta eseguendo e continuerà ad eseguire sul cosiddetto “gruppo-squadra“, è diventato oggettivamente impossibile preparare al meglio la partita col Torino. Niente sala video, niente allenamenti, niente tattica. Serve altro?

E proprio qui nasce il problema. Dove il protocollo poteva dare un’indicazione immediata ed evitare polemiche, il medesimo documento non specifica invece quale sia il tetto minimo di calciatori per poter disputare una partita. Una lacuna grave nella quale è incappata anche la UEFA, capace di mettervi una pezza solamente una settimana fa per assicurarsi di portare a termine le qualificazioni alle coppe europee. La UEFA l’ha già applicata come regola “speciale”: bisognerà vedere se la Serie A la utilizzerà effettivamente dopo la pausa per le nazionali oppure la anticiperà al prossimo weekend.

Come ogni cosa, tappare le falle in “fretta e furia” permette a chiunque di dire tutto e il contrario di tutto. Di solito, peraltro, si partoriscono decisioni che rischiano di andare contro i codici della sportività. Giocare Genoa-Torino con un’intera formazione rossoblu fuori dai giochi sarebbe assurdo. Oltretutto viene difficile pensare a che partita verrebbe fuori, col Torino in grado di prepararla in maniera tradizionale e il Genoa letteralmente bloccato.

La vera domanda è la seguente: se la ASL impedisce al Genoa di allenarsi anche a piccoli gruppi (questa mattina non era prevista una seduta, bensì un secondo giro di tamponi su parte del gruppo squadra che proseguirà nel pomeriggio) e se questa indicazione perdurerà sino alla giornata di sabato, perché dovrebbe consentire una partita undici contro undici al Ferraris con contatti e quant’altro? Perché dovrebbe permetterlo la Lega Serie A? Non ci sarebbe logica. E perché il Ministero della Salute e quello dello Sport non segnalano l’esistenza di questa falla normativa alle Federazioni e alla Lega Serie A?”. 

Sono domandate lecite, che seguono la logica, e che richiamerebbero al buon senso. Se tutti i passaggi del protocollo sono stati rispettati, come il virgolettato allegato in fondo dimostra, e numericamente e tecnicamente non è garantita la disputa regolare di Genoa-Torino, in assenza di norme la gara va rimandata. Poi si metterà mano al nuovo protocollo.

Qualora, durante il periodo di ripresa degli allenamenti di gruppo, ci sia un caso di accertata positività al COVID-19, si dovrà provvedere all’immediato isolamento del soggetto interessato. Inoltre, si dovrà provvedere a pulizia/sanificazione generale secondo le disposizioni della circolare n. 5443-22 febbraio 2020 del Ministero della Salute“. E poi cosa accadrebbe? Qui il punto resta controverso perché all’intero gruppo squadra (di cui farebbe parte anche lo staff tecnico, non soltanto gli atleti) verrebbe imposto l’isolamento fiduciario presso una struttura concordata dove tutti gli elementi “saranno sottoposti ad attenta valutazione clinica sotto il controllo continuo del Medico Sociale, saranno sottoposti ad esecuzione di Tampone (anche rapido) ogni 48 ore per 2 settimane, oltre ad esami sierologici da effettuarsi la prima volta all’accertata positività e da ripetersi dopo dieci giorni, o secondo periodicità o ulteriore indicazioni del CTS”. Lontano da casa, questo è ben specificato, ma senza che l’isolamento precluda la possibilità ai calciatori non contagiati, in quanto costantemente monitorati, di allenarsi. “Nessun componente del suddetto Gruppo Squadra potrà avere contatti esterni, pur consentendo al gruppo isolato di proseguire gli allenamenti“.


Genoa, i social raccontano la vita in isolamento dei rossoblu