Per rendersi conto della storia del Genoa, a volte, non vi è solo bisogno di ripercorrere quelli che l’anno prossimo diventeranno 130 anni dalla nascita, ma anche di ricordare episodi come quello del 15 dicembre 1972, quando “Un Cantico per il mio Grifone” venne eletto inno ufficiale del Club più Antico d’Italia. Un inno che ha accompagnato il Genoa, non soltanto al Ferraris (che il 1° gennaio 2023 festeggerà novant’anni dall’intitolazione a Luigi Ferraris, mentre il 22 gennaio 2023 addirittura 112 anni dalla prima gara disputata sul terreno di gioco di Marassi), per quasi metà della sua storia.

Questo pomeriggio, nel contesto di Palazzina San Giobatta, sede del Museo del Genoa, si è tenuta la celebrazione di questa ricorrenza. Esattamente 50 anni fa, alla Fiera del Mare, fu Pippo Spagnolo, all’epoca presidente del Comitato Coordinamento Club Genoani, a promuovere un concorso – la cui commissione era presieduta dall’indimenticato Enzo Tortora, tifoso rossoblu – per eleggere il nuovo inno ufficiale del Genoa. Furono quasi mille le persone a votare, 24 i brani ai nastri di partenza. Alla fine vinse “Un Cantico per il mio Grifone“, brano scritto da Piero Campodonico e musicato in arietta da Gian Piero Reverberi.

Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta” avrebbe detto Tortora. Eh sì, perché chiaramente, come giusto che fosse, l’inno è stato ricordato ufficialmente un’altra volta di fronte a tutti i presenti alla celebrazione e a molti di quelli che lo intonarono. Nel ricordo di chi non c’è più voluto da Giovanni Villani, come Piero Parodi salutato da un lungo applauso, parlano i due autori dell’inno. Un tuffo nel passato. “Tutto nasce da Alemanno, che scrive Paradiso rossoblu e in copertina mette inno del Genoa. La moda del tempo era di andare allo stadio coi pantaloni rossi e la maglietta blu e l’inno doveva rispettare i canoni del tifo genoani – ha ricordato questo pomeriggio Campodonico – allo stadio si cantava “aprite le porte che passano i rossoblu” e da lì prendemmo spinto. Quaranta pezzo furono presentati alla commissione e furono suonati sull’organo della chiesa della Consolazione per fare un dispetto a padre Galli. Ne furono scelti 24, dodici per sera, e fu un successo anche a livello nazionale“.

Gli ha fatto eco Gian Piero Reverberi, raccontando di come l’arietta nacque in un viaggio in treno tra Voghera e Bolzaneto. A prendere la parola anche Flavio Ricciardella, Direttore Generale Corporate del Genoa. “Intanto mi piace molto essere al tavolo con ACG e Fondazione Genoa. Vedo in platea molto amici e sono contento essere qui per i 50 anni dell’inno, entrato nel cuore di tutta la comunità genoana” – ha dichiarato lo stesso Ricciardella ritornando anche sul fatto che presto lo Store rossoblu tornerà anche al Porto Antico.

Presente all’evento celebrativo anche Eugenio Segalerba, Consigliere d’Indirizzo della Fondazione Genoa 1893. “È naturale tenere una iniziativa così al Museo. Poche cose sono rappresentative del Genoa come l’inno ed è normale che la Fondazione sia il luogo naturale. Trovo significativo che oggi si sia ritrovata un’unità con la società e coi club, che non sempre c’è stata in passato. Questo fa ben sperare per il futuro. Queste tre componenti sono assolutamente aperte ed è fondamentale che il ramo sportivo, la mamma del mondo Genoa, e il ramo culturale e sociale del tifo dialoghino nel comune interesse di portare il Genoa sempre più in alto dal punto di vista sportivo, ma anche occupare il posto che gli compete come sostenitori e nel mondo della cultura italiana e internazionale. La Fondazione, è stata la prima in Italia, il Museo il primo tematico in italia”.

Non è l’inno di una squadra più antico, ma il nostro è da 50 anni che viene cantato in casa e fuori. Altri lo hanno cambiato. Noi no, i cent’anni forse noi non riusciremo a festeggiarli ma sono sicuro che ci sarà qualcuno al posto nostro a farlo” avrebbe invece dichiarato Paolo Caricci, attuale Presidente dell’ACG Associazione Club Genoani. A loro volta, presente anche una delegazione dei “grifoncelli“, ossia le quaranta persone che intonarono il brano, poi diventato inno del Genoa. Se doveva essere un coro della gradinata, allora noi scegliemmo quaranta dei miei allievi – due classi del “Vittorio Emanuele” dove insegnavo – e li portammo sul palcoci aveva raccontato nel settembre 2018 Piero Campodonico in un’intervista esclusiva che facemmo a pochi passi da un altro museo a cielo aperto dedicato ad grande tifoso genoano come Fabrizio De Andrè. Con una precisazione che racconta ancora molto della storia e della rivalità calcistica di una città a cui da troppo tempo non è riconosciuto coi fatti il valore che merita. “Ad onor del vero, c’era anche qualche infiltrato sampdoriano, che pur di essere sul palcoscenico venne volentieri”.


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