Il Genoa è tornato a perdere in campionato dopo otto partite ed è scoppiato nuovamente il finimondo. Il capro espiatorio è diventato l’allenatore, Blessin, per quella logica, non solo calcistica ma di tutto il mondo del lavoro, per la quale i responsabili di un settore specifico si prendono sulle spalle tutte le responsabilità. Quando le cose vanno bene e quando vanno male. E fin qui è una logica che funziona.

Ma funziona solo se c’è equilibrio. Se non ci sono pre-concetti, partitismi, simpatie o antipatie di sorta. Il Genoa, che tale equilibrio lo sta andando a ricercare da un anno, da quando la gestione Preziosi è alle spalle, è ancora propenso a perderlo facilmente al primo passo falso.

È bastato perdere (con merito) a Reggio Calabria, infatti, per scoperchiare il vaso di Pandora. Vi è uscito di tutto: numeri, statistiche, casi dove non ci sono e nuovi fantomatici allenatori comparsi sul web. Tutte questioni che ci si porterà dietro fino alla vigilia di una gara delicata come quella contro il Como.

Ora, che alcuni numeri non sorridano al Genoa è evidente, primo fra tutti quello sulle reti fatte. Il Genoa fatica, ne ha segnate 15, poco più di una a partita a fronte di una mole colossale di palle gol create e non sfruttate. È un primo tassello da migliorare. Un altro aspetto che può essere migliorato, poi, è il rendimento casalingo con una sola vittoria sin qui al Ferraris. Anche sul modulo si può discutere perché certamente il Genoa per interpreti può avere più varianti di gioco, ma è come si interpreta il modulo a fare la differenza. Contro la Reggina è mancata soprattutto l’interpretazione, con poco movimento senza palla e troppi errori che hanno portato alla prima, vera partita senza creare palle gol. Sono mancati anche i calci piazzati, che sono un ulteriore aspetto da migliorare.

Paradossalmente è proprio in questo elenco che comincia a incresparsi – almeno per il sottoscritto – il quadro che vorrebbe vedere sempre tutto nero, tutto negativo. Perché se si guarda alla singola partita con la Reggina per dire che il Genoa non crea mai occasioni da gol, allora non c’è più l’equilibrio di cui sopra. Il Genoa va visto nel complesso, prendendone ogni gara, e si vedrebbe che ha creato sempre un numero cospicuo di chance per andare in gol. Larga parte le ha sprecate ed è questo che più sta incidendo sulla classifica. Anche la fase difensiva ha funzionato discretamente, soprattutto quando il centrocampo a due ha fatto il giusto filtro, palesando le maggiori difficoltà se affrontata in campo aperto quando questo filtro viene a mancare.

Alla base di ogni ragionamento portato avanti da giugno in avanti c’è il grande equivoco – e chi ha seguito la B negli ultimi anni lo sa bene – che ricercare il calcio champagne, in Serie B, è pura utopia. Avrebbe dovuto praticarlo la Reggina, ad esempio, e invece la squadra di Inzaghi ha messo in campo grande pragmatismo e un gioco votato alle ripartenze che ha ripagato. La differenza l’hanno fatta i singoli, più in palla nella singola partita, a dimostrazione che il calcio è molto spesso gesto del singolo. E in ogni caso, al netto della sconfitta, Semper ha fatto comunque una sola parata nella ripresa su azione e una sul rigore di Menez.

Le statistiche di Blessin al Genoa, in ogni caso, sono note a tutti e noi settimanalmente le aggiorniamo. È stato largamente, da inizio stagione, nella scia dei due punti a partita, in quello che era stato definito da molti il campionato cadetto più equilibrato e difficile degli ultimi anni. Lo ha fatto ascoltando ogni giorno, in varie sedi e mai tra queste il Genoa, che la sua squadra era una “corazzata”. Lo ha fatto non sempre senza commettere errori, non sempre senza trovarsi a commentare punti gettati alle ortiche negli ultimissimi minuti di gara, non sempre senza aver condotto in porto gare in inferiorità numerica, ossia un quarto di quelle giocate fino adesso. L’assestamento è ancora in corso e arriverà: nel frattempo serve coesione.

Purtroppo ci sono vari modi per minarla questa coesione, o perlomeno io la interpreto così. Ci sono senza dubbio i media, anche il nostro, che possono spesso toccare nervi scoperti. Ma c’è anche un altro, potentissimo mezzo di comunicazione che conta più di quanto si creda e sono i social network, che ormai di “social” hanno tutto e di “network” quasi più nulla perché rete, nel vero senso della parola, non la fa quasi più nessuno. Oggi è la mia parola contro la tua, il punto d’incontro non c’è più, con l’aggravante che la nostra conversazione rimarrà pubblica e visibile a tutti. Mica come al bar, anni fa, quando rimaneva tutto tra un caffè e una brioches.

Al di là degli insulti gratuiti rivolti all’uno o all’altro che rendono spesso difficile non buttarsi giù, non sempre si leggono conversazioni costruttive. Se ne leggono eh, per carità, ma spesso si finisce in un vicolo cieco dove o tutto è nero o tutto è bianco, senza nessuna sfumatura nel mezzo. O meglio, la sfumatura ci sarebbe ma non la si vuole vedere.

Ecco, alimentare questo clima è l’errore peggiore che si possa fare in questo preciso momento per minare l’equilibrio che regna intorno al Grifone, che si appresta ad affrontare una stagione ancora molto lunga, se non lunghissima.

Occorre piuttosto fare cronaca sui numeri e su quello che dice il campo, senza alimentare voci per nulla fondate. Occorre uscire dalla metodologia del tutto e subito solo perché c’è il meccanismo dell’esonero che al Genoa ha raggiunto record storici: per una volta che il Genoa ha un solo allenatore a libro paga dopo anni e anni sarebbe incredibile rientrare in quel circolo vizioso senza che ve ne sia necessità. Dopo due sconfitte, seppur difficili da digerire, sarebbe un assurdo.

Eppure quest’ultima è una tesi che si legge frequentemente. L’abbiamo letta per tutta la settimana di accompagnamento a Genoa-Modena, figurarsi se non la leggeremo per tutta quella attuale che ci sta traghettando alla gara col Como. Le domande sarebbero tante, ancor più importanti quando le cose non vanno come ci si aspetta, e le sedi opportune per farle ci sarebbero: sappiamo già tutti, però, che ci ritroveremo a porle sempre in tre o quattro al massimo.

Concedetemi di dirla questa cosa perché è banalmente l’amara riflessione di chi non perde una conferenza stampa pre e post partita da quando è arrivato Blessin. Un tedesco “atipico” che nelle sue conferenze prima inizia in italiano, poi in un inglese (comprensibile a tutti e che non si presta a interpretazioni varie) e finisce in tedesco. Anche queste situazioni di confronto pre e post gara sarebbe utili per dipanare i dubbi, basterebbe sfruttarle.

In ogni caso la critica è lecita, e ci mancherebbe anche fosse il contrario. Attenzione però a non commettere l’errore di non voler proprio vedere le cose positive, anche fossero pochissime, perché va messo in risalto solo quel che non va (o che si ritiene non vada, che è be diverso). Coesisteranno sempre questi due poli opposti, il fare le scelte giuste e quelle sbagliate, e ciò perché, ahinoi, la perfezione non è di questo mondo. Per nessuno.

In ogni caso, il Genoa sta complessivamente funzionando, ha dei meccanismi da oliare meglio e lo farà. Se così non sarà, chiaramente verranno prese delle decisioni. Non sembrerebbe proprio questo il momento di prenderle.

Dall’ultimo weekend e dalla gara di ieri della Primavera vinta a Milano mi porto dietro un’ultima cartolina: il tifo di Reggio Calabria abbinato al grande lavoro del settore giovanile che dopo un anno di difficoltà sta dicendo la sua in tutte le categorie. Ecco, l’unità dei ragazzi e delle ragazze delle varie Leve, dalla Primavera di mister Gilardino in giù, deve essere un esempio per molti di cosa significhino grinta, forza, carattere, equilibrio. Anche di cosa significhi genoanità: perché la simbiosi tra i vari livello del mondo Genoa è la vera chiave per un futuro migliore, ma serve coltivarla. Un danno avvelenarne i pozzi.