Spalletti cerca l’Italia, fa prove su prove, ha poco tempo a disposizione per cercare il bis al prossimo Europeo tedesco. Tutte sintesi veloci di gioco, non spocchiose, mettendo in campo quello che passa il campionato. Contro l’Ecuador li ha provati tutti: altri undici in campo con conferma della difesa a tre, però quella interista. Ha  vinto e vincere lo farà lavorare senza polemiche fino all’Europeo.

Partita tosta quella con l’Ecuador, che nel suo girone di qualificazione per il futuro Mondiale ha perso solamente con i Campioni del Mondo dell’Argentina. Partita vinta nel cuore del gioco con la qualità di Pellegrini e Barella, la ritrovata verve di Zaniolo e le geometrie di Jorginho.

Bene il debuttante Bellanova e Spalletti (non solo per l’Europeo) sulle corsie laterali può essere tranquillo. Manca all’appello soltanto Spinazzola. Può esserlo anche a centrocampo con l’innesto di uno come Cristante, forza fisica e “garra”.

Vi è da migliorare in difesa. Nel primo tempo gli Azzurri hanno accorciato le linee, nel secondo tempo con i cambi dell’Ecuador tutti improntati alla fase offensiva e alla velocità hanno sofferto ricorrendo anche alle maniere forti. Altro esame per Raspadori da prima punta o falso nove non andato in porto. Spalletti lo porterà all’Europeo, ma utilizzandolo in altro ruolo.

Bene anche Retegui nei 15′ giocati: ormai per tutti è lui il centravanti azzurro del futuro. Tre palloni respinti dentro l’area azzurra su corner, pressing, triangolazioni per ripartenze veloci, nessun tiro perché non servito. Da lui parte il raddoppio bellissimo di Barella al 94esimo di gioco. L’unico a non vederlo, come nella gara precedente, è stato il cronista  della Rai, Rimedio, che continua a vedere errori di Mateo. Meglio che riguardi le gare.

Cerca soluzioni diverse Spalletti, in particolare in corso di gara, perché nel mondo del calcio ormai con l’Intelligenza Artificiale si studia e si percepiscono tutte le manchevolezze di uno schema preparato a tavolino e gli errori tecnici dei calciatori. Per la nuova Nazionale conquistano i termini addirittura chiamati principi di gioco: calciatori fluidi, modulo liquido, costruzioni dal basso.

Per Spalletti, che lo ha dimostrato anche a Napoli, il calcio non è scienza. Gli piace gestire il gruppo, correggerlo, coordinare l’ambiente esterno tramite la sua professionalità. Come per lui per tanti altri allenatori il calcio non è totalmente scientifico: tutto è riconducibile ai numeri, ai dati oggettivi (pur estrapolati dalla realtà), a grafici e tabelle. Per il CT il calcio non si può “soggettivizzare”, rendere assoluto: è importante essere in grado di prevedere cosa potrà accadere durante l’incontro.

Nel calcio moderno sia nella prestazione individuale che collettiva nelle due fasi di gioco bisogna analizzare il gioco nei suoi fattori fondamentali: spazio e tempo con equilibrio e organizzazione. Spalletti insegna calcio, ma cerca calciatori che in quelle situazioni temporali abbiano giocate e capiscano posizioni e movimento degli avversari, dove è il pallone e dove sono i compagni.

Spalletti è convinto del fatto che con i calciatori a disposizione, gli ultimi provati sono per il dopo Europeo, si possa alzare il livello di gioco  considerato che l’80% gioca anche in Europa nelle Coppe e non solo nel campionato italiano. Nelle due gare giocate negli USA per adesso il bicchiere è mezzo vuoto, visti i tanti errori colpa di leggerezze. All’Europeo vuole portare giocatori vicini al top della forma.

Il bicchiere del CT, invece, è mezzo pieno dopo questi due stage, frutto anche della prova di Mateo Retegui. In tutti gli altri ruoli si è potuto lavorare in passato. A proposito di Retegui si potrebbe dire “Ecce Bomber”: dipinto non dal Caravaggio, ma da tutte le cronache e i giudizi passati su carta, tv, web, chat dopo la gara con il Venezuela.

Peccato che qualcuno a livello nazionale abbia messo in dubbio che non sia un “craque”, come amano dire in Argentina dei buoni calciatori. Semplicemente perché il campionato italiano è sotto la lente d’ingrandimento solo per poche squadre.

Se avessero seguito i progressi di Mateo da quando è arrivato al Genoa probabilmente lo avrebbero definito magari non un “craque”, ma sicuramente un giocatore in crescita, anche se ancora dovrà lavorare e imparare quotidianamente con la scuola di Gilardino e dello staff: difendere il pallone spalle alla porta, aiutare a salire la squadra in fase di possesso, non avere paura dei contatti e fare a spallate, difendere nella propria area sui palloni inattivi. Tutto quello visto nella gara contro il Venezuela e nel finale con l’Ecuador.

Spalletti è bravo, ma non può avergli insegnato tutto in 48 ore di allenamenti. Allora unica piccola considerazione sul lavoro di Gilardino: si leggerà e sentirà mai a livello nazionale nominarlo rispetto ai miglioramenti di Mateo? Non sappiamo se diventerà un “craque”, sicuramente sarà il centravanti che vorrebbero in tutte le squadre tutti gli allenatori.

La forza di Spalletti, in conclusione, è stata mettere in campo una squadra che curasse in modo particolare la distribuzione sul terreno di gioco e corrispondesse alle caratteristiche tecniche e tattiche non viste qualche volta nel campionato italiano, dove è troppo determinante il sistema i gioco.

La vigila di Pasqua e il giorno di Pasquetta partirà un altro campionato, uno sprint finale che vede quasi tutte le squadre alla ricerca di un obiettivo. La speranza che reggano anche i direttori di gara…