Oggi, diversamente dal solito, non parlerò di allenatore e giocatori, di lacune e qualità della squadra avversaria del nostro amato Genoa. Sono troppo amareggiato da quello che ho visto nella trasferta di Firenze, troppo deluso dalla totale assenza di quello che vuol dire essere una squadra, di quello che ci vuole per poter combattere alla pari contro qualsiasi avversario.

Nel calcio ci sta che si perda, eccome se ci sta, ma perdere senza lottare, senza avere un’idea di gioco, senza avere rispetto per la maglia che si indossa, non lo accetto e come me lo pensa tutto il popolo genoano.

Ora non bisogna guardare indietro o cercare i colpevoli di questo scempio che va avanti da qualche stagione non porterebbe a niente. Bisogna tirare una linea e guardare al futuro con ottimismo. Spors, il direttore generale, e il nuovo allenatore Blessin, se riusciranno a salvare la squadra, avranno fatto un vero e proprio MIRACOLO, altrimenti sarà Serie B, ma con una squadra giovane, motivata, sbarazzina, in cui non dovranno mai mancare la voglia di lottare, di sudare e di cercare la vittoria ogni partita.

Devono finire i tempi in cui i procuratori, gli agenti e i subagenti fanno il bello e cattivo tempo. Basta con giocatori avanti con l’età a caccia di contratti pluriennali e basta anche con certi allenatori che pur di allenare accettano mille compromessi e ogni cosa.

Da genoano, da ex giocatore e da ex mister, oggi mi accontenterei di veder battere il calcio d’inizio andando in avanti e non all’indietro: sono anni che vediamo questo atteggiamento remissivo e non se ne può veramente più. Per quanto riguarda la descrizione accurata della squadra avversaria, ci vediamo dopo la sosta.

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Mario Ponti
Sono nato a Genova il 10 gennaio 1964. Ho fatto tutto il settore giovanile nel Genoa: 3 anni di primavera, esordio in serie A in Genoa -Napoli nel 1983. Poi esperienze nel Carbonia, Omegna, Casale e Mondovì in Serie C2; poi Dilettante in squadre della provincia di Genova. Un grave infortunio al ginocchio destro mi ha condizionato per tutta la carriera. Quattro operazioni. Una volta terminato di giocare ho iniziato a fare l’allenatore, prima nelle giovanili rossoblu e successivamente per 10 stagioni sulle panchine di Arenzano (il mio paese d’origine), Cogoleto, Lagaccio, Molassana e Pegliese. Infine, la sclerosi multipla è avanzata e ho dovuto abbandonare la panchina motivo per cui ho fatto per tre anni il direttore sportivo. Ora voglio fare solo lo spettatore e il tifoso. Nel 2014 la T.O mi ha premiato come tifoso rossoblu dell’anno, cosa di cui vado molto, molto orgoglioso.