All’emittente radiofonica Radio Kiss Kiss è intervenuto pochi minuti fa il presidente di LAMICA (Libera Associazione Medici Italiani Calcio), Enrico Castellacci, il quale è tornato a commentare le ultime decisioni su quando – e secondo quali misure di sicurezza – ricominciare il campionato di Serie A.

Ieri è stata una boccata d’ossigeno molto utile – esordisce Castellacci – perché abbiamo una data e i preparatori possono programmare più facilmente gli allenamenti. Al di là di questo, eccessive novità non ve ne sono state a parte il tripudio del ricominciare il campionato. I punti interrogativi esistono e il punto della quarantena è quello che mette più paura. Col caso del Bologna c’è stato subito timore, anche se poi è fortunatamente risultato negativo. Se fosse stato confermato quel caso di positività, il Bologna sarebbe andato in ritiro blindato. E sarebbe andata già bene perché è solo l’inizio degli allenamenti, ma dovesse accadere a inizio campionato si sa che, con le norme attuate in questo momento, il campionato finirebbe.

Se dal 20 giugno in avanti spuntasse un nuovo positivo, quindi, finirebbe la Serie A? “Si presuppone proprio di sì, tant’è che Gravina ha già pronte le fasi successive: playoff e cristallizzazione delle classifiche. Il timore è legittimo che ci possa essere, a meno che, vedendo una diminuzione del virus e della sua virulenza, non venga rimosso questo punto e si arrivi a una quarantena di sette giorni che permetterebbe, anche se in maniera risicata, di poter continuare il campionato. Questo è il punto chiave per quanto riguarda la Serie A”.

E se la quarantena per i tesserati trovati positivi diminuisse da due a una settimana, perché non dovrebbe valere la stessa cosa per un qualunque altro lavoratore? “Domanda corretta e mirata. Il calcio non è l’Iperuranio di Platone, un mondo al di fuori: qui anche Pallone dovrebbe riportare tutti nella realtà quotidiana, anche il mondo del calcio. Se si vedesse che diminuisce la curva epidemiologica, e con essa i rischi, chiaramente la quarantena di sette giorni potrebbe valere anche a livello sociale. Ma tenete conto che, a livello sociale, le stesse persone dovrebbero avere a disposizione i medesimi tamponi, aspetto che non so quanto possa essere possibile. Nel calcio, al contrario, questo è possibile. Mi trovo d’accordo sul fatto che tutto andrebbe uniformato”. 

Infine, una domanda relativa al giocare subito le semifinali e finali di Coppa Italia a distanza di tre giorni da una partita all’altra. “È tutto un azzardo, anche giocare così presto. Il mondo del calcio ricomincia perché si cerca di ridare spirito non solo al gioco, ma anche all’economia. Quando diciamo da sempre che siamo in un periodo eccezionale, significa che l’eccezionalità c’è anche per il calcio che dovrà subire pressioni molto forti e i calciatori stress psico-fisici molto importanti con partite ogni tre giorni o da giocare alle 16.30. In Spagna hanno detto che non giocano prima delle 19.30: lo ha deciso il Governo e arrivederci e grazie. In Italia, invece, si riesce a burocratizzare anche un orario di buonsenso che sarebbe opportuno portare a fine pomeriggio oppure in serata”. 


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