Nel corso di una diretta Facebook con la pagina Heraldo, il presidente dell’AIC Damiano Tommasi è tornato sui temi del protocollo sanitario per le competizioni calcistiche, ancora non approvato dal Governo e dal Comitato Tecnico-Scientifico. Intanto commenta la decisione di aprire agli allenamenti individuali anche per gli atleti che praticano sport di squadra.

Le scelte più impegnative quelle degli ultimi mesi? Quando si è responsabili di qualcosa, bisogna dare risposte. Oggi credo che l’unica certezza sia che nessuno ha risposte. Ed è ancora più complicato prendere decisioni, commentare e sapere qual è la cosa giusta. Parliamo di un periodo di incertezza e la via dei primi allenamenti individuali ci avvicina verso quella che è la nostra certezza: quella di poter tornare a giocare.  

C’è ancora incertezza. Se qualcuno ha iniziato l’attività, lo ha fatto lasciando libera scelta ai giocatori di andare al campo. Qualcuno ha iniziato il protocollo di visite mediche di controllo. Siamo tutti in attesa di questo benedetto protocollo, necessario per riprendere in vista del 18 maggio, che si presume essere una possibile data di ripresa. L’incertezza è data dal fatto che non tutte le squadre si stanno comportando nella stessa maniera, non avendo le stesse strutture e le stesse situazioni nelle rispettive regioni. Siamo in attesa.

La nostra idea di protocollo? L’iniziale costruzione di un protocollo è prevista per l’allenamento delle squadre di calcio e prevede il contatto fisico, le partitelle e tutto ciò che comporta preparare una partita di calcio. Domenica si è avuta un’apertura degli allenamenti individuali per gli sport individuali, apertura alla quale ci siamo appellati per permettere almeno l’allenamento individuale anche per gli sport di squadra. In questo momento di sospensione degli allenamenti anche poter tornare, da soli, su un campo di calcio ha una funzione di riabilitazione verso quella che potrebbe essere una ripresa. Su questo c’è stata un’apertura, ma ancora non c’è un protocollo sugli allenamenti individuali. 

Per quanto riguarda il protocollo della ripresa completa dell’attività calcistica, i temi sono il gruppo squadra, il contatto fisico, il come strutturare un gruppo che non metta a rischio non solo i calciatori, ma tutto lo staff e chi viene a contatto coi giocatori. È sicuramente un percorso complicato, ma percorribile. Il Comitato Tecnico-Scientifico si era confrontato con la commissione medico-sportiva della Federazione e non solo, perché anche la Federazione Medica Sportiva Italiana è intervenuta e deve validare questo protocollo. Domenica scorsa era stata rimandata la ripresa degli allenamenti di squadra perché il protocollo ancora non era stato validato. Una delle criticità che vanno affrontate è il caso di positività e il come viene gestito il gruppo, se a basso rischio di contagio ci si potrà continuare ad allenare. In questi giorni ne sapremo di più. L’8 maggio c’è il Consiglio Federale ed entro quella data speriamo se non di avere il protocollo validato, almeno di sapere il perché non sia ancora stato validato”. 

Il sentimento complessivo dei calciatori, come confermato dal presidente AIC, è quello di mettere prima la salute, ma senza chiudere la porta all’ipotesi di ricominciare. “Sul prima la salute, credo che nessuno abbia dubbi. Anche chi vuole tornare a giocare spinge comunque per avere un protocollo e le condizioni per poter tornare a giocare, senza mai dimenticare il tema della salute”. Cosa prevarrà? Se si ricomincerà nelle prossime settimane, bisognerà iniziare a ritmo serrato e giocare nell’arco di due mesi. Ma all’orizzonte resta sempre il tema della ripresa del campionato a fine anno solare, allineandolo in vista del Mondiale in Qatar. “Sicuramente è un’ipotesi suggestiva che non so quanto e come sia stata approfondita – spiega Tommasi, che senza dubbio non chiude la porta alle varie personalità che la hanno proposta – “ma ha un punto debole: almeno da parte UEFA, infatti, si ragiona su una globalità di campionati che dovrebbero accettare di riprogrammare la stagione e anche le coppe europee con queste tempistiche. Dal punto di vista della salute e sportivo, con chiusura del campionato sulla base dei verdetti dati dal campo, è un’ipotesi suggestiva che ti dà più tempo per non accelerare. Oggi siamo forse fuori dalla parte più forte della malattia, ma in alcune regioni ancora no. Il problema è che dal punto di vista economico, dei contratti dei calciatori e dei diritti televisivi, oltre che dell’allineamento europeo, si hanno dei punti interrogativi. C’è tanta voglia di tornare a giocare e, per adesso, l’accoglimento di poter tornare al campo è stato positivo”.

Durante l’intervista, c’è stato spazio anche per una domanda relativa alla regolarità dei pagamenti degli stipendi in Serie A. “Se ci risulta che 6/7 squadre non siano in linea coi pagamenti nel massimo campionato? A noi risulta che ci siano squadre ferme a gennaio come pagamento degli stipendi, alcune che non abbiano pagato anche febbraio. In Lega Pro credo che siano solamente 3 a non aver pagato febbraio. In Serie B lo stesso numero”.

È mai emersa la volontà di dire “fermiamoci”? In Serie A non se ne è mai parlato. Sicuramente le altre categorie sono più in difficoltà sia per avere una stagione molto lunga sia per non avere la prospettiva di ripartire su più piazze. Soprattutto in Lega Pro e Serie D, dove sono di più le piazze che dovrebbero essere a prova di ripresa. Ad oggi concretamente questo tema non si è affrontato in nessuna delle categorie, ma sappiamo che purtroppo è una delle possibilità”. 


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