Thiago Motta è stato subito famoso da allenatore, appena arrivato in Serie A ventidue giorni fa, per il suo 2-7-2. La sua provocazione è stata piuttosto chiara, fatta per rispondere alla prima domanda a chi aveva saputo dell’ingaggio da parte del Genoa se avesse un modulo preferito. “Per me la squadra si può leggere anche partendo dalla fascia destra arrivando alla sinistra: che ne dici se giochiamo con il 2-7-2?”.

Anche dopo questa considerazione neanche chi lo intervistava aveva capito che era una  specie di sfida alla mania dei numeri di moduli e incalzandolo chiedendogli se avrebbe inserito anche il portiere, Motta ha risposto che lo considera un “centrocampista”.

Thiago Motta nella stessa intervista alla Gazzetta ha detto che il “calcio non è un biliardino: non contano i numeri, ma i movimenti“. Quello che ha provato di far vedere con quelli riusciti bene e male.

Oltre ai moduli, Thiago Motta diventerà famoso come allenatore per il suo 3-3-1-3, non originale e già utilizzato da altri, non statico e in movimento in fase di possesso. In queste quattro giornate di campionato sulla panchina del Genoa lo ha alternato ad altri sistemi di gioco. Per esempio il 4-3-3 letto in orizzontale, ma anche 4-2-3-1. Del resto lui è un tecnico che ama cambiare in continuazione, per il quale il sistema di gioco non è poi così importante. Nel senso che, da allenatore futurista qual è, propone un calcio che va oltre i limiti, ritenute gabbie che possono risultare controproducenti quando vengono studiate dagli avversari. Chiaro che di base sarà ancora il 4-3-3, in particolare, la prima soluzione.

Tale strategia in quattro gare ha portato al rilancio di alcuni calciatori, perché questo modulo e le sue alternative possono esaltarne le caratteristiche. Romero e Zapata, per esempio, sono fatti per la difesa a quattro, e anche per Schöne appare cucito su misura. E poi Agudelo. Qual è il suo ruolo? Trequartista o mezzala?

In un modulo tradizionale sarebbe troppo centrocampista per fare il trequartista e troppo offensivo per fare la mezzala (vedi Udinese). Il trequartista di Thiago non è un vero rifinitore, ma una sorta di tuttocampista. Agudelo scoperto nei primi allenamenti può interpretare bene la parte. Sbagliato comunque dire che Andreazzoli non l’aveva visto. Thiago l’ha trovato in forma, anche nel peso, dopo un mese e mezzo di allenamenti italiani.

In questo momento Thiago non vuol perdere tempo. È quella la vera ossessione perché deve fare i conti con la classifica. A questo punto c’è da chiedersi perché Preziosi ci abbia messo otto giornate per esonerare Andreazzoli è stato troppo presto o troppo tardi? Sarà il campionato nuovamente il giudice. Nessuno potrà chiedere a Thiago di giocare con il braccino corto dello 0 a 0 o col prima non prenderle. Questo potrebbe essere un problema.

Thiago Motta è un pianeta da scoprire e da esplorare. Peccato che non siamo ancora riusciti  a vedere un allenamento. Pensiamo che penserà ancora da calciatore e anche dopo una giocata d’allenamento riuscita farà i complimenti. Esige una sintonia assoluta con tutto il gruppo. Di progetti e anche di sofferenze. In particolare con quelli che staranno seduti in panchina. Sarebbe interessante anche vedere se il campo viene tagliato, spezzato  con coni di plastica, birilli e altro dove in ogni istante spiega: come calciare, come spostarsi, come occupare gli spazi principalmente. Speriamo che arrivino i risultati, qualche deroga alle porte chiuse e anche al nuovo Pio Signorini, un piccolo gioiello architettonico possa alla svelta essere inaugurato.

Spiegare  il calcio di Thiago Motta più che un’idea lo definirei una voglia: il desiderio che in campo succeda ciò che preferisce. Come passare più tempo nella metà campo avversaria. Un proverbio recita: “tutte le cose sono difficili, prima di diventare facili“. Con troppa facilità, molte volte ci scoraggiam . Alla prima difficoltà ci tiriamo indietro.

Non deve succedere, non succederà  a Thiago Motta.  Alla ripresa andrà a caccia di punti. Sette giornate al termine del girone di andata, bisogna lavorare per cercare di arrivare vicini ai venti punti.