Gianni De Biasi, una vita nel calcio italiano. In giro per il mondo dal 2011, prima alla guida della nazionale albanese e poi con una breve esperienza in Spagna con l’Alaves, oggi è il commissario tecnico dell’Azerbaigian. Da mister del Torino, De Biasi ha conquistato promozioni (2005/2006) e salvezze (2006/2007 e 2007/2008). Nel mezzo il Levante. Nel 2016 è stato premiato dalla FIGC “per “essersi distinto in campo internazionale valorizzando il nome della scuola italiana”. Lo abbiamo contattato per farci raccontare l’ultima giornata di campionato.

C’è questo nervosismo nel campionato italiano tra testate, sclerate da parte degli allenatori come Allegri e di giocatori nel giorno del no al razzismo. Perché?

“Tutto sommato direi che è un campionato che non è molto diverso dagli altri: le scaramucce e le situazioni particolari ci sono sempre state. Dalla Champions League usciamo con le ossa rotte perché l’Inter è stata un po’ una sorpresa che purtroppo può capitare nel calcio. È capitata nel momento sbagliato. Ha giocato al di sotto degli standard abituali, una volta passata in vantaggio pensava di aver già chiuso la partita. Il Napoli aveva più difficoltà dopo il pareggio interno col Barcellona e al ritorno ha avuto più difficoltà. Credo che le cose si pareggino e che, nell’arco di 180′ di gioco, si rischi molto. Con l’Inter abbiamo pagato un dazio pesante”. 

La Juventus coi cinque punti dal Bologna e le tante inseguitrici, rischia qualcosa?

“No, credo che le prime tre posizioni siano cristallizzate. L’Inter credo che abbia già vinto il campionato, il Milan non farà fatica ad arrivare in Champions e la Juventus, nonostante qualche alto e basse dell’ultimo periodo, ha tutti i presupposti per andare in Champions. La sorpresa è il Bologna, poi ci sono Roma (in grandissimo recupero) e Atalanta, che i finali di campionato li fa sempre a mille. La sorpresa è il Napoli, fuori dalle zone più importanti. Calzona ha detto che con ventisette punti a disposizioni si possono vincere? Bisognava cominciare a vincere a Milano con l’Inter, così non è stato anche se ci ha provato. Ogni partita riveste incognite che si rivelano spesse volte fatali per le squadre”.

Chi vede per la quinta posizione, in virtù del Ranking UEFA?

“Vedo bene la Roma, in grande recupero e con una rosa di giocatori veramente improntati, con Abraham che potrà recuperare quanto prima. Se non ha assenze particolari, credo possa lottare per il quarto posto”. 

Cambiati gli allenatori, le squadra possono cambiare? Penso a Roma e Lazio che hanno esonerato Mourinho e Sarri?

“La Lazio anzitutto ha continuato nel percorso dell’assistente di Sarri, per quanto riguarda Mourinho non aveva trovato quel feeling col gruppo squadre che De Rossi ha trovato immediatamente. Ha perso una sola partita contro l’Inter, poi tutti risultati molto positivi. Non so quanto contino gli allontanamenti degli allenatori, ma per quanto riguarda la Roma ha avuto un cambio di passo. Per la Lazio dovremo aspettare e sapremo”.

In fondo alla classifica ci sono cinque o sei squadra in pochi punti. È una bella lotta…

È una lotta pazzesca: in tre punti ci sono dentro dal Sassuolo all’Udinese che ne ha 27, e pure il Lecce che ne ha 28 non ne ha poi di più. Dal Lecce in giù tutte possono retrocedere tutte, compresi Frosinone e Sassuolo. Chi avrà maggiore serenità e una migliore brillantezza atletica avrà più chance di arrivare alla salvezza”.

Riuscirà questa volta il salvataggio a Nicola e Ballardini?

“A Nicola, che ho avuto come giocatore a Torino ed è una persona che merita molto, auguro ogni bene. Gli altri li conosco un po’ meno, ma credo che nella lotta alla retrocessione serva un ambiente sereno, che spinga molto e dia una grossa mano alla squadra nei momenti di difficoltà”. 

Venendo agli allenatori giovani, in particolare Palladino e Gilardino: stanno dando un’impronta differente al campionato cercando di rendere le loro squadra più europee oppure hanno proprio qualcosa di differente dentro?

“Se c’è una differenza sostanziale tra il nuovo che avanza e i cosiddetti “senatori”, c’è molta più propensione a giocare e cercare il risultato attraverso il gioco. Credo sia la strada migliore se uno vuole fare qualcosa di importante. Se poi uno vuole l’allenatore, ci vogliono 4/5 anni per capire di che pasta si è fatti. Una, due o tre esperienze non fanno una certezza assoluta. Se ci saranno capacità, spirito critico e capacità di evolversi, potrà essere solo un vantaggio per loro stessi”. 

Gioca la Nazionale italiana e a giugno la prima partita, che Spalletti non potrà fallire, sarà subito contro l’Albania, che lei conosce molto bene…

“Partita difficile perché l’Albania è cresciuta molto. Ha tantissimi giocatori che giocano nel nostro campionato, e quelli che non giocano in Serie A giocano tra Liga e Bundesliga. Partita difficile, dove l’Italia deve solo vincere e ogni altro risultato sarà un mezzo insuccesso. Ma l’esperienza e le qualità di Spalletti potranno dare una mano per il successo”. 

Retegui è il centravanti più in forma della Nazionale italiano, come dice Spalletti. È vero?

“Sicuramente è un giocatore sul quale sta puntando, discretamente giovane, con buona esperienza. Da parte sua può maturare un’esperienza ancora maggiore giocando in un Genoa che è lì, a metà classifica, senza problemi né di sopra né di sotto. Può solo che migliorare da qui in avanti. Scamacca non convocato perché ha giocato tutta la notta precedente alla Playstation? È un messaggio, un messaggio che dà su quanto sia importante preparare le partite anche dal punto di vista del recupero, parte importante dell’allenamento. Devi recuperare nelle ore di riposo, anche se non hai voglia di dormire. La Palystation ti tiene solo sveglio anziché dormire”. 


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