Per analizzare la quinta giornata di campionato abbiamo contattato telefonicamente Bruno Bartolozzi, vice capo redattore del Corriere dello Sport-Stadio. Questa la sua intervista, partita chiaramente da un commento su quanto accaduto nelle ultime partite.

Questa è una giornata in cui sostanzialmente abbiamo capito che il Napoli è entrato in una zona d’ombra dalla quale può uscire soltanto con un diverso approccio del nuovo tecnico Garcia verso i propri calciatori. L’episodio di per sé non importante di qualche malumore evidenziato durante la sostituzione – e durante l’intera giornata – non sarebbe significativo se non fosse accompagnato da una crisi di risultati di cui stanno approfittando altre squadre. Ora bisognerà vedere quale sarà la tenuta dell’Inter, perché è riuscita ancora ad andare avanti conquistando un risultato importante e fissando il proprio dominio in testa alla classifica (approfittando anche dello scivolone della Juventus). Questo turno infrasettimanale, che si articola su tre giornate fondamentali, riproporrà una sfida tra Juventus e Lecce (una delle grandi sorprese del campionato) che ci dirà se la Juventus ha attualmente la condizione giusta per poter ribattere al predominio dell’Inter. Una Inter che sfiderà in casa il Sassuolo, al mercoledì, contro una formazione neroverde che, dopo un appannamento iniziale, sta delineando il suo nuovo profilo. Successivamente, al giovedì, ci sarà la sfida tra Genoa e Roma con una Roma che ha dato segnali importanti a Torino, mentre il Genoa deve mettere a fuoco tutta una serie di condizioni che hanno caratterizzato questo inizio di campionato”.

Non c’è solamente la crisi del Napoli, ma anche Roma e Lazio non sono ben messe…

“Se la crisi della Roma è una crisi secondo me in qualche modo risolvibile, perché è una crisi a cui possono dare una grande spinta le capacità offensive enormi di questa squadra, quella della Lazio è legata alle problematiche del gioco messe in luce in questa prima fase. La Lazio è una squadra che ha un problema centrale, quello della riorganizzazione dopo i cambiamenti avuti nel mercato. Con Lukaku e Dybala non è facile immaginare una giornata in cui non possano fare emergere tutta la loro forza”.

Gilardino in carriera ha fatto piacere di 250 gol, ma il gol è diventato un incubo, pur avendo il materiale ancora non pronto…

“Sono convinto che quanto più un attaccante è stato un forte specialista in un determinato settore, tanto più possa trovare difficoltà soprattutto in fase di costruzione di una squadra. O, nel caso di Gilardino, nel dare una personalità a quegli attaccanti che la devono cercare nel campionato italiano e con costanza. Non è la stessa cosa giocare in Argentina e giocare qui. È indubbio che certe garanzie debbano essere svolte a livello di gioco, ma arriva sempre un punto: c’è un allenatore che dice “quella cosa lì è molto semplice da fare”, perché a lui veniva facile. Questo è un risvolto che c’è sempre per chi ha osservato i grandi calciatori poi diventati allenatori. C’è sempre questo limite, che ricordo anche in allenatori come Mancini, che pur nelle sue raffinatezza e capacità di individuare le condizioni migliori in cui fare esprimere i calciatori, arrivava al punto di non capire perché i calciatori non facessero certe cose che a lui venivano naturalmente. Questo è un po’ il limite dei grandi calciatori che, quando diventano allenatori, si misurano con un problema che loro avrebbero risolto in maniera molto più brillante”.

Cosa dirà di questo VAR che diventa un altro show a mezzanotte visto che faranno ascoltare solo gli audio che vogliono loro?

“Diciamo che sono state introdotte tutta una serie di complicazioni che, alla lunga, non salvaguardano né la linearità del gioco né la correttezza delle decisioni. Se lo spirito del VAR era diminuire – o correggere – il numero di errori possibili, adesso non succede neanche più perché ci sono una procedura problematica e uno scambio così rapido e immediato di valutazioni fra più persone, secondo criteri di prudenza ispirati al vecchio modo di gestire per cui se accade qualcosa ad una squadra che non ha questo peso o questa forza può diventare problematico andare verso una decisione draconiana, che un implemento ulteriore dell’ascolto delle conversazioni, ispirato ad un criterio di trasparenza, farebbe sentire quello che si decide e come lo si decide.

Si aiuta, come accade per gli errori di un calciatore analizzati fotogramma per fotogramma, a smontare un po’ la teoria del complotto. Selezionando però le cose da rendere pubbliche e facendolo con tempi differiti (e di molto), questi sospetti si moltiplicano. Questa tecnologia non ha semplificato quello che era lo spirito dei suoi tempi, direttore, quando una decisione era quella: magari era sbagliata, ma alla fine ci si passava sopra senza più occuparsi di questo o di quel problema”. 


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