È arrivato all’ultimo giro di pallone il Mondiale di calcio giocato a dicembre con l’aria condizionata dopo l’ipocrisia tra diritti, censura e libertà. Appena il pallone ha cominciato a rotolare sul prato verde tutto è passato in cavalleria con stadi   all’avanguardia e tecnologici pieni e in molti davanti ai televisori non soltanto stimolati dalla grandi potenze calcistiche tutte fuori per merito dell’Africa e dell’Asia e Giappone.

Potenze che hanno giocato un Mondiale tecnicamente e tatticamente con difese fisiche. Corsie laterali  blindate, registi o mediani creativi con la precisa scelta di far rivedere il Paradiso calcistico del Patron Rocco: difesa e contropiede.

Lunedì rientrando in Patria tutti alimenteranno il racconto del come si vive nel paese asiatico vestito a festa per l’occasione ma con troppe libertà nel dimenticatoio. Per i qatarioti tutto nascosto dal petrolio, dal gas, dai soldi, ma per chi lavora ed è arrivato dai paesi dell’Asia e dell’Africa ci si avvicina ad una condizione da schiavi del passato.

Tornando sul campo, la prima semifinale tra Croazia e Argentina ha raccontato poco dopo gli errori croati sfruttati da Messi. Un 3-0 senza discussioni.

La seconda semifinale di ieri era tra Marocco e Francia ha avuto l’epilogo della prima, con una differenza: il Marocco esce a testa alta fino all’ultimo minuto di recupero. Solo una scivolata di El Yamiq ha aperto la porta ai Bleus. Lo stopper marocchino ex rossoblù a quarti – poco considerato non solo in società perché probabilmente costato troppo poco – si è subito ripreso prendendo un palo in rovesciata.

La sorpresa è che il Marocco andato sotto nel secondo tempo ha messo alla berlina Deschamps alla sua seconda finale mondiale facendo vedere che sa offrire anche gioco offensivo. Peccato che in una partita secca abbia pensato subito di giocare con un 5-4-1.

Oltre le assenze importanti in difesa, nella squadra africana si sono visti giocare calciatori a sinistra di piede destro o viceversa e non avere qualcuno che finalizzi il lavoro dalle corse laterali. In una analisi generale sul Mondiale, il catenaccio e il contropiede hanno messo da parte il tiki-taka  e il possesso pallone.

Chi pensa di vincere le gare con il possesso pallone si riguardi le gare di Marocco, Giappone, Corea e Croazia fino alla semifinale persa per propri demeriti. Contro il Gentile del 1982 Messi non avrebbe toccato pallone, anche perché i direttori di gara non hanno fischiato molto in tutte le gare.

L’Italia è andata in bianco prima dell’inizio del Mondiale, ma i super eserciti di Spagna, Portogallo, Germania , con accademie calcistiche lunari hanno fatto brutta figura, senza dimenticarsi dell’Inghilterra. Tutte hanno adottato tanti extra-comunitari, compresa la bianca Svizzera e la “grandeur” Francia (13 calciatori non sono nati in Francia), mentre il Brasile è stat salvato in qualche gara da Neymar.

Questo rocambolesco Mondiale invernale ha chiarito per tutti che difendersi e aspettare non è qualcosa d’infame. Contenere, annullare, ripartire o fare il contropiede farà sempre parte del gioco.

Rocco al terzo anello del calcio godrà la sua teoria dopo più di sessant’anni è di nuovo in voga, adottato dalla nuova frontiera del calcio: lasciare l’iniziativa agli avversari, aspettarli, chiudere le fasce laterali agli allenatori che avevano preparato le loro frecce. La stessa situazione si vede in Serie B quando giocano contro il Genoa, ma c’è una differenza: l’obiettivo è non farlo giocare.

Quando le potenze attuali si affidavano allo sfondamento centrale, operazione impossibile nel calcio affollato, non entravano in scena i playmaker, ma il centromediano metodista del “catenaccio” davanti alla difesa, pronto a colpire di testa i palloni lunghi degli avversari, dirigere le azioni difficili dei centrocampisti e trovare battute lunghe per gli attaccanti,   con le due mezzali che lavoravano sulle corsie laterali. Il giocatore schermo davanti alla difesa, oltre chiudere ogni passaggio avversario, metteva in moto il contropiede – pardon, la ripartenza – con questo sognatore da dietro pronto a far ripartire l’azione con un solo passaggio lungo e preciso verso attaccanti rapidi, precisi e di buon bagaglio tecnico nello stop.

Quanto scritto non è lo spunto di un visionario, ma di un cronista davanti alla tv quasi estasiato da Marocco, Croazia, Giappone, Corea e qualche squadra africana, forse con troppi calciatori che si sono immagazzinati nel gioco europeo che hanno perso le loro qualità atletiche.

La finale domenica pomeriggio sarà Francia-Argentina. La Francia ha soltanto sei calciatori che militano nella Ligue 1, ma brilla la stella Mbappè del Paris Saint Germain. Cinque arrivano dalla Premier League con Lloris e Varane tra i migliori. Sei dalla Liga spagnola, con Griezmann meglio di mister 160 milioni in questo mondiale. Uno dalla Bundesliga e tre dal campionato Italiano: Rabiot, Theo Hernandez e Giroud.

L’Argentina è la squadra più vecchia che si attacca a Messi e Di Maria, 35 e 34 anni, ma ancora in grado di decidere partite. L’Argentina è una multinazionale, tutti i giocatori a disposizione di mister Scaloni arrivano dall’estero. Solo uno gioca in patria, nel River Plate,  ed è il secondo portiere Armani. Dieci i convocati dalla Spagna e tre passati dal campionato italiano come Molina, Gomez e De Paul. Cinque arrivano dalla Premier con il bomber Alvarez, giovane sorpresa che arriva dal Manchester City. Quattro, poi, provengono dal campionato italiano: Lautaro, Paredes, Di Maria e Dybala, fino alla semifinale attore non protagonista.

Il campionato mondiale arbitrale ha fatto anche vedere che la scuola italiana rappresentata  da Orsato, dal VAR Irrati, dagli assistenti internazionali Giallattini e Carbone non ha nulla  da imparare dagli altri arbitri del resto del mondo, anzi potrebbe insegnarlo – peccato che non lo facciano o non permettano loro di farlo – ai giovani colleghi italiani.

Alla ripresa dei campionati di Serie A il 4 gennaio e in quello di Serie B dopo la sosta invernale potrebbe esserci una novità: il VAR a chiamata da parte delle panchine.  Una soluzione, un test del Presidente Gravina tamponato da molti club che non vorrebbero usare questa opzione. Tutto perché gli arbitri in A e in B sono poco propensi a rivedere al monitor le decisioni controversie perché convinti di aver preso la decisione giusta, con il VAR che non può intervenire fuori dall’area di rigore visto l’inutile e balordo protocollo.

Più on field review, più lungo il tempo dei recuperi. Quello che vogliono FIFA e UEFA, ma che non possono mettere in moto fino alla prossima riunione primaverile dell’IFAB.