Il titolo è quello che in molti ci sottoponevano all’uscita dal Ferraris dopo la gara con il Brescia: “riuscirà il Genoa a vincere al Ferraris?“. Bella domanda, ma di difficile risposta guardando la partita giocata con senso critico perché il fine del gioco è mancato:  il gol. Il Vecchio Balordo ne sbaglia troppi e non dipende dal modulo, dalla tattica o dalla strategia.

Contro il Brescia al 22′ del primo il risultato poteva essere rotondo con un comodo 2 a 0, frutto di una scivolata di Frendrup non andata a buon fine e un gol mancato da Yalçin per voler tirare al volo pur avendo il tempo di stoppare il pallone e buttarlo dentro dall’area piccola. Nell’occasione fallita da Yalçin centra anche la comunicazione perché nessuno lo avrà informato che era solo davanti alla porta avversaria.

La comunicazione in campo è la componente specifica che influisce sul gioco attraverso forme spesso non volute, erronee e tuttavia producenti, quasi importanti come il passaggio. Il Vecchio Balordo è al quarto pareggio casalingo su cinque gare al Ferraris, non ha rovinato la media inglese grazie alle vittorie in trasferta (5 su 6), ma il pareggio casalingo per chi ambisce al salto di categoria è una mezza sconfitta. Per di più i pareggi sono tutti avvenuti con lo stesso comune denominatore: dominare l’avversario e il gioco e poi sbagliare tanti, troppi gol.

Il Genoa nelle gare casalinghe fa fatica a crearsi gli spazi anche per merito degli avversari ed è molto più bravo a negare agli avversari. La difesa guidata da Bani legge bene le marcature preventive, ma in fase di possesso partendo dal basso è troppa leziosa e non velocizzando il gioco permette agli avversari di prendere le contromisure.

Leggevo nelle scorse settimane un’intervista a Ranieri che affermava: “La costruzione dal basso io la odio. È vero che se trovi tre, quattro passaggi fatti bene annulli la pressione alta degli avversari e si apre una voragine in loro difesa. Ma per ottenere quella precisione di battuta servono giocatori con caratteristiche speciali e non tutti se li possono permettere».

La condivido questa affermazione del tecnico romano, senza nulla togliere a Bani o Dragusin, considerato che in Genoa-Brescia nei  primi venti minuti di gioco quattro lanci lunghi sotto la regia di Coda in avanti  avevano fatto trovare spazi più che invitanti davanti al portiere avversario .

Il Genoa di Blessin e la sua scuola da allenatore nel Lipsia giovanile sotto la regia di Mister Rangnich penso comunque siano stati differenti. Cercare abitualmente la profondità alla Klopp, e non stare lì a fare tanti passaggi orizzontali e all’indietro. Solamente dopo l’espulsione di Badely in inferiorità numerica è stato osservato quel principio creando qualche contrattempo a Clotet. Questo non vuol dire schierarsi contro la costruzione dal basso per partito preso, bensì contro la costruzione dal basso a tutti i costi.

Il calcio nella prestazione individuale e collettiva nelle due fasi di gioco deve sempre vivere in due fattori fondamentali: tempo e spazio. Blessin li considera valori assoluti perché si vedono e quindi sono misurabili e oggettivi. Gli errori di chi è sceso in campo nelle gare casalinghe devono essere interpretati come valori relativi, cioè come sensazioni che esulano dal lavoro dell’allenatore, ma essere proprie del giocatore in quel momento e in quella situazione di gioco, come i cambi di gioco prolifici ad aprire le casseforti avversarie.

Il problema principale nelle gare dentro il Tempio è che i giocatori davanti fanno fatica a smarcarsi in zona “luce” semplificando il lavoro di chi palleggia da dietro, giocando poco anche senza pallone. A tutto ciò Blessin dovrà aggiungere che ai produttori di cross, quando arrivano sul fondo, per crossare occorrerà alzare la testa e controllare lo smarcamento del compagno.

Dà fastidio che il Genoa non faccia gol su palloni inattivi e li subisca. Contro il Brescia abbiamo visto una nuova soluzione con una punizione dalla trequarti, ma di nuovo ciabattata dentro l’area avversaria.

Il Brescia ha fatto la sua partita, ha cercato subito di inficiare il gioco del Genoa attaccando nei primi 10 minuti di gara, ma le voragini aperte in fase difensiva con i gol mancati dal Grifone li ha riportati ad una gara più di controllo degli spazi.

Hanno tirato una volta in porta nel primo tempo, con ottima parata di Semper su colpo di testa di Bianchi, poi nel secondo tempo il primo tiro è arrivato al 92’ respinto da Semper in corner. Corner su cui gli avversari hanno fatto il gol.

Alla ripresa del gioco i Grifoni subito arrembanti con Puscas che si è divorato un rigore in movimento a porta vuota su papera del portiere avversario.

L’amaro in bocca arriva sull’espulsione di Badelj. Colombo non ha diretto male, ma dopo 75’ arbitrati all’inglese non solo dal punto di vista tecnico, ha toppato disciplinarmente con il secondo giallo a Badelj per una gamba alta, ma non tesa a far male. Cartellino non congruo e uniforme dopo quello visto in altre occasioni durante la gara.

Nel calcio non ci sono le prove, ma quel giallo ha fatto diventare rosso il risultato del Vecchio Balordo. Ancora rimandata la vittoria per il Genoa davanti ad un Ferraris, una Nord e una Sud all’ennesima potenza.

Attenzione: il risultato potrebbe ingannare chi non ha visto la gara perché le occasioni da gol non sono mancate al Vecchio Balordo, bensì sono state fallite.