Meglio scrivere subito dell’episodio che ha deciso la partita, per raccontarlo c’è un solo titolo: “Elogio del furto“. Di Bello di Brindisi, direttore internazionale da due anni, ha fatto il bis di quel Roma-Genoa del 17 dicembre 2018 quando all’Olimpico non assegnò un rigore evidente a Pandev spinto al 91esimo da Florenzi quasi sulla linea di porta, altro risultato sacrosanto per il Vecchio Balordo.

Il gol annullato ieri a Pandev è un altro elogio del furto: prima con ampi segni ha affermato che il gol era regolare, il secondo assistente Preti ad ampie falcate verso il centrocampo, tutti i genoani che festeggiavano dentro la propria metà campo. Di Bello attorniato da tutti i calciatori del Napoli (senza un genoano vicino) ha ascoltato il VAR, Fabbri di Ravenna, ancora peggio di Di Bello, il quale dopo aver visto e rivisto le immagini rallentate ha chiamato il brindisino a consultare il monitor. Ritornare sulla propria decisione iniziale e giusta, vista da vicino, non lo qualifica da arbitro. Oggi sarà consolato dai quotidiani sportivi e politici del Sud che hanno scritto che era fallo, arrampicandosi sugli specchi e non attenendosi al regolamento del gioco calcio. Scarso anche disciplinarmente con cartellini gialli non uniformi.

L’Elogio del furto è continuato dentro lo spogliatoio e durante l’intervista a Spalletti che filosoficamente, alla Catalano, ha dato la sua spiegazione: giusto annullare il gol per fallo di Buksa. Il furto sul campo è il nettare del potere e pure della grandezza di qualche allenatore.

Arsenio Lupin, Robin Hood, Diabolik, Di Bello: con il Genoa di mezzo chi è l’intruso? Quesito elementare al limite dell’insulto: tre sono ladri di costituzione, anche se Robin Hood rubava per dare ai poveri, il quarto quando vede il Grifone ruba il risultato non solo al Genoa, ma a tutta la categoria arbitrale.

Il Genoa contro il Napoli ha stupito dopo la gara giocata contro l’Inter. Ha tenuto il campo con autorità, tatticamente impostato al meglio, solido nella propria metà campo con due linee compatte di nove uomini dietro la linea del pallone, tenace, anche se troppi sono stati gli errori facili di transizione in fase di possesso e i gol falliti a botta sicura.

Squadra non friabile, sperduta, modesta, pronta a non arrivare dopo sulle seconde palle e con la giusta cazzimma. Si possono discutere la sottigliezza del gioco e l’utilizzo in un solo giocatore fuori ruolo, ossia Hernani.

Qualcuno pungolato dal calciomercato e dagli arrivi ha fatto rivedere le caratteristiche che erano conosciute, uno su tutti Ghiglione. Fare l’esterno in una cinque del Genoa è quasi una operazione improba, soprattutto in fase di possesso e senza avere una copertura da parte dei centrocampisti o una diagonale difensiva che chiami in causa i componenti del reparto difensivo che praticano la marcatura a zona.

Non per il gol, ma per la prestazione generale, Cambiaso ha dimostrato di cercare di apprendere gara dopo gara e di crescere. Il genoano di nascita dovrà togliersi il vezzo inopportuno de dribbling e del portare il pallone, invece di giocare con la squadra.

La partita ha vissuto di tre fasi di gioco ben distinte da parte di Spalletti. La prima pressare altissimo per mettere in crisi la fase difensiva e di disimpegno del Genoa che non si è scomposta giocando con due linee strettissime. La seconda utilizzare Insigne da falso nove arretrato per tirare fuori i difensori genoani, operazione riuscita e non riuscita. La terza, quella che gli dato ragione, di utilizzare nel primo tempo i cambi campo che hanno fruttato il primo gol (anche quello con qualche dubbio di fuorigioco con Elmas davanti a Sirigu non considerato attivo). Nell’occasione qualche genoano in ritardo (Hernani) nel coprire Ruiz libero di tirare.

C’è anche la quarta fase, il gol di Petagna, di cui Spalletti ha voluto farsi carico come di un cambio indovinato dopo aver giocato più di 80 minuti con tre piccoletti. Adesso per il Genoa arriverà altro campionato. Saranno una mezza dozzina i nuovi che varcheranno il cancello del Pio Signorini.

Saranno due giorni bestiali per Marroccu, che abbiamo visto entrare al Ferraris e che dovrà sfoltire la rosa, pensando anche alla gara giocata contro il Napoli. Da mercoledì, finito il calciomercato, toccherà nuovamente a Ballardini, prima ancora del gioco con gli innesti dei nuovi, trovare altra alchimia da spogliatoio. Conta tantissimo questa operazione come la vicinanza della società. Non basterà a Preziosi in questa finestra di calciomercato aver consegnato un’altra squadra a Ballardini, una rosa più completa, ma dovrà supportare il tecnico con la società presente al Pio Signorini che lavora a stretto contatto con i calciatori.

Appare scoperto il Fondo interessato al Genoa. Adesso bisognerà capire come sarà, se gli accordi andranno in fondo, la sua introduzione nella società. I fondi nel calcio hanno sempre funzionato essenzialmente in tre modalità.

La prima riguarda il finanziamento di un club che necessità di liquidità, in cambio di una percentuale sui diritti di uno o più calciatori o un bene di proprietà della società. La seconda sostenere un club nell’acquisto di un calciatore diventando proprietari di una parte del cartellino. La terza sulla futura vendita di un calciatore, di solito giovane: a beneficiarne in questo caso non solo il fondo, ma anche gli agenti. Insomma, calma e tranquillità dopo il calciomercato non ci saranno per i Genoani.

Un mare calmo non fa un marinaio, un Genoa calmo non fa un genoano. Tutti a caccia di fondi, di nuovi acquirenti del Vecchio Balordo e di moduli.