Ferretto Ferretti, direttore de “Il Nuovo Calcio“, rivista di calcio che insegna il calcio, è il terzo ospite della nostra rubrica volta ad analizzare la stagione appena conclusa. Ferretto Ferretti è anche docente di metodologia dell’allenamento ai corsi allenatori Uefa A e Uefa Pro a Coverciano, preparatore atletico professionista, allenatore Uefa B e direttore sportivo. I maggiori lettori della sua rivista sono gli allenatori, di tutte le categorie, quelli che del calcio fanno prima una passione, poi un mestiere.  “Non dobbiamo dimenticarci intanto che è stato un campionato un po’ atipico a causa delle regole che la pandemia ci ha costretto a subire – esordisce Ferretti nell’analizzare la stagione appena conclusa di Serie A – Un campionato iniziato subito a ridosso del precedente. Un campionato che non ha avuto la preparazione che è fase importante per l’intera stagione. Un campionato che ha visto alcuni rinvii di partite e giocatori non a disposizione perché positivi. E ancora si sono viste discussioni, con rinvii di partite e intervento di organi preposti per giudicare se fosse giusto o meno rinviare una partita. Insomma, è stato un campionato diverso da quelli tradizionali che eravamo abituati a seguire. 

Questa stagione ha visto il trionfo dell’Inter, che ha espresso la migliore continuità e tenuta fisica, di conseguenza quando una squadra vince i meriti li ha e, in alcune circostanze, possano esserci demeriti delle dirette concorrenti. La Juventus sta cambiando pelle, mentre l’Inter dopo l’anno scorso è riuscita a centrare l’obiettivo. È stato un campionato che, nonostante limiti e ostacoli, ha espresso la realtà attuale del nostro campionato.

La stessa Atalanta quest’anno non poteva definirsi una sorpresa essendo diversi anni che dimostra il valore dell’intero lavoro, non solo di Gasperini, ma anche di una società che ha un’organizzazione a 360 gradi”. 

C’è una domanda che si fa tutta l’Italia. Non fosse uscita dalla Champions League, l’Inter di Conte non avrebbe ottenuto questo risultato?

“Non lo so, manca sempre la controprova. Non si può affermare una cosa del genere. Alcuni, quelli che lo dicono, lo fanno perché magari sono anti-interisti a prescindere dalla squadra che tifano. Non posso pensare a una cosa del genere, sicuramente però avere una doppia competizione rende il percorso più difficile”. 

C’è questa tarantella degli allenatori, mai vista così frizzante subito alla fine di un campionato. C’è un perché? Non si era mai vista…

“Il perché io non lo so, ma credo che nessuno lo sappia. Ogni società che cambia un allenatore ha i suoi buoni motivi, ma alla fine, se si va a vedere, ci sono anche cambi di allenatore che erano lì da alcuni anni, ad esempio Ranieri. Sono rari gli allenatori che stanno lì tanti anni. In Italia, stare tanti anni come accadde a Trapattoni alla Juventus, oggi un allenatore dopo tre anni ha dato tutto quello che può dare. Poi c’è anche chi va via dopo un anno per motivi diversi da un fallimento e chi rimane 5/6 anni, ma sono casi rari. Penso a Simone Inzaghi e Gasperini, che sono lì da molti anni. Poi capitano anni in cui i cambi sono tanti e salta all’occhio”.

Lei segue la città di Genova: Ranieri 52 punti e Ballardini 42 punti hanno fatto un buon lavoro. Anzi, Ballardini quasi un miracolo.

“Non conosco le realtà, ma parlo per sensazioni: Ranieri penso abbia finito il ciclo o lui stesso non abbia stimoli e veda che gli obiettivi della società non rientrano in quelle che sono le proprie aspettative. Ci sta che un allenatore voglia cambiare piuttosto che accettare una realtà che gli sta stretta”. 


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