Grifoni guidati da Ballardini contro lo Spezia hanno messo in campo custodia della porta, vigilanza in tutte le zolle del prato, voglia di vincere e fare gol.

Vince il Genoa, vince Ballardini. Vittoria mai messa in discussione dai tiri del Grifone e dalle “papere” del portiere Provedel. Solamente l’insufficiente, termine usato dall’AIA nella  formulazione sul  giudizio  di un arbitro, è valutazione che calza a pennello per il  Signor Manganiello di Pinerolo e per il VAR Chiffi, direttori in campo e al VAR di Genoa-Spezia. Decisioni non da seria A e  Regolamento del gioco calcio che possono cambiare risultati.

Il Genoa per la quarta volta in 10 anni quando segue le indicazioni di Ballardini e il suo staff  è reso indistruttibile, non è spettacolare, non propone nessuna ricetta rivoluzionaria e non strizza l’occhio a mode tattiche.

Fuori da Pegli qualcuno, non tanti, prima di presentare Genoa-Spezia si è dimenticato che dalla Viglia di Natale Ballardini ha rimesso a camminare sui piedi una squadra persa con testa fra le nuvole. Un  buon allenatore si vede proprio  da questo, dal migliorare il rendimento dei suoi che avevano numeri assopiti fino a farli diventare nuovamente forti: semplicemente, come diceva Brera, applicare il cervello alle scarpette colorate.

Il Genoa anche contro lo Spezia ha fatto vedere che la qualità di possesso pallone non è sufficiente per sostenere il gioco a centrocampo coi lati scoperti, se tutti i centrocampisti non sono in grado di svolgere quasi disinvoltamente i principi della fase offensiva e difensiva.

Ballardini nel primo tempo si sarebbe mangiato Pjaca messo nel cuore del gioco. Balla crede in Pjaca, ma lui non crede in sé stesso. È stato richiamato parecchie volte, e lo si è evinto non solo dal Ferraris, ma anche dal fatto che ormai non si sente più l’audio dei commentatori ma quello delle panchine e Pjaca stimolato a chiudere sulle corsie laterali è apparso sordo.

Questo utilizzo di trequartisti del passato, come Zajc e Pjaca nel centrocampo a tre, fatica a prendersi il cuore del gioco. Ballardini studierà, con la sicurezza di non fare passi da gambero in classifica, qualche giovane senza grilli nella testa da mettere in campo.

Prima dell’inizio della partita, vedendo la formazione studiata da Ballardini con Pandev, Pjaca, Destro si pensava che il Genoa avesse abbandonato il 3-5-2, invece prima del fischio d’inizio la foto statica era del 3-5-2 con Pjaca mezzala, Goldaniga sulla corsia di destra e Biraschi difensore centrale, profusosi in una buona gara con qualità di comando, gestione del reparto e controllo del ruolo nei momenti difficili, accorciando non solo sul centravanti avversario, ma anche sui compagni impegnati a non farsi saltare. Tutti d’accordo, certi di vedere il 3-4-2-1 contro la Juventus e il Milan per una ventina di minuti.

Anch’io d’accordo, perché se hai giocatori bravi vanno fatti giocare e deve essere il tecnico a trovare la soluzione per metterli in campo e al contempo avere equilibrio. L’equilibrio con qualsiasi numero di modulo è la capacità di prendere possesso delle zone nevralgiche del campo. Bravo, allora, il Grifone, che non ha mai perso equilibrio nei due tempi di gioco. Bene anche la lettura in corso di gara con i cambi.

La partita nel primo tempo era la ricerca dell’errore, da una parte e dall’altra, per ripartire. Ballardini è stato bravo a sfruttare le carenze dello Spezia, in particolare la velocità di esecuzione per il prolungato palleggio, e controllare così le ripartenze di Italiano con tre elementi sulle corsie laterali. Bravi i genoani a non correre a vuoto ed essere infilati nell’uno contro uno che poteva essere un pericolo.

Operazione mai riuscita a Italiano, al di là del possesso pallone, perché Criscito e compagni non hanno concesso spazi riducendo la velocità  degli spezzini senza mai metri di campo davanti.

Italiano ha fatto vedere di avere in testa un buon gioco ma non la squadra perfetta. Il 4-3-3 che si trasforma in 3-4-3, quasi un WM moderno con triangoli, riccioli, tagli per muovere le difese avversarie, contro Ballardini non è riuscito né all’andata né al ritorno. Il centravanti dovrebbe essere il collettivo nello spazio liberato dalla prima punta  ma ne hanno avuto poco, nessuno tiro ad impensierire Perin in 96’ di gioco. Senza l’Ibra giovane, serve qualcuno difficile da inventare come falso “nueve” alla Messi.

Il Vecchio Balordo ha vinto ma non è ancora in Paradiso perciò “che nessuno si tiri indietro” in queste ultime cinque giornate di campionato. Di Manganiello già scritto nel prologo: nessuna intenzione di fare moviola perché già fatta abbondantemente davanti ai replay sul gol negato dal VAR, anche loro con i monitor davanti. A velocità normale il gol era regolare.

Manganiello, sempre con i criteri di valutazione di una direzione di gara come Genoa-Spezia con grado di difficoltà da prima fascia, sul piano atletico è stato carente sullo scatto, improduttivo il suo spostamento con schema fisso e scarso intuito considerato che raramente ha fatto la diagonale completa ed è entrato nei vertici dell’area di rigore, difforme sul lato tecnico per tempestività, non applicando la norma del vantaggio. Sufficiente sul piano disciplinare, l’ammonizione con cartellino e richiamo con spiegazione.

Rizzoli poteva comunque evitare questa designazione con 48 arbitri a disposizione e 10 Internazionali.