È un incoraggiante pareggio quello ottenuto dal Genoa contro l’Hellas Verona. Pareggio ottenuto in rimonta che sarà capitalizzato in futuro.

Pareggio importante, pesante, perché oltre la sostanza del punto guadagnato, ha convinto anche la forma, intesa come l’atteggiamento con cui la squadra lo ha voluto raggiungere. Si è visto un Grifone con gli artigli, consapevole dei propri limiti, ma battagliero e propositivo. Constatazioni che devono dispensare fiducia e ottimismo in previsione delle battaglie future.

Con la squadra di Juric poteva essere tutto semplice, vero? Più facile a dirsi che a farsi. Nel calcio come nella vita non seguono sempre i fatti, ma alla fine della gara chi vuole bene al Genoa avrà visto che hanno dato tutto fino all’ultimo secondo di gioco, consapevoli che dovranno dare di più, come predica Ballardini, per tenere fede ai loro propositi motivati dalla stringente classifica, senza tenere conto della attuale distanza dalla zona rossa.

La differenza tra Genoa e Hellas? Juric fa masticare calcio totale ai suoi ragazzi, pur cambiando i protagonisti senza far cambiare il risultato sul campo, da due anni; il Genoa è nelle mani di Ballardini da neanche due mesi.

Nel calcio non vincono i numeri tattici, ma i sistemi di gioco applicati alle combinazioni, le idee, l’interpretazione della gara.

Il Genoa nel primo tempo contro i veronesi è piaciuto meno perché è stato imbrigliato nella tattica di Juric, ossia quella di aggiogare nel cuore del gioco i piedi buoni (Badelj, Strootman e Zajc) lasciando spazio ai contropiedi nei piedi degli altri calciatori che non hanno ottimizzato l’attimo in cui hanno riconquistato il pallone, non hanno deciso velocemente e spesso hanno sbagliato la misura del passaggio nel lancio lungo, compreso quello di Perin andato a buon fine poche volte.

Il pressing ultra-offensivo ha fatto la differenza tra Hellas e Genoa. L’azione collettiva degli scaligeri che aggredivano e circondavano l’avversario in possesso di pallone, in modo da non lasciargli né tempo né spazio per poter agire con calma e riflessione, aggredendo non solo il portatore di pallone genoano ma tutti quelli che si muovevano intorno e che potevano aiutarlo, è stata la chiave del gioco di Juric e ha avuto successo.

Marcatura ad uomo sui centrocampisti del Grifone, che hanno fatto poco gioco e le “combinazioni di gioco” del Verona che partivano dall’impostazione dinamica e non generica hanno fatto la differenza. L’opera perfetta di Juric  per la costruzione di un gioco di squadra efficace che è maturata e nata col lavoro nel tempo.

Dei quattro gol visti in Genoa-Verona, tre nascono da errori individuali: peccato. La strategia di Ballardini era esatta: mettere Destro e soprattutto Pjaca nell’uno contro uno contro i due difensori scaligeri schierati sul centrocampo e saltarli con un dribbling. La foto di tutto ciò è stata la transizione positiva dell’Hellas che ha lanciato Lasagna contro Radovanovic senza che fosse protetto da qualcuno più veloce per disinnescare eventuali contropiedi.

Nel secondo tempo Balla e il suo staff hanno cambiato l’assetto tattico giocando con una sorta di 3-4-1-2 con Pjaca tra le linee. Operazione riuscita subito con Cetin pressato da Eldor, appena entrato, che ha sbagliato i tempi dell’uscita pronto a far volare l’uzbeko  da solo verso la porta veronese e fare gol.

Ballardini subito dopo ha nuovamente cambiato facendo entrare il trottolino Rovella per non subire a centrocampo. Operazione andata bene fino al raddoppio di Faraoni, solo dentro l’area di rigore pronto a riprendere una respinta di pungo di Perin. Allora altro cambio di Ballardini: dentro Pandev e Scamacca per tornare tatticamente al primo minuto del  secondo tempo. Operazione non riuscita perché mancando il fiato agli uomini di Juric si chiudevano davanti alla  propria.

Piaciuto Ballardini che cambia facilmente strategia tattica, piaciuti i calciatori perché hanno accettato il duello fisico uno contro uno in tutte le parti del terreno di gioco dimenticandosi del palleggio sterile.

Juric predica un calcio offensivo, ma estremamente organizzato e impregnato di concetti presi dal calcio totale. Bello questo modo di giocare e da suo estimatore sono sicuro che metterà a frutto la lezione avuta da Gasperini quando passò all’Inter. Nel calcio di Juric, in qualsiasi squadra, bisognerà avere calciatori pronti al sacrificio ma soprattutto a carichi di lavoro pesanti, operazione non facile con giocatori di prima fascia.

Fare l’analisi di Genoa-Verona non rappresenta un compito facile e semplice. Perciò sono piaciuti Ballardini e il suo staff perché hanno preso decisioni tempestive ed immediate in seguito a valutazioni attente e precise, specialmente nell’intervallo della gara, senza lasciarsi influenzare non solo dal risultato, ma anche da impulsi emotivi.

Ballardini è un buon lettore delle gare prima e durante e utilizza al meglio la sua esperienza in panchina. Modificare marcature, fare dei cambi, correggere le posizioni campo di uno o più calciatori sono interventi che richiedono intuito e intelligenza e soprattutto un allenamento mentale prolungato e indotto da tempo con metodo e raziocinio assieme a Carlo Regno, il suo secondo da sempre, e all’altro suo collaboratore Melandri  che guarda le gare dall’alto, posizione dalla quale può verificare quanto sia organizzato il Vecchio Balordo e quanto lo siano gli avversari.

Dopo 10 gare giocate con Ballardini non si può pensare che tutti i risultati arrivati (5 vittorie, 4 pareggi, una sconfitta) siano un caso. Peccato che la lettura critica di una gara del Vecchio Balordo tenga poco conto di tutto ciò il giorno dopo la disputa delle gare e si soffermi solo su sugli episodi e gli errori.

Il calcio è lo specchio delle brame e Ballardini e i suoi ragazzi ne hanno tante e cercheranno di farle vedere anche dentro la Scala del calcio la prossima giornata di campionato.