Sono almeno 10 anni che Thiago Motta pensava a cosa avrebbe fatto a fine carriera: l’unico obiettivo era allenare.

La sensibilità didattica di voler imparare dagli allenatori con cui ha lavorato, potrebbe ridurre il gap dell’esperienza in panchina. Dopo averlo visto giocare, dall’altra parte, è difficile pensare il contrario. Ha visto lavorare ed ha lavorato in campo con  Rijkaard, Rexach, Van Gaal, Antic, Gasperini, Mourinho, Ancelotti, Blanc e qualche altro che dimentico, senza contare i commissari tecnici del Brasile e dell’Italia. Qualcosa avrà accumulato di esperienza anche calcando palcoscenici europei con  Atletico Madrid, Inter e PSG, vincendo 8 scudetti, 2 Champions League, 5 coppe nazionali e 4 Supercoppe. Nel  mirino anche Pep Guardiola, guardato allenare alle prime armi con le sue idee innovative nel Barcellona “B” del 2007/2008.

La storia di Thiago Motta era ripartita a Genova da calciatore e potrebbe ripartire da allenatore. Nato calcisticamente nella Masia, le celebri giovanili del Barcellona, da calciatore per qualche tempo è stato lontano dalla cultura calcistica italiana e qualcuno, quando ha debuttato in Nazionale, lo ha considerato anche indecifrabile nel suo modo non solo di giocare, ma anche di vedere il calcio. Il futuro di Thiago Motta in panchina sarà giudicato. A priori ci sono due caratteristiche che potrebbero essere giuste per fare bene: la sua esperienza da calciatore, abbinata alla sua sensibilità tattica, ed anche la funzione da leader – e soprattutto grintosa – mostrata da giocatore. Sarà un buon viatico anche da tecnico? La risposta al campo, anche perché oltre all’allenatore sul terreno di gioco ci vanno anche i calciatori.

Thiago Motta è stato un giocatore con una profonda conoscenza del calcio, in grado di leggere con brillantezza tutto ciò che accadeva intorno a lui. Non solo sul prato verde. Per confermarsi  leader anche in panchina, parlando di tattica, dovrà essere convinto e credibile, sapendo e conoscendo quanti sono gli allenatori dentro uno spogliatoio. Thiago Motta è in un momento particolare della sua carriera dentro lo spogliatoio per comunicare; avendo smesso di giocare solamente due anni fa  vorrebbe essere giocatore e allenatore in contemporanea. Thiago Motta potrebbe far rifiorire Schöne, conoscendolo e avendoci giocato anche contro. Gli chiederà di non fare nulla di vistoso, ma di essere efficace nell’assecondare il possesso pallone per poter essere un riferimento sicuro per i compagni, giocando con un calcio a uno, massimo due tocchi. Il danese per Thiago dovrà giocare per facilitare la vita dei compagni, offrendo linee di passaggio ai difensori, cercando di aiutare quelli che occupano la trequarti e trasmettendo il pallone in zone pericolose.

Si potrebbe rivedere la naturalezza con la quale giocava all’Ajax, quando era quasi invisibile e il suo calcio era direttamente proporzionale all’essenzialità delle sue giocate. Se Thiago oltre al ruolo e alla posizione di Schone riuscirà a far capire a quelli della rosa tecnicamente non fenomeni di muoversi lungo il campo con intelligenza, con corse non a vuoto (che non c’entrano nulla con la tattica) potrebbe far divertire. Partita la caccia al modulo e ai numeri di Thiago Motta, ma non per lui. Chiederà a tutti di giocare semplice, facendo viaggiare il pallone velocemente e il  pallone dovrà essere giocato con pochi tocchi.

Sul modulo 2 7 2 che ha riempito tutti i giornali sportivi e non – finalmente si è parlato anche  di Genoa -, Thiago con il sorriso in conferenza stampa ha confermato: “Ognuno deve interpretarlo a modo suo. In quel momento ho cercato di togliere l’importanza dei numeri”. Come tutti gli altri tecnici: 2 7 2 o 4 1 4 1 o 4 3 3  lo potrà fare anche Thaigo, se troverà i protagonisti giusti. Modulo che bisogna leggere in orizzontale e non verticale, con 2 esterni sulla fascia sinistra, 2 su quella destra e 7 calciatori nel mezzo. Uno dei protagonisti principali in questa strategia è il portiere, che fa parte del numero centrale. Il numero 1 dovrà utilizzare i piedi come se fosse un calciatore in movimento, quello che succede nel calcetto per avere la superiorità. Thiago non ha intenzione di farlo giocare in mezzo campo (meglio chiarire) come un centrocampista, anche se gli piacerebbe avere un portiere bravo con i piedi che giochi molto il pallone, una prerogativa  di quello che vediamo fare nelle gare di Champions League.

Per fare funzionare il Motta-pensiero occorrerà il “gegenpressing”, quello di Klopp, inventato per contrastare il gioco di Guardiola: la ri-agressione appena perso il pallone. Per fare ciò, tutti i calciatori del Genoa dovranno correre tanto e bene con e senza pallone. Più importante dei numeri dei moduli è l’intervista di Thiago Motta dello scorso anno, quando portò i giovani calciatori del PSG agli spareggi della Youth League ribadendo: “Qui c’è uno, due, tre giocatori che pressano e gli altri si fermano. Ci sono molti di voi che guardano gli altri: «Non è colpa mia, la responsabilità è loro». Non è accettabile, su questo non scherzo. Mi arrabbio con il giocatore che perde la palla, ma di più con quello che si ferma. Molto di più col giocatore che si ferma”. Parole che saranno pronunciate anche nello spogliatoio di Pegli.

Thiago Motta è una scommessa come Gasperini quando arrivò, anche se aveva in più alle spalle una stagione con il Kroton in C e mezza in Serie B dopo la gavetta alle giovanili juventine. Thiago rispetto al Gaspe ha meno tempo a disposizione vista la classifica e i risultati, pressato da una vecchia pubblicità che gira a pennello per il pianeta Genoa: “La vogliamo calda e subito”. In quel caso era l’acqua, adesso invece per il nuovo mister genoano sarà fare gol, non prenderne e fare risultato. Speriamo che in questo momento abbia un occhio di riguardo da quelli del terzo anello del Tempio, dopo potrebbe pensare di consigliare giovani dal campionato francese e dalla Youth League nel prossimo calciomercato invernale. Peccato che inizi l’1 gennaio 2020.