OLANDA – Tre sconfitte sono costate un mondiale. Al termine del pesantissimo 2-0 contro la Bulgaria (Galabinov non scese in campo, doppietta del numero 9 Delev) la KNVB aveva provato a lanciare un segnale cacciando Danny Blind, peraltro padre del difensore orànge Daley, oggi in forza al Manchester United. Tuttavia, anche con l’esperienza di Dick Advocaat, poco è cambiato, se non nei risultati ai fini della classifica. Arrivare a pari punti con la sorpresa Svedese non è di certo sconvolgente, ma la migliore differenza reti conquistata dai futuri mattatori dell’Italia ha eliminato l’Olanda anche da Russia 2018 dopo la già clamorosa uscita anzitempo da Euro 2016 per mano di Turchia e Repubblica Ceca.

La qualità non è più quella di un tempo, come se non bastasse anche Arjen Robben ha abbandonato la nazionale lasciando in eredità a Strootman, Wijnaldum, Blind e van Dijk un reparto offensivo ricco di talenti ancora inespressi: Davy Propper, Quincy Promes, l’eterna promessa Memphis Depay e la stella Klaassen, mai trascinatori in un biennio nel quale il paese dei tulipani sembra aver fatto un ulteriore passo indietro. Il calcio olandese può, il calcio olandese deve rialzarsi. Anche se ha toccato il fondo.

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GALLES – Non solo Bale, non solo Ramsey. La squadra guidata da Coleman, che oggi aspetta notizie sul proprio futuro, non ha totalmente deluso ma si è fatta beffare nell’ultima gara del girone dall’Irlanda di Martin O’Neill rovinando così un cammino per nulla insoddisfacente: una sola sconfitta, 4 vittorie e 5 pareggi non sono bastate, nonostante il flop austriaco e il cammino poco equilibrato proprio dell’Eire, capace di strappare il secondo posto con McClean. 17 punti in 10 partite si sono tradotti in una terza piazza a sole 4 lunghezze dalla capolista Serbia. Decisivo, secondo molti, l’infortunio al polpaccio di Gareth Bale, rimasto fuori dalle ultime due gare di qualificazione mondiale.

Da chi ripartire? Dalla coppia imprescindibile Ramsey-Allen a centrocampo, dall’ormai cresciuto Ben Davies in difesa, senza dimenticarsi del giovanissimo Ethan Ampadu, che piace tanto a Conte e potrebbe prendere il posto del 33enne Ashley Williams in vista delle prossime competizioni. In attacco bisognerà trovare un centrale a cui affiancare la stella Bale e la promessa Ben Woodburn, qualora dovesse confermare quanto di buono sta mettendo in mostra nelle giovanili del Liverpool.

BOSNIA-ERZEGOVINA – Sebbene in 25 anni di storia fosse arrivata solamente una qualificazione a competizioni sportive ufficiali (i Mondiali del 2014 in Brasile), molti riflettori delle qualificazioni erano puntati sulla nazionale dei nostri Pjanic, Dzeko, Lulic e Zukanovic.

Per comprendere i motivi del fallimento mondiale di questa squadra, basterà osservare la classifica: i punti della squadra di Baždarević (che in una partita delle qualificazioni ad Italia ’90 sputò sul volto dell’arbitro turco Namoglu) sarebbero stati 20 se non fosse arrivata una clamorosa sconfitta a Cipro, contro una squadra che fino al 65′ stava perdendo con due reti di svantaggio. Quando si dice che una partita può valere un Mondiale, non sempre si tratta dell’ultima.

Il talento non manca, anche se l’età media della squadra è fra le più alte d’Europa (quasi 28 anni). Ciò significa che la Bosnia-Erzegovina potrebbe arrivare ai prossimi mondiali con molte stelle in fase calante. Memori del passato, forse un po’ di esperienza potrà far evitare di incappare in certi disastri come quello vistosi a Nicosia. Prima di tutto però, a maggior ragione memori del passato, si pensi alla qualificazione ad Euro 2020.

U.S.A. – Sembrava tutto fatto, poi è arrivata la bufera. Le prime gocce di pioggia si erano intraviste nello 0-2 contro Costa Rica, prima che un pari nel complicato Honduras e uno straripante 4-0 a Panama rimettessero gli uomini di Bruce Arena in una posizione di vantaggio. Vantaggio buttato nel cestino proprio nella gara decisiva, quando una clamorosa vittoria del Trinidad e Tobago ha condannato la stella 19enne Pulisic, l’ex giallorosso Bradley e il veterano Dempsey a venir superati da due squadre e a dover guardare il prossimo Mondiale da casa, senza nemmeno passare dagli spareggi che sono stati giocati – e persi – dall’Honduras contro l’Australia.

Il tutto con benestare di Panama, cenerentola improvvisata in un girone che verrà ricordato non solo per le lacrime e i ribaltoni: decisivo, infatti, un gol fantasma convalidato ai canaleros contro Costa Rica, una rete che ha spianato la strada per il successo in rimonta e la proclamazione di una giornata di festa nazionale post qualificazione. Capita così che anche la miglior squadra del girone possa arrivare 5ª, rimandando l’american dream al 2022 in Qatar.

CILE – Se gli Stati Uniti d’America recriminano per un gol fantasma, la Roja può fare lo stesso per il comportamento di Falcao e compagni nel discusso 1-1 fra Colombia e Perù, passato successivamente a Russia 2018 grazie alla vittoria decisiva sulla Nuova Zelanda nell’ultimo play-off di qualificazioni mondiali.

Nonostante questo fattore, forse determinante, il cammino di Sanchez, Vidal e compagni è stato tutto fuorché equilibrato: 8 sconfitte sono risultate decisive, soprattutto le due arrivate nel mese di settembre prima in Bolivia e poi in casa contro il Paraguay, prima che il Brasile spegnesse ogni speranza di qualificazione per i vincitori dell’ultima Copa America ai danni dell’Argentina, altra squadra qualificatasi per il rotto della cuffia. Una magra consolazione, o forse un traguardo che rende il mancato approdo a Russia 2018 ancor più doloroso vista la consapevolezza di avere una squadra all’altezza delle grandi occasioni, eliminata non solo per propri demeriti.

Mettendo però da parte le accuse di “biscotti” e presunti accordi velati presi fra calciatori avversari sul campo, non vedere in azione la squadra che nel 2014 venne eliminata soltanto ai rigori dal Brasile padrone di casa toglierà un pizzico di peperoncino rosso ad un Mondiale già orfano di azzurro ed orànge, colori storici nel mappamondo del calcio.

COSTA D’AVORIO – Rifondare richiede tempo. Prima Didier Drogba, poi i fratelli Touré; oggi la nazionale africana per eccellenza degli ultimi 10 anni, poco vincente ma sulla carta fra le più attrezzate di sempre, vive una fase di stallo e convalescenza. I nomi non mancano, basti pensare al centrale difensivo Bailly, al centrocampo Kessié-Seri-Fofana o ai due Wilfried in attacco, Zaha e Bony. Il capitano è Gervinho, l’allenatore invece non sarà più il belga Marc Wilmots, dimessosi dopo la mancata qualificazione ai mondiali per mano del Marocco. Sulla panchina degli elefanti è pronto a tornare Ibrahim Kamara, un uomo di basso profilo da cui far partire una vera e propria rifondazione.