Il calcio è ormai in mano ai fondi non solo per quanto riguarda i calciatori. Considerato quello che sta succedendo in Lega Calcio alla ricerca di tv in grado di garantire più di un miliardo di sponsorizzazioni con le fonti di guadagno sempre più ridotte si è aperta la porta ai fondi.

Il loro intervento nel calcio italiano, alla luce del fatto che le risorse passate sono state sprecate senza fare nulla per migliorare il modo di vivere e giocare il calcio italico, non  genererà un circolo virtuoso, bensì servirà solo per tirare avanti un altro po’ se non si metterà mano al rimodernamento del calcio italiano. Gli inglesi, sempre di esempio per tutti, hanno dopato il calcio con i loro introiti e il calcio europeo ha dovuto adeguarsi.

Il fatturato delle 20 società più ricche, secondo Deloitte, è aumentato di anno in anno anche più del 12% e i princìpi del Fair play finanziario sono stati  gabbati: più introiti, più euro sul mercato. Il prezzo di Mbappè di 180  milioni di euro e l’ultimo di Neymar, operazione da mezzo miliardo di euro, non può essere coperto da televisioni, merchandising, biglietti ai botteghini e perciò anche Real Madrid e Paris Saint German ricorreranno ai fondi di investimento.

Si è passato dagli sceicchi ai cinesi, dagli americani ai russi. In Italia stanno scomparendo le grandi famiglie padronali: la stessa Juventus ha una finanziaria alle spalle, non investe la famiglia Agnelli o il Presidente. Nessuno si chiede in caso di af.fondi finiti male chi coprirà i buchi di bilancio?

Anche al Genoa si ragiona tra road map, un piano scandito a tappe con tabelle di marcia e sguardo proiettato su obiettivi e closing, conclusione di una qualsiasi operazione finanziaria. Operazione annunciata con date – date che si potevano evitare – che hanno messo  fibrillazione nel popolo rossoblu. Operazione slittata giustamente con accordo tra le due parti: come giustificazione  si è tirato nel mezzo il calciomercato.

Domanda: se il calciomercato del Vecchio Balordo andasse in porto in entrata e in uscita entro la fine del mese, lasciando un buco per un saldo di qualità che dovrebbe interessare ambo le parti – fantasia o chimera? – il passaggio del Genoa tra Fingiochi e SRI group si farebbe subito?

L’impressione è che no, non si farebbe subito. Per la prima volta in questa trattativa è stata pronunciata nel comunicato congiunto di ieri la parola Fingiochi e il Genoa in questo closing potrebbe essere solo la parte di un’operazione più consistente.

Mettendo da parte il Genoa, dove i promotori dei fondi che dovrebbero subentrare a Preziosi sono italiani – una garanzia -, anche se non si conoscono gli investitori e la  provenienza dei denari di questi fondi, sempre tenuti in assoluto riserbo in qualsiasi operazione dove siano coinvolti fondi d’investimento, bisogna ripetere che se il calcio italiano vuole rimettere in piedi i cocci del nostro calcio in frantumi deve ripartire dai ragazzi, dalla gioventù.

È stato detto da molto, troppo tempo, all’incirca da quando il mancato ricambio generazionale che sta alla base di buona parte delle nostre miserie calcistiche – il vero buco è quello dei nati tra fine anni Ottanta e primi anni Novanta, i 25/27 enni  di oggi –  ha portato la Serie A da essere il più bel campionato del mondo ad un torneo di scarso interesse con troppe squadre e valori così distanti tra le formazioni che da oggi, alla stesura dei calendari, si potrebbe formulare la classifica futura solo con qualche interrogativo in più in fondo alla graduatoria.

Se non si troveranno rimedi alla fuga delle televisioni e a quella degli spettatori dagli stadi, tutto ciò porterà una crisi emorragica sempre di più, di anno in anno. Parole scritte sulla sabbia? In Europa se ne sono accorti e impiegano un maggior numero di giovani nei campionati  portandosi avanti, il tutto cercando di combattere particolari sue ari economici: il costo sempre più alto dei giocatori affermati e la spaccatura tra la ventina di società più ricche e le altre, che per sopravvivere non possono andare ad andatura normale.