Vecchio Balordo beffato dalla Lazio e raggirato dall’assurdo calendario della Lega calcio per salvaguardare le squadre che giocano altre competizioni fuori dal campionato italiano.

Non è una scusante, ma una constatazione dopo aver visto il secondo tempo del Grifone contro la Lazio: i biancocelesti avevano giocato sabato sera i rossoblù a quarti lunedì sera e non sono riusciti a recuperare le forze, anche correndo spesso e volentieri a vuoto.

Beffata anche dai suoi stessi errori la squadra di Gilardino. Il gol fotocopia delle ultime gare sempre dalla parte sinistra perché è mancata la difesa della porta, un principio fondamentale del dispositivo di sicurezza: quando un compagno viene saltato e c’è la mancanza di un collettivo coordinato, di uno scaglionamento stabile o mobile affinché l’avversario che arrivi da dietro non si trovi la porta di Martinez completamente aperta, accade al Genoa che per la terza volta prenda gol nelle stesse circostanze.

Due partite con Fiorentina e Lazio che avevano lo stesso sistema di gioco, possesso,  difesa alta.  I calciatori genoani in fase di possesso non hanno ancora bene assimilato “canoni fondamentali”, quali calciare il pallone o arrestarlo, e poco utilizzano finte e dribbling cercando di applicare queste espressioni tecniche alle richieste sempre diverse del gioco.

Dal punto di vista individuale negli ampi spazi Retegui, Ekuban e Albert non hanno fatto male nel primo tempo smarcandosi e cercando di farsi trovare in zona libera. Retegui è stato bravo proteggendo il pallone con il proprio corpo e cercando di decidere l’azione successiva. In una situazione tattica con  le difese che giocano alte i calciatori del Genoa hanno sbagliato, come in precedenti gare, i passaggi a parabola alta con passaggi potenti ma non precisi.

Nel primo tempo il Genoa ha sbagliato almeno tre potenziali possibilità di fare gol, il colpevole è Ekuban con la sua voglia di fare gol. In due occasioni tre genoani in contropiede, il  cuore di Ekuban ha pensato solamente alla voglia  di fare gol invece di passare il pallone verso il centro con due compagni pronti a tirare in porta e liberi da marcature: bastava  alzare  la testa dal pallone, nel calcio moderno un assist vale quanto un gol.

Andare in vantaggio con questa Lazio in piena crisi di nervi – basta ricordare quante volte Luis Alberto ha rimbrottato, un eufemismo, compagni – sarebbe stato qualcosa di importante considerato che la squadra di Gilardino sotto pressione ha sempre reagito molto bene.

Nel secondo tempo il Genoa è mancato, non si è visto, anche per stanchezza perché i rossoblù non sono mai riusciti a coordinare armonicamente le abilità e gli sforzi di ogni singolo calciatore.

La forza del gioco di Gilardino è quella di muoversi da squadra con l’applicazione dei principi che regolano o dovrebbero regolare il comportamento dei calciatori in campo. Al Genoa sono mancate capacità tecniche e collaborazione: Retegui ha ricevuto tre cross in 95’ di gioco, Albert al massimo tre palloni da potersi giocare nello spazio. La qualità assente per problemi fisici avrebbe potuto fare la differenza con delle giocate.

Lazio solo possesso pallone, tanti passaggi ma solo un tiro in porta, quello del gol. Vittoria che potrebbe portare qualche buon senso di tranquillità vista la classifica a tre punti dai cugini che stazionano al quinto posto che vale la partecipazione alla Champions la prossima stagione. Lazio in crisi, la dimostrazione che al Ferraris per la prima volta, mai visto: i tifosi erano 44 nella gabbia vicina alla Zena, anche se c’erano restrizioni per i tifosi biancocelesti all’acquisto dei biglietti.

Gilardino aveva preparato la partita alzando il baricentro nel primo tempo con Retegui, Ekuban e Albert in una specie di tridente con un solo obiettivo: fare gol e a seguire non solo cambiare il modulo ma anche l’atteggiamento. L’azione pressante quando riusciva ha  fatto la differenza anche sulle corsie laterali non concedendo mai la superiorità a centrocampo e spazio alla squadra di Tudor, monotematica nel possesso e nei passaggi, con difficoltà arrivata ad allungarsi e tirare verso a porta di Martinez.

Per Gilardino il possibile è stato fatto, l’impossibile qualche volta anche, giocare senza metronomo però è difficile: i miracoli non sempre possono riuscire visto che la qualità è in infermeria.  

Gilardino si consolerà, il Tempio, il suo Popolo lo ha acclamato: che sia di buon auspicio per il suo futuro in rossoblù a quarti anche in vista dell’Assemblea dei soci di questa mattina a Villa Rostan.