Ai microfoni della trasmissione DAZN Talks è intervenuto questo pomeriggio Mattia Bani, difensore del Genoa e capitano nelle ultime uscite del Grifone. Abbiamo raccolto le sue dichiarazioni, che hanno scavato nel suo passato e portato ad affrontare il tema Genoa in vista della ripresa contro l’Atalanta.

Si parla della stagione, iniziata molto bene per il difensore rossoblu: “Penso che la prima partita con la Fiorentina faccia storia a sé, giocavamo contro una squadra molto forte, che si era preparata in anticipo rispetto a noi per via delle coppe europee. Poi ci siamo ripresi, avendo tanti “esordienti” che hanno capito cosa sia il campionato di Serie A. Speriamo di continuare così e di migliorare”. 

Su mister Gilardino e il fatto che in panchina si scateni: “Anche durante gli allenamenti è come in partita. Poi magari in partita va oltre, con tutte le tensioni che ci sono. Strano perché è una persona equilibrata e pacata, come lo era da giocatore e come lo è fuori. Ma lo capisco: in campo logicamente ognuno ha il suo carattere e lui fa così. Un allenatore ha tanti pensieri, non è sicuramente semplice. Com’è cambiato il ruolo dell’allenatore negli ultimi dieci anni? Al di là del rapporto con media e tifosi, che sta incrementando, nelle squadre vedo che stanno aumentando gli stranieri. Noi, ad esempio, siamo 3/4 italiani e per un allenatore è molto più facile parlare in inglese che non in italiano. Avendo tanti ragazzi che arrivano da paesi diversi devi metterti sul livello culturale di tutti loro, e credo sia la parte più difficile. Il lavoro di campo, però, resta lo stesso”. 

Su Retegui e la tipologia di calciatore: “È un giocatore forte, una prima punta classica. Ha buono spunto fisico, è rapido, è bravo tecnicamente: è un giocatore completo. Non lo conoscevo più di tanto, lo avevo visto in Nazionale, ma subito dai primi giorni si vedeva che avesse grandi qualità. Sta conoscendo ancora meglio la lingua, sta conoscendo i difensori avversari, davvero un ottimo attaccante. Se è un entusiasta? Sicuramente, ha un carattere sudamericano, argentino, si porta sempre questo sole dentro. Ha sempre il sorriso, ha voglia di lavorare: un ottimo acquisto anche dal punto di vista della persona”. 

Retegui può essere il centravanti del futuro per la Nazionale: “Per me sì, può esserlo perché ne ha tutte le qualità. È un centravanti classico: sembra sempre che il pallone gli capiti sui piedi per caso, ma c’è sempre un motivo: è sempre nella posizione giusta. Sa calciare di destro e sinistro, sa colpire di testa, è un giocatore completo, come richiede il calcio di adesso. Per la Nazionale sarà un giocatore molto importante. Se assomiglia un po’ al primo German Denis o a qualcuno in particolare? Qualcuno nello specifico non mi viene in mente. Rispetto a Denis, secondo me, gioca più fuori dall’area. Forse è meno bravo di testa rispetto a lui, ma è più rapido nei movimenti: ci può stare come somiglianza”. 

Su uno o più giocatori nei quali si identificherebbe: “Mi vengono in mente Nesta, mentre tra chi gioca ancora Sergio Ramos, un giocatore totale. Ma che io mi avvicini a questi due sarebbe troppo, vi dico la verità…Nesta primo eroe? Sì, da quando ho cominciato a giocare difensore sì, assolutamente: era il prototipo del giocatore moderno. Uno dei più forti della storia del calcio”. 

Sulla sua storia professionale e calcistica: “Nasco attaccante, giocavo in una squadra di paese, Rufina, vicino a Firenze. Mi piaceva, ero anche bravino perché segnavo diversi gol. A quindici anni, cambiando squadra, l’allenatore non sapeva dove mettermi e mi mise difensore centrale. Da lì ho fatto bene, ho continuato in quel ruolo e l’anno dopo sono andato in Serie D. Ho fatto una decina di partite fino a gennaio, poi arrivai al Genoa, in Primavera. Mantennero quel ruolo. Dopo ho girato tanto, ho fatto Serie C con la Reggiana e Pro Vercelli, e poi in Serie A Chievo, Bologna, Genoa, Parma e nuovamente Genoa. Come ho ricevuto la notizia di cambiare il ruolo? Male perché mi divertivo molto più a farli i gol. Col senno di poi, però, lo dovrei ringraziare. Mi mise lì per caso, facevamo un campionato provinciale: mi ha portato fortuna, mi ha appassionato, e adesso mi piace di più salvare un gol in scivolata che segnarlo”. 

Sul tifo del Genoa e il fatto che ci siano tifosi che lo abbiano definito “idolo”: “Indosso la maglia del Club più Antico d’Italia, uno dei migliori nella storia del calcio italiano. È un grandissimo onore ricevere questi attestati di stima, ma allo stesso tempo sai che ogni settimana devi farti trovare pronto per ripagare l’affetto di questa gente straordinaria. Il mio rapporto col popolo genoano? Rivolgersi verso la Nord prima della gara ti dà carica prima della partita, percepisci l’amore della gente. Con la squadra lo facciamo per un’ulteriore carica: non che ce ne sia bisogno, ma è un’ulteriore iniezione. Penso ci sia un’atmosfera incredibile, e come atmosfera il Ferraris è il migliore d’Italia. È giusto sfruttarla questa atmosfera”.

Se c’è un capitano che vorrei essere e a cui mi ispiro? Di quelli con cui ho giocato, a me piacque molto Palacio a Bologna. Uno con la sua carriera, aveva un’umiltà e una serietà, a più di 35 anni, che lo portarono a non saltare mai un allenamento, ad aiutare sempre i più giovani. Quando vedi i campioni in tv e quando li conosci di persona sono pure meglio. Sergio Ramos, poi, aveva un carisma incredibile e rappresentava in tutto e per tutto il club. Penso sia la cosa migliore. Badelj? Certo, c’è anche lui: è sopra categoria”. 

Sull’emozione di aver segnato contro il Napoli e sulla consapevolezza che hanno dato al Genoa le gare contro le big in queste prime otto giornate: “È stato un gol bellissimo, ci ritrovavamo a giocare in casa contro i Campioni d’Italia. C’erano tante aspettative e grande attesa, è stato bello sbloccare subito la partita. Spiace aver preso quei due gol, ma sono stati due gol eccezionali dei giocatori del Napoli. Può capitare. Eravamo contenti comunque. Ci ha dato la consapevolezza di potercela giocare con tutti, per quei punti che servono per l’obiettivo finale”.  

Sulla Serie B giocata da favoriti e con l’obiettivo quasi forzato di tornare in A: “Se giocarla così mi ha dato più stimoli o pressioni? Sicuramente più stimolo, anche se sotto certi punti di vista è più difficile. In Serie A devi giocare partite per salvarti, e non dico che tutti i risultati vadano bene, ma è più facile che giocare essendo obbligati a vincere. Avevamo una squadra forte, fatta di ottimi giocatori, di grande personalità e dalle storie importanti nel passato. Questo ci ha permesso nei periodi difficili di restare compatti e fare quel girone di ritorno incredibile che abbiamo fatto. Come abbiamo percepito il passaggio dalla B alla A? Un bel passaggio, rispetto alla Serie B la qualità dei calciatori si alza ed è più possibile che ti facciano male. Devi alzare l’attenzione. La prima partita credo sia stata uno spartiacque importante: arrivavamo come modo di giocare dalla Serie B, ci siamo scontrati con la realtà e già dalla seconda giornata si sono visti i cambiamenti che abbiamo fatto. Penso potremo andare a migliorare col tempo. Logicamente prima raggiungiamo i famosi 40 punti, prima possiamo divertirci maggiormente”. 

Sul Derby della Lanterna che manca da due anni: “Se mi manca? A me onestamente sì, lo senti che arriva già due settimane prima della gara. Ti porti dietro l’elettricità di quella partita. Quando arriva, in campo te lo vuoi godere a pieno, le tifoserie fanno sempre un effetto impressionate. Onestamente spero di giocarlo presto”. 

Sul suo sogno a livello calcistico ancora da realizzare: “Sicuramente arrivare a fare una presenza in Nazionale è uno di quelli. Penso sempre che i sogni ti aiutino sempre a trovare stimoli nuovi per affrontare singole settimane o stagioni. È un sogno grande, ma allo stesso tempo mi permette di tenermi sempre vivo e voler migliorare costantemente. Anche fare una competizione europea mi piacerebbe molto: spero nei prossimi anni di fare grandi risultati per poterli realizzare entrambi. Se ho un migliore amico nel calcio? Con Aramu ho avuto un grandissimo rapporto, avevamo già giocato insieme alla Pro Vercelli. Siamo stati tanto tempo assieme e le rispettive mogli e fidanzate hanno un ottimo rapporto, sono andato recentemente a trovarlo anche da quando è a Bari”. 

Sul suo rapporto con Mihajlovic ai tempi del Bologna: “Ottimo. È stato l’anno, il primo, nel quale ha scoperto la malattia. È stata una stagione particolare, per certi versi pesante. Ma avevamo un ottimo rapporto. Per certi versi faccio anche fatica a parlarne…”. 


Atalanta-Genoa, arbitra Marinelli. Al VAR Manganiello