Questa mattina abbiamo avuto il piacere e l’opportunità di intervistare il CEO del Genoa, Andrès Blazquez. Nel suo ufficio computer accesi, sino a pochi minuti prima un “viavai” incontri. Insomma, tanto lavoro a Villa Rostan nel giorno che riportava a Pegli la squadra dopo alcuni giorni di pausa. Un ritaglio di tempo, però, dedicato a parlare del mondo Genoa (e non solo).

Ingegner Blazquez, lei è un motivatore non da poco: tutto quello chiesto alle genti rossoblù è andato in porto. Abbonamenti, stadio pieno, bond. Una grande soddisfazione no?

“Veramente, qui c’era voglia e bisogno di un calcio fatto in modo diverso. Noi abbiamo provato a farlo, ad essere onesti, trasparenti, ed è quello che ci ha portato a questo risultato, grazie anche ad una equipe marketing e comunicazione che ci ha aiutato a portare questi messaggi, ad avvicinarci al popolo genoano e ai giovani in un modo diverso, nel modo che capiscono meglio, ossia attraverso i social. Sempre più gente si vede identificata con le nuove idee e alla fine si arriva a questo. È la conseguenza di un lavoro fatto bene, onestamente, che cresce in modo organico.

Entrerò nella storia per essere riuscito a fare una campagna di auto-finanziamento ed esserci riuscito? Ci sono tante figure importanti nella storia del Genoa, forse ho avuto occasione di parlare di più con Spinelli, che è stato quello ad aver portato il Genoa fino alla semifinale di Coppa UEFA. Ci sono state tante cose che hanno fatto i presidenti del Genoa e una cosa che voglio fare è riconoscere quello che hanno fatto, i contributi che hanno dato: forse non tutti, ma tanti hanno fatto cose importanti per il Genoa. Vogliamo in qualche modo recuperare un po’ di storia, in modo differente.

E vi dico una cosa in esclusiva: vogliamo fare un President Day. Stiamo lavorando col dipartimento di storia del Museo del Genoa per ricercare anche i parenti di tutti coloro che sono stati dirigenti per un lavoro di riconoscimento rivolto a chi ha contribuito, a livello dirigenziale, alla storia del Genoa. Noi siamo una piccolissima parte della storia, una storia lunga 130 anni, e non posso attribuirmi nessun posto importante nella storia: tra cent’anni sarà la storia a giudicarci”.

Sul tema del pareggio di bilancio cosa ci può dire?

“Si prendano i ricavi operativi, come abbonamenti, stadio, hospitality, sponsor, diritti tv, e poi i costi, come quello dei giocatori, dei dipendenti, delle infrastrutture, degli affitti. A questo punto, facendo ricavi meno costi, speriamo quest’anno di arrivare molto vicini allo zero, al break even. Solitamente nelle squadre di calcio per fare questo devi vendere giocatori, e noi senza contare gli extraordinary income dei calciatori ci arriveremo vicini. Ciò non vuol dire che i conti siano a posto: abbiamo tanti debiti non attribuibili a noi, debiti del passato. Ci sono trenta milioni di costi coi procuratori, tanti debiti con fornitori che ora sono nostri, ma non abbiamo creato noi. Questo ancora ci impedisce di essere cash flow positive, ovvero essere sostenibili. Un primo passo è non continuare ad aumentare le perdite annue. 

Le perdite in bilancio derivano dall’avere ricavi inferiori ai costi, senza considerare nei ricavi la vendita dei calciatori. Per essere chiari: i conti non sono a posto, ma stiamo lavorando perché lo siano e il club sia in grado di auto-finanziarsi. Per arrivarci il primo step, basico nella finanza, è avere i ricavi più alti dei costi. Abbiamo, peraltro, dei limiti sui ricavi che possiamo prendere: lo stadio ha una capienza limitata e non abbiamo aumentato i prezzi che sono più bassi del primo anno in A, come segno di riconoscimento”.

L’entusiasmo intorno al Genoa vi sta aiutando a sviluppare tutti questi progetti?

Assolutamente. È un aiuto anche a livello economico andando allo stadio o sottoscrivendo un bond (5,5 milioni, ma anche qualcosa in più che annunceremo più avanti). Questo entusiasmo ci aiuta perché anche il Comune e la Regione capiscono che abbiamo obiettivi a lungo termine e si mettono a disposizione per aiutarci”.

Quale deve essere il modello di una società di calcio? Se venderete qualche giocatore, si dovrà sempre avere un giocatore pronto a subentrare?

“Se dovessimo vendere un giocatore importante per noi sarebbe perché pensiamo che il momento economico per venderlo sia quello. Ma avremo 3, 4, 5 o 10 giocatori pronti a fare quello ruolo. O magari non prendo un giocatore che faccia in particolare lo stesso ruolo, ma sicuramente uno che ci permetta di sostituire un calciatore forte con un altro calciatore forte. Non facciamo trading, non prenderemo mai un calciatore per rivenderlo dopo uno o due mesi. Questo non lo faremo mai. Quello che facciamo è costruire una squadra che sia competitiva, anno dopo anno, con giocatori identici o diversi, perché c’è un momento in cui per crescere devi vendere un calciatore. Non posso dire che non lo faremo, ma sicuramente non lasceremo la squadra meno competitiva a causa della vendita di un giocatore”.  

Il Genoa è un po’ un’isola felice nella galassia sportiva dei 777? Avete ereditato anche situazioni molto complesse in altri club, i risultati stanno arrivando a poco a poco, ma al Genoa sembra che le cose funzionino meglio che da altre parti 

“Va visto un po’ il contesto generale. Il Vasco da Gama è stato preso in B ed è andato in A. Forse l’allenatore non era giusto, ma da quando è arrivato Ramon Diaz la squadra sta andando molto meglio: basti pensare che tra la zona retrocessione e i playoff per la Copa Sudamericana ci sono cinque punti e mancano ancora tredici partite. Sto seguendo molto la squadra e penso possa arrivare ai playoff. Chiaramente i tifosi sono molto esigenti e vogliono un grande Vasco. E ci sarà, abbiamo già investito diversi milioni nel club. 

Poi c’è lo Standard Liegi. Lo abbiamo preso che era quasi retrocesso e il primo anno è finito quinto o sesto, facendo male nei playoff. Quest’anno sta a metà classifica, ma dovrebbe migliorare. L’Hertha Berlino lo abbiamo preso, ma senza poter prendere nessun tipo di decisione. Sono andati in B senza poter fare nessun intervento sulla squadra: e lì non ci dicono nulla perché hanno fatto tutto loro. 

C’è poi il Red Star, alla quale stavamo dietro da tanto tempo. La prendemmo a metà classifica, quasi in zona retrocessione. Per un punto il primo anno non è stato promosso, ora è primo a +5 sulla seconda. Ha un contesto sociale diverso, ma è un contesto differente. Il Genoa è un contesto diverso. Non so se siamo un’isola felice, ma so che noi siamo felici qua. Il Genoa ha forse sofferto degli errori iniziali del gruppo, ma dopo abbiamo recuperato la fiducia”. 

Cosa le hanno chiesto i 777 quando è stato scelto al timone del Genoa?

“Abbiamo visto che la gestione non era adeguata e siccome io parlavo italiano, anziché andare su e giù in Spagna ho preso la carica di CEO. In seguito, per fare un buon lavoro, mi sono spostato qui. Dovevamo sistemare il Genoa in senso sia sportivo che economico. Ho chiaramente il supporto centrale della holding, da Mladen Sormaz a Johannes Spors che fanno il lavoro di selezioni. E qui abbiamo preso Ottolini per ricoprire la parte sportiva nel modo giusto. Poi tutta la società si è messa dietro a tale progetto: quando siamo arrivati tutti erano nascosti sotto i tavoli, per paura di essere mandati via. Sembrava di giocare a nascondino. Abbiamo però portato gente nuova e tanta gente che si trovava già dentro ha capito che non era un regno del terrore, bensì c’erano possibilità di svilupparsi. Hanno capito che si poteva andare sopra il proprio lavoro. C’è ancora il problema di capire che, anche si pensa di poter arrivare solo ad uno, in realtà si può arrivare a quattro, cinque, dieci. Di capire che c’è una luce in fondo, che si può andare oltre la propria comfort zone. Abbiamo cambiato il modo di pensare della società”. 

Perché i giornali finanziari fanno le pulci ai 777 Partners quando acquistano una società, tirando fuori il passato, mentre tutto ciò non viene fatto molte altre holding che hanno investito nel calcio?     

“Direi che le risposte ci sono coi risultati, come al Vasco, e col ritorno sociale, come è anche nel caso del Red Star. Per l’Everton gli interessi sono diversi. Sono attacchi ingiusti, è facile fare così. È una situazione particolare, ci sono interessi a fare questo, ma non si conosce tutta la storia”.

Quando avete acquistato il Genoa, qual è stato il macro-obiettivo che vi siete posti? Lei l’asticella la alza sempre rispetto all’obiettivo salvezza

“Per la rosa che abbiamo e gli investimenti che abbiamo fatto non è una squadra che deve lottare per la salvezza. Dover lottare  per la salvezza nelle ultime giornate significherebbe per me essere deluso perché è una squadra che ha dimostrato di poter vincere ovunque. Sono deluso perché alcuni sono errori nostri, ma se tutti questi punti persi negli ultimi 5/10 minuti li avessimo mantenuti saremmo in zona Champions. La Serie A è così, puoi vincere le partite negli ultimi minuti. Le puoi vincere o perdere per la qualità dei giocatori o per il petto extra lungo di Pulisic. Anche quello ti fa vincere le partite. Dovremmo essere in una posizione molto più alta di quella che dimostrano i punti e credo continueremo così perché vedo un’unità incredibile e voglia di vincere, ma anche rabbia quando si perde o si pareggia. È la sensazione che ci guida ed è quello che mi aspetto. Per gli investimenti fatti, a livello di costo della rosa e ingaggi, siamo tra le prime 12 della Serie A. E questo è un indicatore di dove vogliamo arrivare noi, come testimoniano gli investimenti fatti per Retegui, Martinez e Puscas. E chi abbiamo venduto? Nessuno, a parte Lipani”.

Area amministrativa, medica, comunicazione, marketing, scouting, merchandising: a capo di ognuna c’è un responsabile che deve riportare tutto a lei? Quando funziona la società, funzionano anche le cose sul campo: avete rinnovato la società in tutti i ranghi

“Non ci sono solo i giovani che sono arrivati qui, ma ci sono anche persone più esperte che sono qui da tanti anni che si sono rinnovate. C’è spazio e voglia di fare le cose: non è stato solo importante inserire giovani, ma anche ringiovanire chi c’era da più tempo. Faccio un esempio col Dottor Stellatelli. Lui ha più energia di tutti noi che siamo seduti qui. Lui arriva da Savona, va a fare le trasferte, arriva qui alle due del mattino, prende la macchina e torna a Savona. Gli ho detto: “le prenoto un albergo io perché ho paura che una notte si addormenti, le prenoto una camera, si riposa e la mattina torna a Savona”. Ma lui ha questa voglia di essere coinvolta. È l’esempio di una persona straordinaria, che ha attaccamento. E come lui, ce l’hanno tante altre persone”. 

Quando legge quei titoli su Dragusin voluto dalla Roma, il suo pensiero? Voi ora non avete bisogno di vendere giocatori…

“Questi articoli non sono fatti per Mourinho, che saprà chi è Dragusin perché gli ha fermato i suoi giocatori, ma sono fatti dai procuratori dei calciatori per muovere il mercato. Anche la questione Miguel Crespo, si è letto che il giorno dopo sarebbe venuto a fare le visite mediche. Non è mai stata un’opzione, in nessun momento. Sono cose che vengono fuori perché le mette fuori l’agente per mettere il giocatore sul mercato. Non ne abbiamo bisogno, lo premetto, ma ovviamente non possiamo essere sordi se arriva un’offerta incredibile per un giocatore, ma noi quel giocatore lo cederemmo solo se: uno, il prezzo è giusto; due, abbiamo già un calciatore che non ci faccia perdere competitività. Se non ci saranno le condizioni, lo teniamo e aspettiamo che ci siano le condizioni.

Quando finirà il fardello dei tanti giocatori in giro per l’Italia cui continuate a pagare lo stipendio? Beh, sono contratti che finiscono. Quello più lungo scade nel 2026 credo. Abbiamo in giro anche calciatori che hanno un valore per la società, come Accornero al Pescara; Calvani e Gagliardi al Pontedera; Marcandalli sempre titolare alla Reggiana. Lei mi ha chiesto cosa faremmo se fosse ceduto qualcuno in difesa? Bene, abbiamo Marcandalli o Matturro, sono giovani forti. Non mi preoccupa, sono sicuro che in ogni momento troveremmo una soluzione. In una squadra preoccupa anche se vanno via leader della squadra come Badelj o Strootman, importanti per la solidità della squadra. Sono queste le cose che ho maggiormente in testa. In ogni caso, troveremmo sempre una soluzione”. 

Ogni settore giovanile ha un costo e voi sete voluti passare subito dalle parole ai fatti investendo subito, anche attraverso lo strumento del bond. In tanti però ci chiedono: siete sempre proprietari dell’area sopra Cogoleto? Non avete intenzione di utilizzarla  per costruire il Genoanello? Ci avete pensato?

“L’ha acquistata Fingiochi con un prestito del Genoa”.

Un messaggio ai calciatori adesso che è scoppiata questa nuova Scommessopoli?

Nel calcio le regole sono chiare e devono essere rispettate. Se tu fai la professione del calciatore, le regole sono chiare: le scommesse in passato hanno creato grandi danni al mondo del calcio, sia a squadre sia a carriere dei singoli giocatori. È un lavoro privilegiato e devi rispettare le regole”. 


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