Il 119° derby della Lanterna è stato il derby della paura. Entrambi gli allenatori nel giocare una delle più brutte stracittadine hanno fatto vedere che la paura era la qualità più evidente sul prato verde. La paura di chi non toglie le ragnatele dal soffitto temendo che cada il soffitto.

Sabato sera non c’era il palio la supremazia cittadina, ma solo i tre punti che potevano – e possono ancora – dare una svolta alla stagione, soprattutto se quello visto, poco o nulla,  era solo panico da derby. Altrimenti sarà soltanto una gioia per i vincitori passare il Natale tra cartoline e sfottò, se non si porranno rimedi.

Per chi ha perso bisognerà combattere subito, non solo con le parole, per non  cadere nello psicodramma o incubo della retrocessione.

Il 119° Derby della Lanterna è stato vinto legittimamente da chi ha fatto gol anche con un solo tiro in porta. Un merito ancor di più perché la stessa possibilità di segnare su errore dell’avversario è capitata al Vecchio Balordo con Sanabria. Solo attraverso gli errori dei singoli si poteva risolvere la stracittadina, considerato lo 0-0 fino al minuto 85′ di gioco.

Colpo di Ranieri. Bravo e anche fortunato, come ha ammesso nel dopogara, con l’unico errore di Ghiglione, che ha permesso a Gabbiadini, subentrato 10 minuti prima per sostituire Quagliarella, di colpire con un gol da biliardo.

Derby con un fallo ogni due minuti e circa il 15% – se non di più – del tempo passato dall’arbitro Doveri a fare ramanzine. Tanti cartellini gialli e neanche uno doppiato, e non certo per merito degli ammoniti.

Il 119° derby della Lanterna è stato vinto per l’ennesima volta dalle tifoserie: colori, bandiere, canti, fuochi d’artificio. Resta sempre qualcosa di meraviglioso, perfino esagerato visto che rossoblu e blucerchiati hanno continuato a dimostrare di essere squadre incompiute, con grossi, troppi limiti tecnici sui fondamentali del calcio visti i passaggi, gli stop, il calciare e ricevere il pallone. Il tutto al di là dell’apprensione della posta in palio.

In molti vorrebbero cambiare Thiago Motta. Cambiare tutto per non cambiare niente porterebbe il Vecchio Balordo verso il purgatorio del pallone.

Facciamo una domanda: Thiago Motta è l’unico colpevole della settima sconfitta su 11 da parte di Preziosi dall’avvento di Ferrero? Da cronisti può darsi di no, anche se in ogni partita ci mette del suo con i cambi e la lettura della partita per passare da capro espiatorio.

Era difficile, per di più con il gioco che vuol fare, trasformare un gozzo in una nave da crociera in otto gare. Chi lo ha preceduto ha fatto un buon lavoro fino alla terza giornata. Dopo essere caduto in Sardegna nei secondi 45’ di gioco, alla quarta di campionato, gli è saltato il banco facendo gli stessi risultati di Thiago Motta, giocando bene e perdendo per errori e pochi tiri degli avversari e non gonfiando  la rete dei dirimpettai, eccetto l’ultima in casa del Parma. Solo e abbandonato, che se fosse rimasto a casa non sarebbe successo nulla.

Più che il risultato nella stracittadina, ha fatto paura aver allestito una squadra con pochi giocatori di personalità, tutti già in rosa dalla scorsa stagione. La Samp ha vinto il derby, oltre al gol realizzato, perché non ha fatto una piega al palleggio di Thiago Motta, utilizzando i propri schemi di contenimento semplici, ma efficaci: pressing alto in fase di non possesso e ripartenze, tutto fatto di larghe battute e di aperture cercando il colpo sicuro, un uomo quasi del tutto libero in avanzata lungo l’out.

Il problema del Genoa è che anche contro la Doria il palleggio di Thiago Motta ha portato solamente due tiri verso la porta di Audero, il primo su calcio punizione diretto di Criscito al 60′ e il secondo non sfruttato da Sanabria, castroneria voler favorire con un cross un compagno invece di ciabattare in porta.

Tutti i guai al Marinaio sono stati creati quando ci sono stati i cambi campo che però si contano sulle dita di una mano pur essendoci praterie da sfruttare  per gli esterni rossoblu.

Per il Genoa ci sono tanti alibi sulle assenze, ma quello che ha pesato di più è stato dover rinunciare a Sturaro durante il riscaldamento. Il matuziano avrebbe fatto sicuramente la differenza con la sua carica di personalità. Un colpo al cuore quando lo si è visto parlottare con il medico sociale Piero Gatto, con Pilati e il massaggiatore. Tutti che gli chiedevano di uscire, invece lui continuava a voler tentare di giocare. Per questo motivo c’è la speranza che sia stata una sola, grossa preoccupazione e il suo bicipite femorale destro che si toccava sia stato preservato. Altro colpo al cuore mentre scrivevo appunti sulla formazione doriana quando lo speaker del Ferraris ha letto il nome di Sturaro leggendo la distinta consegnata mezz’ora prima dell’inizio della gara.

L’altro affaticamento importante per Thiago è stato quello di Favilli, il giorno precedente e chissà anche prima. Portato in panchina, neanche fatto riscaldare per sostituire Sturaro e neanche per prendere il posto di Cleonise a 5’ dal termine. Anche per lui la speranza è che sia solo precauzione, anche se qualcuno del suo entourage lo aveva dato in campo fino a qualche ora prima dell’inizio della gara.

La strategia tattica di Thiago con Schöne e Sturaro dietro l’unica punta presentata alla consegna delle distinte era interessante e auspicata dal sottoscritto. Rimasto non favorevolmente colpito dal gioco, non pervenuto da parte del danese-olandese avendo avuto la possibilità di poter giostrare modello Ajax nel centrocampo avversario, l’unica spiegazione è solamente una: in Olanda non marcano ad uomo.

Il cuore dei genoani in questo momento, con ragione, è fortemente alterato. Qualcuno non ha neanche più la forza di indignarsi perché le lezioni al Genoa non servono a nulla e non conta neanche prenderne due in sette mesi. Adesso bisogna metterle a frutto, visto che si è raccolto poco di quello seminato da luglio scorso, dove abbiamo colpa tutti visti i commenti favorevoli estivi tra media e tifosi.

Per non temere il peggio, come non sarebbe né onesto né ammissibile, non bisogna aspettare la gara dopo l’Inter per incominciare a programmare il girone di ritorno. Già da oggi Thiago Motta deve richiedere i rinforzi di qualità specificando non solo la tipologia dei ruoli, ma anche i nomi di chi potrebbe risolvere i problemi genoani.  Operazione non facile vista la classifica quella di far muovere calciatori in grado di fare la differenza.

Occorre aprire il portafogli – e anche subito – visto e considerato che dopo la gara con l’Inter ci saranno le vacanze fino al 28 dicembre e alla ripresa Thiago Motta deve avere a disposizione, per non affogare in classifica, quello che serve dovendo giocare il 5 gennaio al Ferraris con il Sassuolo e il 12 a Verona contro Juric, le ultime due gare del girone di andata. Gare importanti di cui FIGC e Lega non hanno tenuto conto considerato che il nove gennaio hanno programmato l’ottavo di finale contro il Torino sotto la Mole invece che il 15 o il 23 come programmato.

Non occorre che arrivi Gesù Bambino per decidere o conoscere che attualmente al  Genoa la difesa potrebbe funzionare, che i laterali e gli interni potrebbero rifinirlo e costruire il gioco, anche se non tirano mai in porta. Il grande problema che gli attaccanti non lo sanno concludere.