Torna a parlare, e lo fa ai microfoni di Radio Marte, Gabriele Gravina. Domani il presidente della FIGC riunirà un tavolo di lavoro per analizzare le prime proposte da avanzare al governo per agevolare la Serie A e tutto il calcio italiano ad affrontare lo stato di crisi causato dallo stop forzato per l’emergenza Coronavirus. “Il nostro compito adesso non è programmare date che siano ipotetiche – sostiene Gravina – Date che comunque diano speranza. Oggi è il momento di programmare, progettare e fare una sorta di censimento, un’analisi sul momento di crisi e sulla difficoltà del mondo del calcio e dello sport, così come in ogni altro settore dell’economia del paese. Stiamo cercando di mettere insieme tutte le idee e i progetti guardando al futuro, per far sì che si possa cogliere un momento di speranza per cambiare qualcosa nel nostro mondo, qualcosa che ci permetta di ripartire con l’entusiasmo che ha contraddistinto da sempre quello del calcio.” 

Gravina è ancora restio a parlare di resa definitiva del campionato: “Per cultura chi mi conosce sa che mi arrendo con grande difficoltà. Sono un combattente e all’idea di arrendermi non ci penso neanche lontanamente. Fino a quando avrò la speranza che i campionati italiani possano decidersi rispettando il valore della competizione, esperirò qualsiasi tipo di tentativo per arrivare a quella soluzione. Ben sapendo che oggi sia prematuro pensare a una data, nell’interesse della salute spero che tutto finisca nel più breve tempo possibile. Anche a costo di chiedere un supporto alle massime istituzioni internazionali (UEFA e FIFA, ndr) in termini di coordinamento, andando così oltre alla famosa deadline del 30 giugno, magari finendo a luglio ma anche agosto. Dobbiamo pensare che il calcio si basa sul valore del confronto, dell’agonismo e quindi far sì che ci sia alla fine il verdetto del campo. Ove questo non fosse possibile, forse in ultima analisi, allora ci arrenderemo. Ma lo faremo con l’onore delle armi”. 

A proposito di presidenti: quelli delle 20 squadre di Serie A sembrano ormai rassegnati al non completamento del campionato. Diverse posizioni, difficilmente conciliabili. “Quando si va sul piano degli interessi personali è molto complicato metterli insieme. La sommatoria di tutti i singoli interessi è la sintesi nell’interesse del calcio italiano e non dei singoli soggetti. Mi appellerò al senso di responsabilità, ma tanto alla fine sarà la FIGC a decidere e il consiglio federale a prendersi le sue responsabilità. Molto dipenderà dall’attività di mediazione, dalla disponibilità e dal grande dinamismo che la UEFA sta mettendo in campo. Se avessimo disponibilità di terminare a luglio e magari anche in una parte agosto…Noi siamo il campionato messo peggio per i recuperi: abbiamo 13 gare ancora da giocare e nel mezzo dovremo probabilmente inserire la definizione delle competizioni internazionali, che per quanto abbiamo capito dovrebbero essere posizionate subito dopo la definizione dei campionati nazionali. Pensare oggi al 2,3,4 o 5 maggio come data della ripresa non ha davvero alcun senso. Dobbiamo essere consapevoli e coscienti che per definire il campionato serviranno quei 45-60 giorni di cui si è già parlato. Quindi è evidente che partire a giugno, se ci venisse concesso il mese di luglio e quello di agosto, può essere la data di riferimento. E anche tutto il mondo della UEFA e le varie federazioni europee si stanno orientando così. Dobbiamo concentrare l’attenzione nel far sì che il campionato 2020/2021 riparta con entusiasmo e che venga garantita la bellezza del calcio”. 

È stato fissato ormai da giorni un tavolo di lavoro permanente con Lega Serie A ed Associazione Italiana Calciatori, che negli scorsi ha cominciato a trattare l’argomento della decurtazione degli stipendi per i tesserati. Gravina risponde:“Quando si è in uno stato di emergenza e si vive sulla propria pelle il momento delle difficoltà, bisogna restare coerenti e dare contenuto alla solidarietà. Dobbiamo sederci a un tavolo tutti insieme per dare il nostro contributo: fare delle rinunce, cosa che sicuramente chiederemo ai calciatori e da cui sono sicuro che troveremo terreno fertile. Chiaro che ci siano condizioni diverse da una categoria all’altra, ma ne terremo conto”. Poi aggiunge: “Il prossimo appuntamento è domani pomeriggio per lavorare su proposte che stiamo portando avanti, come vari emendamenti da far valutare alle autorità. Non vogliamo chiedere al Governo risorse, come qualcuno ha scritto erroneamente: stiamo solamente annunciando lo stato di crisi. Chiederemo di agevolare il nostro percorso attraverso alcune norme che ci permettano di dare uno sviluppo moderno al calcio italiano. Ci vedremo due volte a settimana come in un tavolo di crisi è il momento in cui dobbiamo lavorare insieme, radunare le idee e tradurle in progetti”.

Un passo indietro sui playoff e playout: “Sono abbastanza testardo, ci proverò e continuerò a provarci. Credo sia un modo per provare a dare maggior interesse al campionato italiano di Serie A, visto che ci sono ed esistono anche in Lega Nazionale Dilettanti e qualcuno riesce a ricoprirne la validità. Forse quest’anno sarà difficile, visto che non è previsto dalle norme: io l’ho lanciata come ultima scialuppa di salvataggio in un momento di grande difficoltà. Chi mi conosce lo sa, io non impongo idee non condivise e soprattutto non previste in questo momento dalle norme. Ma ci lavoreremo: sarà una riflessione politica e mi auguro che in futuro possa venire condivisa”. 

Un titolo a tavolino? Una mortificazione, secondo il presidente FIGC. “Tutto ciò che riguardi l’idea di non disputare partite o fare arrivare fino in fondo un campionato – conclude Gravina – Lo ritengo una sconfitta per me e per il valore della competizione. Si aprirebbe uno scenario abbastanza complicato e si andrebbe a mortificare la competizione sportiva. Per favore permettetemi, in questo periodo, di rinunciare a fare riflessioni del genere, perché mi fanno star male. Mi piace vedere il calcio e partite che si vincono o si perdono, titoli che si vincono sul campo”.


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