Commentare una sentenza in base a quello che c’è scritto nella sentenza, a mio modestissimo avviso, non è un esempio di professionalità. Le sentenze sono l’atto conclusivo, auspicabilmente motivato, di un processo, agli atti del quale ci sono anche altri documenti quali i verbali di sommarie informazioni testimoniali rese in sede di polizia giudiziaria o di indagini preliminari, le intercettazioni ambientali o telefoniche, le dichiarazioni rese da testi ed imputati in sede di udienza dopo il rinvio a giudizio, le perizie etc.
Spesso accade che, almeno dopo il primo grado di giudizio, si contesti proprio come la sentenza non abbia tenuto conto di evidenze diverse e contrarie quali quelle che emergevano da alcuni atti processuali di cui, si lamenta, non si trovi traccia nelle motivazioni del provvedimento conclusivo.
Con questa premessa, non appare così semplice affermare se la sentenza di primo grado che riguarda Izzo sia fondata o meno, sempre che non si voglia parlare con la sciarpa al collo e non in base a norme di diritto sostanziale o processuale.
La giustizia sportiva – l’ho detto tante volte ai microfoni di Radio Nostalgia specialmente in quella maledetta estate del 2005 – ha vissuto fasi da “giustizia sommaria”: avete presente quando nell’immaginario collettivo si pensa ad un processo di condanna per omicidio cotta e mangiata in un giorno solo, con ultima cena ed esecuzione del condannato all’alba del giorno successivo, tipo l’ “angolo rosso”? Nel 2005 la giustizia fu, per così dire, un po’ accelerata…
Noi avvocati ribadivamo ogni giorno che le intercettazioni non erano ammissibili perché ammesse solo per reati decisamente più gravi come l’associazione a delinquere che ritenevamo non esistente in quel caso.
Tuttavia, accadde che furono utilizzate nel processo sportivo, con conseguente condanna del Genoa in primo e secondo grado.
Più tardi, in sede di procedimento penale ordinario, la Cassazione si sarebbe pronunciata per l’inammissibilità e l’inutilizzabilità nel procedimento sportivo. Tuttavia, nel frattempo, il Genoa aveva partecipato al campionato di Serie C1.
Cosa rimaneva nel fascicolo processuale senza le intercettazioni? Una busta con € 250.000,00, il contratto di acquisto di Maldonado (di cui nessuno ha mai più parlato) redatto su un modulo non federale e le deposizioni rese dai vari indagati o testimoni.
Ricordando che da quelle deposizioni non emergeva nessuna smoking gun, bisognerebbe anche lamentarsi che le intercettazioni (non ammissibili, solo col senno del poi) avevano comunque condizionato anche le indagini, stimolando i vari soggetti a rispondere su quanto emergeva dalle stesse.
Come tutti ricorderete, la sentenza di appello, a cui rimandò la Cassazione dopo aver statuito che non si poteva tenere conto delle intercettazioni, alla fine ritenne sufficiente ai fini dell’accordo fraudolento e della condanna per illecito sportivo l’avvenuto sequestro dei soldi nelle immediatezze successive della partita…
Io credo che, attualmente, la giustizia sportiva non sia più quel plotone di esecuzione che era in passato.
Potrei quasi dire che, da giustizia sommaria, si è trasformata in un “rito sommario”.
Non sono sicuro che vengano applicati alcuni principi del processo penale, quali il “dubium pro reo” o l’obbligo per gli inquirenti di ricercare le prove anche a discarico dell’indagato.
Tuttavia, se si trattasse sempre di “giustizia sommaria”, Izzo, invece che essere non colpevole sino a prova contraria, sarebbe stato colpevole sino a prova contraria e sicuramente condannato per “illecito sportivo” a una pena comunque spropositata rispetto a calciatori che hanno alterato interi campionati.
Con queste premesse, si può anche commentare qualche passo della sentenza, anche se il solo che potrebbe parlare con cognizione di causa sarebbe chi ha letto tutti gli atti processuali.
In generale, leggendo la sentenza, appare che la “colpa” di Izzo sarebbe stata quella di aver partecipato a due cene precedenti gli incontri Avellino – Modena ed Avellino – Reggina, in cui, secondo i giudici, non poteva non aver sentito che si stava trattando di alterare il risultato delle partite che seguivano a breve.
I giudici scrivono “qualora gli stessi (i partecipanti alle cene, n.d.r.) avessero voluto tenere l’Izzo all’oscuro delle trame illecite, di certo avrebbero evitato di invitarlo agli incontri”.
Premesso che io ignoro se tutti i tesserati partecipanti a quelle cene sono stati condannati per illecito sportivo o omessa denuncia, leggo anche un altro passo della sentenza laddove si afferma che “l’Izzo che, come ha avuto modo di sottolineare il Pini – viene definito ‘l’ignorante’ – non avrebbe dovuto sapere nulla della raggiunta combine perché, citando testualmente il contenuto dell’intercettazione, ‘mi ha detto il mio amico perché è solo una cosa loro sei senatori, dei grandi senza ragazzini hanno fatto’ ”.
In questo ultimo caso, si parla dell’incontro Avellino – Reggina.
Izzo è stato condannato per doppia omessa denuncia, ma, leggendo questo tratto della sentenza, sembra emergere che, al contrario, i partecipanti a quella cena volessero proprio escluderlo dalla conoscenza di quella combine. Ed allora, può essere che non abbiano fatto nessun riferimento durante la cena, limitandosi a parlare delle modalità, ad esempio, nel pre-cena o nel dopo-cena, laddove Izzo non fosse presente (e questo, in realtà, applicando il principio dubium pro reo, potrebbe valere per entrambe le cene).
Se questa evidenza contraria venisse valutata, ecco che, come minimo, l’omessa denuncia si riferirebbe solo ad una partita, con possibilità di applicare la sanzione minima che è la squalifica per sei mesi.
Sinceramente parlando, io mi aspettavo una condanna minima di sei mesi di squalifica per omessa denuncia, proprio sapendo come ragiona la giustizia sportiva.
E’ arrivata una condanna tripla anche se,è bene sottolinearlo, è stata scongiurata la condanna a sei anni con preclusione (radiazione), che avrebbe comportato un’onta a vita sul simpatico e valente difensore campano, oltre che la fine della carriera.
Senza porre limiti alla provvidenza, mi aspetto che dal secondo grado arrivi almeno una riduzione della squalifica per omessa denuncia a sei mesi (la pena minima).
Per finire, alcune considerazioni sul “rito sommario” della giustizia sportiva.
Io capisco che la giustizia sportiva non possa avere le garanzie e quindi i tempi della giustizia penale ordinaria.
Tuttavia, l’esigenza di maggior speditezza non può realizzarsi a spese dei principi cardine del giudizio penale ordinario “dubium pro reo” e “non colpevolezza sino a prova contraria”.
Devi andare più veloce? D’accordo, ma non a spese degli imputati rinviati a giudizio. Nel momento in cui si adotta la decisione, bisogna ricordarsi che non si è potuto fare tutti gli accertamenti del giudizio ordinario che, spesso, deve ancora celebrarsi.
La prova di colpevolezza deve essere più rigorosa e meno … “sommaria”.
Nel caso in questione, i giudici non avevano la prova del coinvolgimento di Izzo nella combine. Non risulta nessun coinvolgimento, nessuna attività di convincimento.
Ed allora, poiché “l’omessa denuncia” non si nega a nessuno (così come nel penale ordinario, un’imputazione di associazione a delinquere iniziale non si nega a nessuno a cominciare dal Genoa), per comminare la condanna ad Izzo, si è ricorsi al meccanismo della presunzione e cioè al procedimento logico (?) che permette al giudicante di desumere il fatto ignoto (la consapevolezza della combine) dal fatto noto (la partecipazione del difensore rossoblu alle cene).
Ma realmente possiamo considerare logico che dei soggetti che vogliano commettere uno o più reati in concorso siano disposti a parlarne in un ristorante aperto al pubblico e, soprattutto, a qualsiasi orecchio che potrebbe rivelarsi indiscreto?
Un’altra considerazione vorrei farla in merito ai tempi di celebrazione dei processi.
Celebrare i processi durante il campionato finisce con alterare l’esito del campionato a sfavore di alcuni ed a favore di altri.
Una società ha diritto di sapere se potrà contare, infortuni a parte, su un calciatore per tutto il campionato.
I processi si debbono celebrare in periodi determinati. L’idea mia sarebbe quella di celebrarli a giugno e luglio.
Ad inizio campionato, la società potrebbe ancora rimediare alla squalifica del calciatore e, comunque, saprebbe di non poter contare su quel calciatore.
Le decisioni si devono prendere a bocce ferme, non prima.
Invece ora si rischia di perdere il calciatore sicuramente almeno per un mese per poi (magari) avere una sentenza di non colpevolezza in secondo grado.
Qualcuno, maliziosamente penserà che questo rischio non si corre e che, nella migliore delle ipotesi, ad Izzo sarà ridotta la squalifica a sei mesi.
Tuttavia, teoricamente, Izzo potrebbe venire assolto dopo aver saltato ingiustamente alcune partite di campionato. C’è un’altra cosa che bisognerebbe mutuare dal penale ordinario.
Anche per reati discretamente gravi, l’imputato o condannato in primo grado rimane a piede libero e comincia a scontare la pena dopo l’ordine di esecuzione che segue la sentenza di condanna definitiva.
Ed io credo che le ipotesi previste dal codice penale e di procedura penale siano un po’ più gravi di un’omessa denuncia.
Nella giustizia sportiva accade invece che la sentenza sia immediatamente esecutiva. Capisco che non si tratti di privazione della libertà personale, ma credo che, nel penale ordinario, la situazione del condannato in primo grado a piede libero potrebbe destare comunque ben più allarme sociale.
Sicuramente i penalisti affermerebbero che ciò si realizza quando non c’è pericolo di fuga, di reiterazione del reato ed inquinamento delle prove.
Tuttavia, il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva non è un’idea di Antonio Buelli, ma un principio contenuto addirittura nell’art. 27 della legge di tutte le leggi: la Costituzione Italiana.