Tre episodi da rivedere riguardano la sfida del Ferraris tra Genoa e Bologna e ci permettono di connetterci anche ad altre sfide, in particolare Parma-Sassuolo e Torino-Milan. In ordine di tempo, al 15′ del primo tempo viene annullata la rete del possibile vantaggio a Sansone. Netta la sua posizione di fuorigioco al momento del passaggio che gli viene recapitato da Lerager, in contrasto con Soriano. Evidentemente quella del centrocampista danese non è una giocata volontaria, ma un rimpallo sul tocco di Soriano, e quindi come tale va considerata.

Il fuorigioco è quindi, oltre che solare, anche corretto da segnalare, così come è giusto annullare la marcatura di Sansone: col nuovo regolamento arbitrale il concetto di “giocata” non è più una discriminante fondamentale ed è probabilmente uno degli ambiti dove ci sono meno fraintendimenti. Qualcuno ha provato a girare la frittata in questi giorni, dimenticando peraltro altri episodi di un certo spessore in Genoa-Bologna.

Infatti non finisce qui la nostra analisi, perché sulla spinta di Banti su Kouamè hanno sorvolato in molti, ma c’è molto da dire e qualche parallelo da tracciare. Siamo al 42′ di gioco e Schöne imbecca in profondità Kouamè, che spalle alla porta cerca di controllare il pallone contrastato alle spalle da Bani. C’è una spinta, neanche troppo leggera, che inizia ancora prima che l’attaccante ivoriano possa controllare il pallone, tant’è vero che Kouamè cadrà a terra aspettandosi un fischio. In Torino-Milan una situazione analoga – e certamente più accentuata – di Lyanco su Piatek ha portato alla concessione del fallo nonché a diverse polemiche. Al Ferraris Massa avrà considerato l’intensità della spinta e valutato che non fosse fallo. Di fronte a questa valutazione di campo, il VAR Manganiello era tagliato fuori a prescindere dal poter intervenire in assenza di un “chiaro ed evidente errore”.

Il fatto che non sia intervenuta la tecnologia, peraltro, pone un’altra questione: la posizione di Kouamè è stata sicuramente considerata fuori dall’area di rigore e non dentro, come la posizione del corpo e degli scarpini farebbero invece sospettare da più angolazioni. Perché questa riflessione? Perché, come noto da un paio di stagioni, i contatti fuori dall’area di rigore, a meno che negli sviluppi dell’azione non portino alla rete avversaria (Spal-Fiorentina dell’anno scorso rimane l’esempio più lampante per fare un paragone), non rientrano nel protocollo di revisione VAR. E infatti Manganiello non interveniene, facendo diventare il contatto Bani-Koumaè più da moviola che non da VAR.

Tanto per intenderci, rimanendo alla quinta giornata, a testimoniare quanto appena detto c’è la rete annullata a Gervinho in Parma-Sassuolo per un precedente fallo di Hernani su Magnanelli a centrocampo. In questo preciso frangente, l’arbitro Marinelli aveva lasciato proseguire giudicando il contatto o troppo lieve o non falloso (a rivedere le immagini era la decisione più corretta), ma il VAR Nasca lo avrebbe richiamato evidenziando un chiaro ed evidente errore. Nel frattempo Gervinho portava in vantaggio i ducali, vedendosi poi annullare la rete dell’1-0. Diciamo che se è valutata fallosa la spinta di Hernani, quella di Bani non può essere giudicata in maniera differente. La vera differenza è dettata dallo sviluppo dell’azione: il Parma passerà in vantaggio, il Genoa vedrà interrotto il gioco per un fallo di Zapata (poi ammonito per proteste, ndr).

Tornando a Genoa-Bologna, il terzo episodio è il fallo da ammonizione di Ghiglione su Denswil e ci è utile per sgomberare il campo da equivoci: a chi si è domandato se il fallo, avvenuto al 67′ di gioco, potesse essere da cartellino rosso, è giusto rispondere che “no, il cartellino giallo è corretto“. E da manuale per capire quando una sanzione va aggravata e quando no.

L’esterno rossoblu si allunga troppo il pallone e cerca di recuperarlo in scivolata entrando in contatto sull’avversario. Denswil viene effettivamente colpito, ma c’è un particolare di non poco conto: Ghiglione si accorge di rischiare l’intervento falloso e prima di colpire l’avversario toglie la gamba tesa e la ritrae, senza entrare col piede “a martello”. Intelligente e ponderata la scelta del numero 18, ma altrettanto la valutazione di Massa: cartellino giallo e punizione. In altri casi, già analizzati, la vera discriminante era stata proprio il piede a martello oltre a negligenza e vigoria sproporzionata: l’ultimo caso in ordine di tempo ad aver fatto discutere è stato il fallo di Barella su De Paul in Inter-Udinese, giudicato da giallo (ma una revisione al VAR avrebbe dovuto tramutarlo in rosso).


No Beethoven!