L’Italia non è stata sola nella sofferenza contro la Spagna. Hanno sofferto a Wembley gli italiani inglesi presenti, ma anche nelle piazze o nelle case. Non è stato un fatto deprimente per nessuno se sono stati proprio gli Azzurri a soffrire, non avendo dimenticato quello che avevano fatto in precedenza. E questo fatto ha reso possibile la felicità alla fine dei calci di rigori e non ha reso possibile la felicità di quelli che godevano perché l’avevano detto.

Hanno sofferto e tanto gli Azzurri contro le Furie Rosse e il loro gioco di palleggio esasperato. Meno male che davanti non hanno gli uomini in grado di chiudere le gare. Sono usciti a testa fino alla trequarti. L’Italia ha resistito e lasciando da parte il possesso pallone e il numero dei passaggi iberici, gli Azzurri nelle occasioni da gol sono stati alla pari.

Mancini non ha capito subito lo scherzetto di Luis Enrique quando nella formazione iniziale ha tolto l’unico centravanti a disposizione, Morata, giocando con il “falso nueve” Dani Olmo, il mattatore della serata nel cuore del gioco. Una scelta che ha aumentato di una unità i palleggiatori e messo in crisi il centrocampo azzurro.

Obiettivo primario della Spagna con il suo palleggio e la fitta rete di passaggi che portava poco era quello di togliere spazi e possesso agli Azzurri. Altra mossa stile Mundial spagnolo italico togliere aria a Jorginho marcandolo ad uomo con Pedri come Gentile annullando la fonte primaria del gioco azzurro. I centrocampisti in inferiorità numerica non riuscivano ad assorbire il gioco visto nelle altre gare ad evidente trazione anteriore.

Se Luis Enrique utilizzava un concetto facile (“se il pallone lo teniamo noi, loro non possono farci male”), Mancini ha risposto nel secondo tempo con il “prima non prenderle: se non fanno gol non possono vincere”.

Catenaccio e contropiede sono sempre state nel DNA del calcio italiano. Per qualcuno la prima è un vocabolo spregiativo, la seconda ha fatto le fortune di tante squadre italiane e nazionali che lo hanno applicato bene: la foto di tutto questo è il gol di Chiesa.

All’ultimo calcio di rigore tanti elogi al cambiamento di Mancini magnificando la tattica sullo spazio da occupare e da sfruttare in un determinato tempo, pronto a chiudere tutti i varchi agli avversari o da spalancare ai propri. L’Italia è in finale, continua a sognare e continuerà a dormire con molte illustrazioni del testo.

Si presenterà a Wembley domenica prossima alle ore 21 coi principi delle gare precedenti. Inghilterra e Danimarca non giocano alla spagnola. L’Italia è pronta, anche se stanchissima, a marcare ad uomo, ad onorare la zona non solo con le ripartenze, ma con il gioco che non sarà quello di limitare i propri intenti alla semplicistica tattica di non lasciar giocare gli avversari.

Adios Espana. Italia dal gioco futuro al passato con ancora un step da superare.