Gabriele Gravina ha affidato alle pagine di Repubblica una risposta alle parole di Giovanni Rezza (Istituto Superiore Sanità), che nella giornata di lunedì aveva fornito un parere negativo sulla ripresa del campionato di Serie A già nei mesi di maggio o giugno. Il presidente FIGC, confermando come la stagione 2019/2020 verrà portata a termine, apre le porte alla proposta già avanzata da Galliani, ieri anche sulle pagine del quotidiano spagnolo AS, ovvero la disputa delle restanti partite entro novembre e il campionato 2020/2021 svolto nell’anno solare dal mese di gennaio. Proposta per adeguarsi anche alla prossima edizione degli Europei in Qatar, in programma nella stagione invernale.

Così Gravina: “Ho massimo rispetto per la scienza e per chi ha la responsabilità di applicarla, ma non posso ammainare bandiera bianca. Lavoriamo sul come, non sul quando. Quando il paese tornerà a vivere, quando ci saranno le condizioni per altri settori, tornerà anche il calcio. Lo dico una volta per tutte: il campionato va portato a termine e c’è tempo per farlo. La data la decideremo tutti insieme, responsabilmente. Respingo al mittente le accuse di chi vede nel calcio un mondo governato da interessi lontani dal contesto sociale del paese. Al contrario, della nostra ripartenza beneficerebbe tutto il sistema; penso allo sport di base, all’indotto e al valore sociale del nostro movimento. Lo stop definitivo della stagione 2019/2020 darebbe inizio a una serie di contenziosi: sul mio tavolo ci sono già le diffide di alcune società e chi mi chiede di non ripartire non ha idea di come si possano risolvere queste criticità”.

“La FIFA ha tracciato la via: non comincerà la nuova stagione senza prima aver concluso questa. Una deadline per ripartire non c’è. Andremo di pari passo con gli altri campionati europei: se ci faranno giocare a inizio giugno, abbiamo le date utili per terminare a fine luglio. A seguire, le coppe. Se invece dovremo ripartire a settembre, chiuderemo questo campionato a novembre per poi tornare in campo a gennaio. Ma senza finire il campionati nazionali non si può ipotizzare nemmeno di terminare le competizioni europee. Su questa linea abbiamo trovato piena condivisione da parte dell’UEFA. E dalla FIFA è appena stata ricevuta la richiesta di calcolare danni ed impatto socio-economico del virus sul mondo del calcio nazionale. Con gli altri paesi abbiamo lanciato un grido d’allarme e loro hanno risposto presente. C’è la preoccupazione che qualche società possa scomparire ma faremo in modo di accompagnare il processo. Il nostro fondo salva-calcio è importante anche per questo”.

Ecco le nuove ipotesi portate sul tavolo da Gravina: “Valutiamo tutte le ipotesi. Una è di organizzare le competizioni sull’anno solare, ma ripeto: serve il coordinamento con tutte le federazioni europee, altrimenti andrà chiusa a maggio prima dell’Europeo. Il campionato 2021 si potrebbe disputare in 5 mesi: ci sono idee sul tavolo, ad esempio una formula con due o più gironi e poi una serie di playoff e playout, misure eccezionali solo per una stagione. Giocare a Bergamo sarà molto difficile? Sì, così come a Milano, Brescia e Cremona, Un campionato sotto il Rubicone, senza partite al nord, è una possibilità. Ma non si possono giocare 10 partite sulle stesso campo in un weekend: servirebbero 20 centri sportivi. Se assegnare lo scudetto a tavolino può deciderlo solo il Consiglio Federale, ma la posizione della Juventus è apprezzabile: anche per me lo scudetto lo si conquista sul campo. Ridurre il numero delle squadre nel prossimo campionato sarà un’ipotesi reale. Per troppo tempo abbiamo rinviato il problema dei calendari, che ora vanno snelliti”.

Rispedita al mittente l’accusa del sindaco di Bergamo Gori, che ha più volte definito la partita Atalanta-Valencia a San Siro “una bomba biologica”, Gravina difende la posizione della FIGC nel dialogo-diatriba con l’AIC sulla riduzione agli stipendi dei calciatori: “Qualcuno ha pensato strumentalmente di riconoscere all’Associazione Italiana Calciatori un ruolo diverso da quello politico, ma è il codice civile che indica la rivisitazione dei contratti. Nella scelta di decidere noi come Lega per il taglio degli stipendi vedo più del sano realismo che un depotenziamento. La Sere A è la locomotiva del calcio italiano, lo dicono i numeri, ma per essere riconosciuta come tale deve legittimare il suo ruolo indicando strategie e soluzioni. Per poter parlare di sistema dobbiamo far leva sulla solidarietà fra tutti i protagonisti per impostare nuovi rapporti. Le società adottano gli strumenti che la legge gli riconosce e da imprenditore posso dire che il ricorso alla cassa integrazione debba essere l’extrema ratio e non la soluzione primaria per affrontare la crisi. Non possiamo abbandonarci all’idea di perseguire convenienze di parte e mi dispiace ripetermi ancora una volta: dovremmo evitare di inseguire posizioni animate soltanto dalla tutela della propria convenienza”.