Dall’inizio di dicembre alla fine di giugno. La parentesi di Cesare Prandelli nelle vesti di allenatore del Genoa si è chiusa con una salvezza sofferta, conquistata all’ultima giornata nella sua Firenze anche grazie al risultato favorevole ed altrettanto sudato da parte dell’Inter a San Siro contro l’Empoli. Poco meno di un mese dopo la fine del campionato, l’ormai ex allenatore del Genoa ha voluto indire una conferenza stampa (come promesso a più riprese negli ultimi mesi e dopo lo 0-0 in Fiorentina-Genoa) per salutare i tifosi, gli addetti ai lavori e depennare qualche argomento ancora all’ordine del giorno.

Cesare Prandelli, accompagnato dal suo avvocato e dal match analyst, è arrivato al centro sportivo intorno alle 17 dove ha salutato preparatori atletici e tesserati presenti. Ad aprire la conferenza stampa proprio l’ormai ex allenatore del Grifone: “Non amo molto parlare, ma in questo contesto era giusto farlo. Volevo prima di tutto ringraziare chi ha collaborato con me e chi ho trovato in società: persone serie e molto capaci. Da parte mia, però, non ci sarà nessuna polemica. Risponderò ad alcune domande, ad altre no. Ci si può lasciare, per tanti motivi, ma l’educazione e il rispetto per dove ho lavorato e per le persone che ho frequentato ci deve sempre essere”.

Se andare via è un rimpianto:

“Certo che sì. Ci credevo: pensavamo di costruire qualcosa di importante. Qua ci sono persone capaci e serie con la maglia del Genoa attaccata alla pelle. Sono persone molto credibili. Volevo creare un gruppo forte, affrontare le difficoltà in maniera forte e coesa condividendo un progetto e condividendo una gestione. Rimpianto c’è.”

Sulle ultime partite e la salvezza conquistata:

“Nel calcio tante volte basta un episodio: l’episodio più importante è stato quel rigore al 93esimo con la Roma. Se avessimo segnato il rigore contro la Roma magari sarebbe andata diversamente e avremmo scritto un’altra avventura: ma nel calcio non ci sono controprove. Nell’ultima partita non abbiamo avuto nessun tipo di merito, c’è stata la divina provvidenza a dare una mano al Genoa. Portiamoci a casa una salvezza molto sofferta”.

Sul futuro:

“Non ho pensato a nulla se non venire qui a salutare le persone con le quali ho lavorato tanti mesi: ci tenevo particolarmente. Nel calcio ci si può dividere per tanti motivi, si può salutare, ma il rispetto ci deve essere sempre. Ora voglio ritrovare serenità e vedere il calcio in maniera più distaccata: alla fine è un gioco e le cose serie sono altre”.

Su cos’ha questa piazza di differente dalle altre:

“Ha una potenzialità straordinaria: bisogna fare in modo di riavvicinare le forze, non allontanarle. Sono sempre per affrontare tutti i problemi in maniera diretta. Vedo il calcio moderno che sta allontanando i tifosi: questo è un errore. Non è il caso specifico del Genoa, ma un dato generale. I tifosi vanno avvicinati, bisogna anche accettare le critiche e pensare diversamente il calco.

Sulla piazza di Genova che viveva tra euforia e delusione:

“Le grandi forze, le grandi energie devono essere unite: in certi momenti non c’è stata. In certi momenti abbiamo avuto la percezione di essere un po’ da soli, mentre in altre gare la risposta è stata straordinaria. Ripeto: la potenzialità di questa città è enorme. Se volete sognare, chiudere gli occhi e vedere un futuro roseo per questa società, tutti si devono violentare, ma accettare il confronto e riavvicinare queste energie”.

Sulla cessione di Piatek:

“Dal punto di vista tecnico non l’avrei fatto: una squadra che deve cercare di salvarsi deve avere la certezza di giocatori che in area di rigore ti diano un grande aiuto. Per Perinetti e lo stesso presidente, come hanno detto, in quel momento si doveva pensare a qualcosa di diverso. Quando la società parla di bilanci, l’allenatore non può dettare nulla. Ai tempi speravo di sostituirlo con un giocatore che conoscesse già il campionato italiano e avesse un peso specifico: questo poteva essere l’unico dubbio. Ma non ho avallato nulla: sono stato un’aziendalista dal primo all’ultimo momento. Ho ereditato la squadra da altri e il rimpianto è quello di non aver avuto la possibilità di iniziare la stagione”.

Sull’approdo al Genoa:

Pentito di essere venuto al Genoa? Mai, assolutamente no. Sapevo sarebbe stata una sfida difficile, ma questa piazza è straordinaria. Sarò poco incisivo per i vostri titoli, ma voglio ribadire che il tifoso qui è un tifoso particolare, che va preso per mano. Deve percorrere anche lui un percorso tecnico, deve capire se è funzionale alla città. Chi gioca in questa piazza deve scendere in campo come un guerriero, con grandi attributi e grande carattere. Bisogna dire queste forze perché ne venga fuori qualcosa di importante”. 

Se avallerebbe nuovamente tutte le altre scelte di mercato di gennaio:

“Quando arrivi in una situazione dove c’è tanto da fare e non hai molto tempo per preparare tutto, l’allenatore deve pensare ad un sistema di gioco. Abbiamo cercato di cambiare modulo per cercare di valorizzare in  questi mesi, ma mancava sempre qualcosa. L’allenatore deve avallare determinate scelte, ma deve essere co-protagonista nella sua creazione. Deve avallare le entrate, non le cessioni se c’entrano col bilancio.

Cosa ci è mancato in certe fasi della stagione? In certi momenti sembrava avessimo trovato la strada giusta, poi quando si cambia diventa difficile. Perché quando un giocatore viene messo in un ruolo diverso non ha tranquillità e l’opinione pubblica cerca sempre la domanda giusta per metterti in difficoltà, parlando magari di giocatori fuori ruolo o altro. In questi mesi abbiamo lavorato tanto, cercando di dare un equilibrio alla squadra, e abbiamo fatto fatica in particolare perché da dietro facevamo fatica. C’era rifiuto a costruire gioco da dietro e trovare un compromesso è stato davvero difficile”.

Se fosse stato riconfermato da Preziosi cosa avrebbe chiesto per il nuovo Genoa: 

“Prima di tutto la condivisione di un progetto tecnico: dall’addetto stampa al team manager passando per il direttore generale e chi lavora tutti i giorni con la squadra  Questa è la base di tutto. Quando c’è una condivisione e quando ci sono problemi non è solo l’allenatore ad essere colpito, ma tutto il gruppo”.

Sul divorzio:

“Ci sono due pensieri diversi che non si trovano sulla stessa strada e, in maniera civile, ognuno ha preso la sua direzione. Avrei chiaramente voluto iniziare la stagione con due mesi di tempo per plasmare la squadra, questo perché le squadre e il loro gioco si possono vedere d’estate. Lì si forma un’identità, non durante le stagioni, quando si fanno i cambi: in quel caso è sempre tutto complicato.”

Momento di gioia e errori:

“Dal punto di vista umano parecchie gioie. Cosa non rifarei? Avrei dovuto convincere tutti, ma proprio tutti, perché mi sono sentito un po’ solo – e ho fatto delle riflessioni profonde – quando abbiamo fatto sei risultati utili consecutivi. In quel momento molti non hanno accettato il sistema di gioco: avrei dovuto insistere un po’ di più. Il rimpianto che ho sentito sulla mia pelle è il fatto che si tratta di una squadra e una piazza molto forte. Dovete convincervene tutti. Bisogna far di tutto per unire le forze, sfruttare le risorse umane che ci sono soprattutto qua a Pegli.”

Su Sarri alla Juventus:

“Anni fa dissi che era uno scandalo per il calcio italiano che un tecnico come Sarri fosse arrivato così tardi in Serie A. Il ritorno di Sarri può dare molto dal punto di vista del gioco e dell’immagine. Si tratta di una grande garanzia per il nostro campionato”.  

Sulla nuova proprietà della Fiorentina:

“È arrivato un personaggio che potrebbe far tornare entusiasmo: mi pare sia molto estroverso e i fiorentini ne hanno bisogno, visto che ogni tanto anche loro pensano negativo. Ci vivo da dieci anni a Firenze: fatico a capirli i fiorentini, ma li amo. La nuova proprietà potrà portare idee ed entusiasmo che potranno concretizzarsi in campo”.

Divorzio consensuale?

“Si, fra cinque minuti firmerò.”


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