La penultima volta a San Siro degli Azzurri era stata quella del muro delle lacrime di Buffon, dello sbigottimento e dei silenzi di Ventura e della fuga di Tavecchio: 0 a 0 con la Svezia e fuori dai Mondiali dopo 50 anni. L’ultima, quella di sabato sera, è stata quella di Mancini pronto a regalare l’accesso alla finale della Nations League attraverso il gioco per almeno 60 minuti, ma sempre con lo stesso difetto dell’anno precedente: non fare gol sia con la Svezia che con il Portogallo.

In FIGC non saranno scaramantici, ma giocare il 13 e 17 novembre sempre a Milano se lo ricorderanno che non porta bene? In campo contro il Portogallo si è visto Mancini pronto a lavorare con quel poco che ha a disposizione facendo capire che le convocazioni pre-gara, con il ritorno di anziani arnesi come Giovinco e quasi perfetti sconosciuti, servono poco e solo per farli zampettare sull’erba di Coverciano e fare loro ascoltare l’Inno di Mameli.

Uno di questi ultimi convocati poteva essere utilizzato: Pavoletti. Pavoletti attualmente è l’unico bomber italiano che vede e sente la porta. Probabilmente non è stato chiamato a riscaldarsi perché bisognava rinunciare ai triangoli, più scaleni che equilateri, con qualcuno di punta pronto a tirare in porta o far salire la squadra. Triangoli ottusangoli nel senso di ottusi tra Verratti, Insigne e Immobile come ai vecchi tempi, ma senza Zeman.

Bella l’Italia fatta anche di colpi di tacco, triangolazioni, difesa alta ma finita la benzina ha rischiato anche di perdere contro una squadra che a fine gara Mancini ha dichiarato di essere più forte. Con CR7 la musica sarebbe cambiata? I lusitani attualmente sono i fratelli poveri di quelli che vinsero l’Europeo.

Alla fine è quasi stato meglio che l’Italia non sia tra le quattro in Europa che si giocheranno la Nations a giugno. Fermarsi prima probabilmente è stato meglio e più utile per non illudere nessuno e non bearsi neppure troppo. L’unico rammarico che il passaggio alla finale di Nations League avrebbe permesso di non trovare altri scogli durante il sorteggio di dicembre per gli Europei 2020.

Mancini ha ancora bisogno di tempo per costruire tutto quello andato a scatafascio un anno fa. Bisogna prendere atto del buon lavoro e dei progressi rispetto alla gara di andata in Portogallo. Il ct azzurro non ha altra strada che questa pensando ad obiettivi più lontani e cercando di formare attraverso le prossime sfide calciatori italiani che senza sarebbero  costretti a giocare nei recinti degli allenamenti settimanali.

Mancini lavorerà e cercherà anche la soluzione per fare gol, la squadra è un cantiere. Ma c’è fiducia. Certo non quella che può regalarci quel che accade tutto intorno. Ci siamo liberati di Tavecchio, Ventura si è rimesso in gioco e ha dato le dimissioni dopo 3 partite, tutto è più lieve se si misura con il fallimento del Coni, di Fabbricini e Malagò in nove mesi di commissariamento. E soprattutto se si misura col come è nata la nuova FIGC coi pasticci sui format dei campionati, sulla spartizione delle risorse, con settori giovanili devastati, arbitri picchiati nelle serie minori con interventi politici che lasciano il tempo che trovano.

Le luci a “San Siro” sono state lala led, tuttavia se la FIGC non apre i riflettori sul calcio italiano e tutti non terranno gli occhi aperti oltre ai fari puntati difficilmente arriveranno i risultati, non solo con la Nazionale maggiore.

La partita più importante adesso si gioca in Via Allegri e non a Coverciano. Fallire con il 75% dei consensi da parte del Presidente Gravina non sarà più ammissibile: fare subito le riforme lasciando da parte i politicanti e i tromboni sfiatati che non hanno lasciato la poltrona.


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