Credo che in questo momento il calcio italiano, attraverso la Nazionale, esprima la crisi del calcio italiano“. Esordisce così nella nostra intervista Simone Braglia, ex portiere rossoblu con 77 presenze all’attivo, nel descrivere il momento della Nazionale azzurra, impegnata domani contro la Polonia in quella che si configura come una partita da dentro o fuori. “Non stiamo più parlando di quella Nazionale da cui ci si aspettavano un tempo determinati risultati: anzi, oggi avviene praticamente il contrario rispetto a quello che l’opinione pubblica si attende. Il bacino d’utenza dal quale arrivano i giocatori della Nazionale dovrebbero essere i settori giovanili, ma purtroppo le squadre di club – e intendo dire quelle che giocano a livello internazionale – sono piene di giocatori stranieri. Così non ci sono più italiani che assicurino il giusto ricambio alla Nazionale”.

L’analisi dell’ex portiere del Genoa parte da lontano, va a monte, e scandaglia tutto il mondo del calcio italiano (“oggi le holding di proprietà delle squadre che giocano a livello internazionale vogliono altro, discriminando i giocatori che dovrebbero far parte della Nazionale. I giovani non possano fare esperienze internazionali, non giocando a livello d’élite. E ciò accade anche nelle squadre Primavera“) sino ad arrivare alle tematiche più attuali, come quella legata ai pali della nazionale, ormai difesi a tempo pieno da Gianluigi Donnarumma.

I portieri cambiano casacca, ma la scelta per difendere i pali della Nazionale italiana sembra ricadere sempre su Donnarumma del Milan…

Donnarumma è l’espressione di un avvenire di sicuro interesse. Dal punto di vista della valenza, alla fine dello scorso campionato, dissi che se c’era un portiere che doveva difendere i pali della Nazionale sarebbe dovuto essere Perin. Detto questo, non entro nelle scelte di Mancini e le rispetto. Donnarumma stesso ha un notevole potenziale. Su Perin va ad inficiare il fatto che in campionato non stia giocando: dall’inizio della stagione le apparizioni di Mattia, anche in amichevole, sono state poche. Questo fa propendere per Donnarumma anziché su Perin”.

Perché questa Italia non può più permettersi un vero centravanti? Solo questione di settori giovanili o si rischia poco in questa Nazionale?

“Possiamo accomunare il discorso sulle punte anche a difensori e centrocampisti. Quando andiamo a naturalizzare italiano un giocatore come Jorginho, con tutto il rispetto per il valore di Jorginho, vuol dire che stiamo disprezzando il valore dei nostri giovani a livello di settore giovanile. Per giocare in Nazionale servono giocatori che abbiano esperienza: un conto è giocare in Serie A, un conto a livello internazionale. Se le big del nostro campionato, dall’Inter alla Juventus al Napoli alla Roma, non hanno al loro interno giocatori valenti per la Nazionale, si capisce che diventiamo un bacino d’utenza non per l’Italia ma per le altre nazionali e non abbiamo margini di miglioramento. Questo è il vero motivo che va a discriminare i risultati della nostra Nazionale. L’ha detto anche Mancini non meno di una ventina di giorni fa, di puntare sui settori giovanili. Ma non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire…”

Che gara ti aspetti domenica contro la Polonia?

“Spero nello spirito patriottico che ci ha sempre contraddistinto nei momenti di difficoltà e nelle motivazioni che la maglia azzurra può trasmettere a ciascun giocatore. Perché viceversa, oggi come oggi, potremmo anche diventare una squadra di terza fascia. Non me lo auguro, però l’indirizzo a livello di valori è questo. A livello di “know-how” non abbiamo nulla da temere, in termini tattici e tecnici, ma siamo un bacino d’utenza per le nazionali straniere. Gli stranieri vengono a giocare nel nostro campionato, fanno esperienza e poi si vede, come si è visto al Mondiale, che squadre una volta considerate di terza fascia sono progredite da un punto di vista tecnico e, contestualmente, vi è stato un assottigliamento di alcune delle squadre d’élite a livello mondiale, fra le quali l’Italia”.

Chiudendo lasciando da parte la Nazionale: che idea ti sei fatto sull’esonero di mister Ballardini? 

Bisognerebbe prima capirne bene le motivazioni. Sicuramente sono rimasto allibito, conoscendo Preziosi e sapendo che è un grande conoscitore di calcio. Non riesco ad ogni modo a capirne le motivazioni, se non riconducendo l’esonero a qualche interpretazione personale avuta direttamente con Ballardini. Non vorrei che magari gli avesse detto “vendo Piatek a gennaio” (ride, ndr). A parte questo, le stesse considerazioni fatte dal presidente mi sono sembrate fuori luogo, soprattutto nei riguardi e nel rispetto di una persona che, in termini di valori assoluti, ha sempre dato qualcosa al Genoa. Non mi sono trovato d’accordo pienamente con le considerazioni fatte dal presidente Preziosi, visto che lo ritengo un conoscitore di calcio”.

DI SEGUITO L’AUDIO CON LE PAROLE DI SIMONE BRAGLIA


Cassano lascia il calcio giocato: “Oggi è finita per davvero”