Le facce di Bonucci e Ventura resteranno l’immagine di Svezia-Italia, partita d’andata degli spareggi per accedere alla fase finale del Mondiale di Russia. Non si sarebbe trattato di una gara entusiasmante, anzi, per la verità si potrebbe parlare di una gara particolarmente compassata e bloccata, dove l’ha fatta da padrone chi si manifestava più attento e costante nel pressing sugli avversari. Neppure troppo fallosa: semplicemente nervosa.

Non si vince solamente con pressing o tattiche per innervosire l’avversario, ma qualcosa di buono si può comunque imbastire. All’Italia dell’inno gridato a gran voce prima del fischio d’inizio ha fatto da contraltare quella rauca vista in campo alla Friends Arena. Una squadra a cui è riuscito poco o nulla durante la gara, un po’ per la condizione sottotono di Belotti e Immobile, reduci entrambi da infortuni, un po’ per i troppi errori in fase di impostazione.

Il risultato è stato di misura, ma pesante nell’immaginario collettivo: 1-0 per gli svedesi di Jan Andersson con un gol fortuito, ma cercato. E poi vi è un digiuno da vittorie in gare ufficiali per la Svezia contro l’Italia che si interrompe dopo oltre 30 anni. Voluto dal primo minuto, da quando la gara si era messa subito sulla fisicità con un braccio largo di Toivonen su Boucci, duello che si protrarrà per tutti i 90’ minuti. Colpi proibiti molti, violenti in realtà pochi: attaccarsi all’arbitraggio è molto probabilmente sbagliato. L’Italia adesso sa che a San Siro è vietato sbagliare per non saltare il terzo Mondiale della sua storia dopo quello mancato nel 1958 per mano dell’Irlanda del Nord (ieri sera sconfitta a sua volta dalla Svizzera per 1-0).

Una riflessione sul valore di questa Nazionale, sulle debolezze che palesa di pausa in pausa, andrà fatta ugualmente, Mondiale o non Mondiale che sia. Una serie di contingenze ha fatto sì che ieri le punte, troppo isolate, creassero problemi al portiere svedese soltanto dopo neanche cinque minuti del primo tempo, con un colpo di testa di Belotti. Per il resto, una parata su Candreva nel secondo tempo e un palo clamoroso di Darmian. Nulla più.

Se vi è effettivamente mancanza cronica di gioco corale o punte troppo sole o una disposizione tattica che non permette la massima espressione del potenziale italiano del momento, lo dirà una volta per tutte la prossima partita alla Scala del Calcio. La Svezia arriverà per difendere il vantaggio e cercare di segnare almeno un gol dal momento che l’Italia, che non veniva sconfitta dagli svedesi in gare ufficiali dal 3 giugno 1987, dovrà gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Non ci sarà Verratti, ammonito nel primo tempo e costretto dunque a saltare il ritorno. A tratti inspiegabile il perché della sua sostituzione al 75’ per gettare nella mischia Insigne, se non altro perché rischiare Parolo in campo tutta la gara – o anche solo non farlo rifiatare – è sembrato meno intelligente nell’ottica di altri 90’. Vero che Giampiero Ventura aveva tutti i motivi per sperare almeno di pareggiarla.

Al di là di queste scelte, sarà anche la scelta degli uomini e del dove schierarli a poter fare la differenza. Non ha convinto ad esempio Darmian, messo a sinistra quando ai tempi del Torino lo stesso commissario tecnico lo schierava abitualmente sull’altro esterno. Restano in panchina Jorginho, che dovrebbe trovare spazio al ritorno, e Florenzi, che a questo punto, buttando anche un occhio al campionato, è uno dei profili più in forma.

Ventura molte più attenuanti le ha nel reparto avanzato: Immobile e Belotti non avrebbero dovuto giocare entrambi, ma l’infortunio di Zaza ha destabilizzato i suo piani. Anche in questo caso la disfatta svedese di Solna, che ha messo in evidenza sui palloni alti lo strapotere fisico della retroguardia scandinava (che al ritorno ritroverà per altro Lustig, 190 centimetri, ieri squalificato), si sarebbe potuto gettare nella mischia un profilo come quello di El Shaarawy, passando da un 3-5-2 a un 3-4-3. Ma sono tutte speculazioni che rischiano di rimbecillire: fra meno di 72 ore l’Italia dovranno aiutare a farla gli italiani.