Ieri mattina colpiti dall’ottimismo per una ripresa del campionato. Stamattina anche, e addirittura va registrata l’intesa a distanza tra Spadafora e Gravina, rispettivamente ministro dello Sport e presidente FIGC, “spadaccini” a distanza in televisioni e radio.

L’ipotesi più ventilata oggi? Giocare da maggio/giungo in avanti ogni 72 ore per scongiurare la bancarotta del calcio. In realtà, tutto si è fuorché fuori dall’emergenza: si vedano la Cina coi suoi casi di ritorno, le dichiarazioni del capo-dipartimento Borrelli, che annuncia staremo a casa almeno sino al Primo Maggio giocando d’anticipo sul Governo, e l’OMS che rivaluta l’ipotesi che il virus continui ad aleggiare nell’aria anche solo col semplice respiro. Un turbine di esclusive e passi da gambero che non aiuta.

Molti presidenti non vogliono ripartire, è chiaro, e sarebbero addirittura la metà di quelli che si connetteranno oggi per l’assemblea di Lega Serie A. Molti non vogliono ripartire senza tifosi, l’essenza del calcio. In ogni caso, loro sicuramente non ci saranno. Troppo spesso ci si dimentica che senza i tifosi, però, il calcio non esisterebbe e avrebbero un appeal ben più basso sia accordi pubblicitari sia diritti televisivi. In pratica ciò che tiene in vita larga parte delle società di calcio.

La UEFA sembra immune al coronavirus e prova a riannodare tutti i fili di un telaio ormai sfaldato. È evidente come abbia ormai messo davanti a tutto di portare a termine i campionati nazionali e spera di concluderli entro luglio per poter giocare così le finali delle coppe in agosto. Il Belgio intanto chiude i battenti del campionato in via ufficiale, congelando la classifica al momento dello stop. Non senza altre squadre e campionati che potrebbero, in autonomia, dire “basta” col calcio, come confermato stamane da Michele Uva, vicepresidente UEFA.

La volontà è di non perdere gli introiti delle televisioni nel trasmettere le fasi finali delle competizioni europee visto che è impensabile ormai poter fare incassi con una finale di Champions League da 70mila biglietti venduti. Di fronte a questo scenario la UEFA non tiene comunque in considerazione che non tutte le nazioni vivono oggi allo stesso sviluppo epidemico della parabola coronavirus. C’è chi potrebbe trovarsi in campo ad allenarsi a maggio, chi a luglio. Chi, magari, ancora più avanti. Alcuni non ripartiranno proprio più. C’è una evidente incognita sulla condizione fisica e alcune squadre arriverebbero più preparate di altre alle coppe europee.

Ecco perché la soluzione migliore, quella che già avevamo scritto su Buoncalcioatutti, sarebbe dire a chiare lettere di ripartire ad agosto (magari, se sarà possibile, con la nuova preparazione affrontata nelle mete estive già prenotate dalle società?) per finire il campionato 2019/2020 e le coppe entro la metà di settembre. Poi due o tre settimane di pausa e ripartire ad ottobre col campionato nazionale 2020/2021. Il tutto con un accordo precedente sugli stipendi da pagare, su quali tagli esercitare e su come prorogare le scadenze contrattuali al 30 giugno.

A fare da paciere prova la FIFA, di sicuro non il Governo, in particolare quello italiano, che ha intavolato una guerra vera e propria col mondo del calcio. Il Ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, aveva anticipato il 29 marzo scorso a Repubblica di voler chiudere le porte agli allenamenti per tutto il mese di aprile. Una boutade soltanto per rispondere a Gravina, presidente FIGC, il più loquace da inizio emergenza nel ripetere che il campionato si finisce e lo scudetto si assegna.

Tant’è vero che, oltre ad essersi smentito da solo, lo ha smentito anche il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha stoppato ogni aggregazione sportiva sino al 13 aprile prossimo, in linea con le misure restrittive estese a tutto il Paese. Ieri gli si è accodato via social lo stesso Ministro dello Sport, annunciando che una graduale ripresa dopo Pasqua è più credibile. “Certi che a maggio saremo fuori dall’emergenza” aveva dichiarato. “Non credo che questa situazione passerà il primo maggio” gli ha risposto stamattina il capo-dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli. Due dichiarazioni in netta antitesi in meno di un giorno.

Il canovaccio di questo teatrino europeo manca ancora di alcuni personaggi. Perché se l’interesse a finire il campionato lo hanno soprattutto i club per evitare che Sky e DAZN chiudano i rubinetti senza aver trasmesso almeno 304 delle 380 partite in calendario, molti giocatori dovranno essere richiamati in Italia dall’estero.

Bisognerà capire quando accadrà e tutto dipenderà dal coronavirus, ma molto anche dalla trattativa sul taglio degli stipendi ai calciatori. Per adesso non si è trovata un’intesa, ma in gioco sono entrati i procuratori e la FIFPro, sindacato mondiale dei giocatori di calcio. La volontà è scongiurare che la vicenda passi nelle aule di tribunale, come accennato questa mattina dal vicepresidente AIC. I giocatori sarebbero disposti a tagliarsi un mese, le società vorrebbero un decurtamento di quattro mensilità da marzo a giugno.

“Ai posteri l’ardua sentenza” scriverebbe Manzoni nel “Cinque Maggio”. Che poi, chissà, magari sarà l’ennesima data plausibile che prima o dopo qualcuno sbandiererà…


Protezione Civile, Borrelli: “Non credo questa situazione passerà il primo maggio” – AUDIO