Il Genoa non supera gli ottavi di Coppa Italia e non per colpa sua. Al di là delle condizioni di forma di alcuni protagonisti, degli errori di transizione nell’ultimo passaggio, della paura di avere ricadute degli infortuni, dell’errore del portiere, del rigore sbagliato da Radovanovic, il protagonista principale è stato l’arbitro Sacchi di Macerata. Senza personalità.

Tutto dimostrato dal suo curriculum: debutta in Serie A il 24 maggio 2015 e in 5 stagioni ha diretto solamente altre 6 gare nel massimo campionato. Anche nell’ultima gara diretta nel campionato maggiore (Lecce-Hellas Verona) è stato protagonista in negativo contro i salentini con vittoria di Juric.

Sacchi non ha avuto il coraggio di tirare fuori il sacrosanto, secondo ed evidente giallo a  Meite al 60’ di gara. Mazzarri invece di baciare la Dea Eupalla per il passaggio ai quarti, con la solita arroganza ha avuto il coraggio di lamentarsi dell’arbitraggio. Il Torino in 10 uomini avrebbe perso visto e considerato come ha giocato i tempi supplementari in inferiorità numerica.

D’accordo, il VAR non poteva suggerire ma gli auricolari sì, in particolare da parte del quarto uomo Sozza, arbitro con 8 gare in Serie B, il più vicino all’azione incriminata. Il VAR non ha funzionato, Sacchi non poteva vederlo il rigore non concesso a Goldaniga, ma Nasca di Bari si era addormentato come tanti spettatori davanti alla Tv vista l’ora.

Riferire subito i fatti come già scritto altre volte significa dimenticarli presto. Intanto su chi avventarsi? Così vanno le cose e così andranno con il Vecchio Balordo di mezzo. L’arbitraggio positivo non favorevole di Irrati di domenica scorsa e non digerito è stato subito compensato.

Ora stiamo ai fatti, alla partita. Quando si segue il Genoa, gli indizi oscuri della coscienza  affiorano contradditori al punto di non doversi ascoltare mai.

Pur schierando solamente uno di coloro che avevano giocato contro il Sassuolo, ossia Romero, mister Nicola ha fatto vedere di avere la squadra in mano dal punto di vista caratteriale e tattico, non fisico e tecnico. La formazione mandata in campo contro il Torino probabilmente non ha giostrato insieme neanche durante gli allenamenti. Difficilmente – e non si capisce il perché – non si fanno più partite e allenamenti a metà settimana con altre formazioni e la formazione che scenderà, quasi, alla domenica in campo: paura di dare indicazioni ai prossimi avversari?

Bravo Nicola a dare un assetto omogeneo stringendosi in difesa, parolaccia per qualcuno, meglio dire due linee compatte tra centrocampo e difesa. Centrocampo e difesa hanno resistito bene all’arrembaggio del Toro.

Se la difesa ha retto bene guidata da Romero, leader impeccabile orgoglioso della fascia da capitano al braccio, le due fasi di gioco hanno funzionato per merito di Schone. Il danese-olandese non si è dimenticato di essere stato lo straniero con più presenze  nell’Ajax e delle 50 non apparizioni nella nazionale danese. Quando Schone portava il pallone invitando i compagni a giocarlo si è visto il Grifone che vorrebbero vedere tutti, con l’azione che non stagnava lentissima in diversioni laterali, con 5/6 tocchi. Anche in fase difensiva, smentendo tante divagazioni sul non difendere di Lasse, ha giocato bene, coprendo la sua zona di competenza egregiamente.

Su Schone le chiacchere sono tante. Parlando con un amico in inglese in un bar ha confermato che lui vuole rimanere al Genoa: non ha “saudade” dell’Olanda, la sua famiglia si è integrata e vorrebbe avere la bacchetta della direzione del centrocampo non part-time con altri compagni, ricordando la gara con Juventus, un 4-2-3-1 dove fu protagonista fino al cartellino rosso a Cassata.

Se Schone è stato protagonista nel cuore del gioco, Favilli è stato nel cuore della difesa granata. Che il Signore gli dia tanta salute. Favilli: il pivot che è mancato al Genoa nel girone di andata, la grande valenza in entrambe le fasi di gioco, sia in quella di possesso che in quella di non possesso. Bravo nel controllo e nella difesa del pallone, nello smarcamento, nel controllo e nell’osservazione dello sviluppo del gioco.

Dispiace scrivere in negativo di Radovanovic, e non per il rigore decisivo sbagliato: quel tipo di rigore lo hanno sbagliato in tanti prima di lui, non se lo merita come uomo e persona intelligente. Però gara dopo gara, anche se tutti gli allenatori dallo scorso anno lo hanno sempre utilizzato,  ricorda sempre più Perdomo, il volante central voluto dal professore Scoglio: lento come tutti i playmaker, non prodigo nel lancio e nel cambio campo pur avendone le possibilità, con la veronica sul pallone e il passaggio corto che non porta da nessuna parte senza una visione di gioco. Come Perdomo non è neanche cattivo come lo potrebbe dipingere il suo fisico. Radovanovic può e deve cambiare, deve avere più fiducia nei suoi mezzi, anche sbagliando. Qualcuno dice: perché non si può vendere o dare in prestito? Perché Radovanovic è stato pagato profumatamente e sarebbe una minusvlenza non da poco (due anni fa venne pagato 5 milioni, come da bilancio d’esercizio 2018).

Piace questo approccio di Nicola da quando si è insediato a Pegli. Non fa poesia e come il professore Scoglio ha un solo obiettivo da trasmettere alla squadra: difendere e attaccare, difendere per attaccare con lo schema, l’organizzazione a governare. Nicola dal suo arrivo ha insegnato la prima cosa necessaria per cercare la salvezza: la coscienza di essere una squadra con valori e un’identità forte. Il modulo poi è soggettivo, anche se alla fine, per Nicola, l’identità coincide appieno con il modulo.

Di Torino-Genoa si è già detto molto. Adesso conta che la lezione che arriva dal  passato al calcio del Vecchio Balordo possa servire. Anzi, deve servire assolutamente.

Deve essere dato un sguardo, al di là del risultato e della prestazione di domenica prossima, per capire come e dove stanno andando e quello che non viene fatto, un confronto con l’ondata positiva delle intuizioni di Nicola e gli errori o orrori del passato che non possono frenare ancora una volta la voglia di salvezza e di sogni non solo dei tifosi, ma di chi crede nel pallone e vorrebbe vivere momenti più belli.

Al Genoa anche dopo le due gare della gestione Nicola i difetti sono sempre gli stessi.  Occorrono un esterno, un centrocampista e un attaccante pronto a tirare. I difetti e non possono essere sempre colpa degli allenatori se sono sempre gli stessi: sbagliare l’ultimo passaggio, cross inefficaci dal fondo campo. Bisogna capire se è colpa degli esterni  oppure se hanno la consapevolezza di non farli o tentarli perché l’area davanti ai portieri avversari è sempre troppo vuota.

Altro problema da non sottovalutare le condizioni atletiche di coloro che dovrebbero fare la differenza, collegate per di più alla paura di ricadute di infortuni muscolari: Zapata, Sturaro, Behrami, Favilli e  Destro.

Il calcio mercatogenoano è difficile: ieri allo Stadio Grande Torino c’erano 28/29 calciatori. Oltre smaltire la rosa e rimpolpare una rosa di qualità subito pronta, importante  che tutti si rendano conto, dal Joker alla Dirigenza passando per il tecnico, che sarà difficile l’exploit del Crotone del 2017 quando su 27 punti ne fece 20, dal 2 aprile al 28 maggio, salvandosi  all’ultima giornata. Operazione che tutti i Genoani si augurano.

Foto TanoPress