Chiunque segua le giovanili del Genoa, specialmente la Primavera rossoblu, non potrà aver fatto a meno di notare Daniela Costarelli, sempre in divisa rossoblu e pronta a scattare da una parte all’altra, da uno spogliatoio all’altro, per tenere i fili dell’organizzazione fino ai minimi dettagli. Daniela, massofisioterapista del Genoa Primavera, è la donna che abbiamo voluto incontrare per celebrare come si deve la Festa della Donna, nel giorno in cui peraltro la si vedrà al suo posto, in panchina, borsa e borracce alla mano, per la sfida tra Genoa e Napoli. Sempre con una parola buona e il sorriso di chi vive pressoché in una seconda famiglia calcistica. Ecco cosa ci ha raccontato.

Come nasce il tuo lavoro qui al Genoa e in cosa consiste?

Il mio lavoro nasce dalla voglia di far star bene gli altri. Nasco da una famiglia di operai, perché mio padre era lavoratore dell’ILVA, qualche volta anche scaricatore. Ogni tanto mi chiedeva, da bambina, di massaggiargli le spalle e da lì è nata una passione per la manipolazione. Nel diventare grande ho deciso di intraprendere questa strada seguendo dei corsi e sono diventata una massofisioterapista, ho un diploma di laurea.

Tramite la Coppa del Sindaco negli anni ’90 ho avuto la prima esperienza con la Coalma, squadra di via dell’Acciaio nella quale sono stata per due anni. Poi sono passata alla Sestrese, che al tempo – e ancora oggi – è una buona società. Da lì, giocando contro il Genoa, mi sono fatta largo e spazio per arrivare qui. Al Genoa ho subito cominciato con la scuola calcio dei giovanissimi nazionali, con Raggio-Garibaldi e altri giocatori che poi con questa maglia hanno militato per tanto vincendo anche il Torneo di Viareggio. Da lì continua la mia passione: ho conosciuto El Shaarawy, Perin e Sturaro, nomi importanti che tutti voi conoscete.

Siamo in un periodo di critiche e polemiche intorno al mondo delle donne nel calcio. Ma c’è una verità uguale per tutti: qualunque donna, in qualunque ambito lavori, non è mai da criticare quando svolge la sua professione al massimo. Anche perché, diciamocelo, le donne spesso hanno una marcia in più…

Vero. Ma attenzione: la donna quando entra nel mondo maschile sa che non deve sbagliare, deve far bene. Chiaro che anche una volta arrivati in Primavera si aspiri alla prima squadra, ma non si ha tempo per arrivarci. Sono madre di due figli, sono moglie ed è l’unica cosa che forse mi differenzia dal maschio. Io fortunatamente ho un marito e un compagno DOC che mi ha aiutato ad arrivare fin qua prendendosi cura della casa, ma è difficile. Stare in un ambiente di maschi è difficile perché tu sei l’opposto, ma il rapporto che ho con i ragazzi cerco di instaurarlo. Cerco di aiutarli a livello mentale, come valvola di stogo, forse anche per esperienza so come si evolvano determinati episodi e cerco di smussare gli angoli aiutandoli per la loro carriera.

Se devo dare una parola di conforto mentre lo tratto o mentre si allena, cerco di parlare e di andare anche oltre al calcio: famiglia, problemi, aneddoti. Un giorno eravamo in aeroporto con Liverani e Soprano (Marco, ndr) mi chiese cosa potesse comprare a sua sorella per i diciott’anni. Abbiamo corso per tutto l’aeroporto di Roma, entrando dentro le gioiellerie per cercare l’oggetto più indicato. Può essere un modo per aiutarli ad essere più sereni nelle piccole cose. Se ci si accorge che il mister vuol sempre la bottiglietta d’acqua vicino, portargliela. E così via. Così vale per la penna, per il chewing-gum.

Hai un ottimo rapporto con tutti i ragazzi delle giovanili, che a loro volta lo hanno con te. Si nota subito anche da fuori. Per te questo Genoa è una seconda famiglia

La vita con loro la vivi più che con la famiglia, perché di fatto io sto più con loro. Se calcolo le ore che trascorro con questi ragazzi ci sto più io che i loro genitori. La mia famiglia me la godo soprattutto nei giorni di festa. In Primavera cominciano ad essere grandi loro, quindi il rapporto inizia ad essere un po’ più serio. Sono tutti figli, figli da dover gestire senza invaderne lo spazio. Devi capire quando devi intervenire o stare da parte, quando stare in silenzio. Alcuni hanno bisogno di una pacca sulla spalla, altri non devono essere toccati: tu devi capire il momento giusto.

Come nasce la tua genoanità?

Genoani si nasce, non ci si può far niente. Mio fratello, mio padre, i miei zii: di famiglia siamo tutti genoani. Poi è logico che in famiglia mio fratello fosse il più grande e quindi magari andasse lui allo stadio. Io la vedevo o la sentivo per radio. La vita dello stadio è bella, ci fa fare gruppo e stare insieme. Genoani si nasce, non lo si diventa.


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