Prima del gol di Lazovic, sul banco della Tribuna Stampa del Castellani è arrivato un sacchetto di patatine che dà lo spunto per raccontare la vittoria del Vecchio Balordo sull’Empoli. “Dorata” come i tre punti. “Salati Preziosi” considerata la paura prima di iniziare la gara che era come andare ad un funerale di un morto. “Appetitosa” per i cambi di gioco di Prandelli. “Croccante” per i gol di Kouame di rapina, Lazovic di classe e Sanabria di qualità.

Tre ingredienti fondamentali per una partita da vincere che porta 3 punti di platino. Gioco e partita dei rossoblu che hanno confermato un luogo comune secondo cui le salvezze si conquistano soprattutto attraverso doti morali, coraggio sacrificio, umiltà, giocando in maniera coraggiosa ed anche offensiva, non rinunciando mai alla propria identità di gioco indipendentemente dai numeri dei moduli.

Un buon gioco di squadra richiede capacità tecniche, doti intellettuali e soprattutto collaborazione: quello visto contro i toscani. Empoli-Genoa nel ballo tattico di Prandelli, con movimenti singoli e collettivi di Criscito e compagnia. Vittoria nel segno del tecnico, di Lazovic e dei cambi modulo.

Prandelli ha preteso dalla sua squadra un ordine in campo che doveva essere al servizio della diversità e dell’idea finale di gioco. Il 4-5-1 iniziale prima del fischio di inizio poteva fare storcere il naso ai buongustai del pallone, ma subito si è capito che il suo aspetto non era difensivo ma applicato con intenzioni offensive, prevedendo la collaborazione continua dei centrocampisti e dei difensori con l’unica punta, con l’utilizzo di Bessa come chiavistello delle ripartenze da regista avanzato.

Prandelli è stato chiaro dentro lo spogliatoio davanti alla lavagna in particolare con quelli che giocavano a centrocampo che dovevano dare un carattere offensivo. Iachini è andato in confusione pressato da un Grifone più nella sua metà campo che nell’altra.

Il gol di Kouamé è stata la solita chicca ruba pallone dell’Antilope rossoblu ed è stato una mazzata. Si è ripreso mister Cappellino perché il Vecchio Balordo ancora sta andando a scuola di difesa a quattro e perché i toscani con gomiti in resta e con la qualità del centrocampo e velocità di Zajc sgusciante facevano arretrare il baricentro genoano. Un Grifone che ballasse sulle corsie laterali era inaspettato probabilmente anche da Prandelli.

La foto di questo disagio era la corsia di sinistra. Biraschi in particolare non ha ancora digerito i meccanismi della difesa a quattro. Quando assimilerà che non avrà più la copertura dietro le spalle, come nella difesa a tre quando si lanciava nelle corse in profondità, e che dovrà lavorare più di linea che sull’uomo farà meglio il suo e diventerà importante non solo per il Genoa. Anche Criscito dall’altra parte ha sofferto contro Krunic e Di Lorenzo che provavano a metterlo nel mezzo, ma è stato salvato dalla sua esperienza.

Prandelli e il suo secondo Pin hanno parlato tutto il primo tempo nell’area tecnica e hanno disegnato nell’intervallo il film tattico invocato da inizio stagione: 4-2-3-1. La musica è subito cambiata, Iachini nel pallone salvato nel momento migliore del Genoa da un errore difensivo, può darsi di Radu, splendido nelle altre occasioni in cui ha salvato la baracca nella prima parte della gara.

Un 4-2-3-1 con Lazovic prima a sinistra e dopo a destra a fare l’uomo del match. Darko come ai tempi della Stella Rossa,  dove giocava in un 4-4-2 coperto alle spalle e non a fare 100 metri di corsa ripetuti come gli è stato chiesto negli altri moduli tattici, dovendone fare solo cinquanta ed essendo lucido, ha fatto saltare il banco di Iachini che faceva l’errore di fare entrare un’altra punta di peso facendo uscire Zajc, giocando con una difesa a tre ballerina già con quattro elementi.

La ciliegina sulla torta del 4-2-3-1 prandelliano sono stati i cross, le percussioni di Lazovic e il nuovo arrivato Sanabria. I centrocampisti, in particolare Veloso, sempre nel mirino della critica: se si fa vedere scopre la difesa, se non si fa vedere copre la difesa che soffre meno. Una solfa se si continua a giudicarlo per la sua velocità, mai nelle corde di chi gioca nel suo ruolo. La velocità di un play deve essere nel pensiero, aiutato dagli altri che devono muoversi senza pallone.

Foto TanoPress

L’ex Betis Siviglia ha subito dimostrato una delle sue doti principali: lo smarcamento. Smarcamento non solo come atto a svincolarsi dal diretto avversario, ma essere bravo giocare in zona luce, cioè quello spazio in cui il portatore di pallone può vedere il compagno smarcato. Il primo gol di Sanabria dopo 5’ dall’esordio è facile per molti, ma senza il movimento esatto poteva diventare difficile.

Reduci da Empoli nessun volo pindarico, la speranza è che contro il Sassuolo si continui sulla strada del lavoro e che la tranquillità, componente essenziale in tutti risvolti della vita, faccia il percorso giusto.

La vittoria sull’Empoli deve essere la via maestra da seguire nelle prossime gare dimenticandosi del passato. Ci sono nuovi valori da scoprire e c’è da capire perché altri non hanno reso al massimo.


Genoa, Biraschi è il “Giocatore dei Caruggi 2017/18”. Premiazione il 31 gennaio al Pow Wow