Maglia numero sette ritirata nel 2013, 298 presenze in rossoblu nell’arco di ben nove stagioni dalla Serie C all’Europa. Addirittura sei da capitano, con quella fascia che soleva togliersi dal braccio per sventolarla ed esultare ad un proprio gol. Lui, Marco Rossi, oggi direttore sportivo del settore giovanile del Genoa. Un giocatore che di reti ne ha segnate 32 col Genoa, una delle quali nel derby vinto per 3-0 grazie al suo gol e a quelli di Milanetto e Palladino. Lo abbiamo contattato telefonicamente per chiudere il cerchio sul derby all’antivigilia della 117° stracittadina.

Che cos’è un derby?

“Una cosa speciale, qualcosa difficilmente descrivibile. Poi fatto da giocatore è ancora più indescrivibile. Si parla di un’emozione particolare. Se mi auguro che Mimmo ci superi tutti nel numero di derby vinti? Sicuramente, anche perché vorrebbe dire che vinciamo. Mimmo fa parte del vecchio zoccolo duro genoano, l’ho rivisto anche quest’anno e lo conosco bene. Gli auguro di vincere il derby e di raggiungere questo record (6 derby vinti, ndr). Saprà cosa dire ai compagni per motivarli e spiegare loro che partita sia il derby, per quanto un derby si prepari da sé“.

Con Juric hai giocato più di un derby, adesso sarà per la seconda volta tecnico rossoblu in una stracittadina. Come potrebbe preparare la partita?

“Con Juric abbiamo vinto 3/4 derby insieme e sa cosa vuol dire vincere un derby da giocatore. E per questo gli auguro di vincerlo anche da allenatore: da quando è tornato ha avuto un calendario difficile, che non gli ha permesso di dimostrare il suo valore”.

Il tuo compagno di mille battaglia Giandomenico Mesto ci raccontava di questi derby vissuti la sera prima, tutti assieme: era la vostra forza viverli così?

Il derby non lo preparavamo soltanto la sera prima, ritrovandoci faccia a faccia, ma già due settimane prima. Non mi ricordo una vittoria pre-derby personalmente: già la settimana prima, la gara prima, fra chi era ammonito e chi pensava a non farsi male per il derby, era tutto molto particolare. Erano quindici giorni strani, difficili da raccontare. Almeno per me. Com’era poi difficile la settimana successiva al derby: emotivamente ti scaricavi. E non ricordo di aver fatto una partita decente il turno dopo il derby (sorride, ndr). Proprio perché è complicato spiegare cosa senti quando prendi il pullman, vai allo stadio, senti salire l’adrenalina e la traduci in campo con tutta la voglia di vincere. Noi dimostrammo di averla, ma spero vivamente che questi ragazzi riescano a provare questa gioia”.



117° Derby della Lanterna, tra sfottò e pallone sarà la stracittadina della memoria