Giandomenico Mesto arrivava al Genoa nell’estate 2008, dopo una grande stagione all’Udinese (sulla cui panchina si trovava in quel momento Davide Nicola, ndr) e una grande fama acquisita a Reggio Calabria, dove con la maglia della Reggina si era poco a poco conquistato una maglia da titolare contribuendo a cinque favolose salvezze del club calabrese fra 2002 e 2007. Nel 2008 approda a Genova dove vive cinque annate intense, mettendo nella propria personale bacheca 146 presenze, 9 gol, 11 assist e ben cinque derby vinti su sei giocati. Si parla di uno dei pochi ad aver partecipato attivamente ai tre derby consecutivi vinti dal Genoa fra 2008 e 2009, inframmezzati dalla sconfitta per 1-0 con gol di Cassano a cui seguiranno le due vittorie nella stracittadina che coincidono con l’annata che porterà alla retrocessione della Sampdoria. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente per farci raccontare “che cos’è un Derby della Lanterna“.

Cos’è un derby a Genova?

“Una di quelle partite – e io ho avuto la fortuna di averne giocati diversi – che aspetti per tutto l’anno. Una di quelle cose che ricordi per tutto l’arco della tua carriera. Si vive un’atmosfera particolare e difficile da spiegare. Ho avuto la fortuna di averlo potuto giocare e di vincerlo. E’ qualcosa di indescrivibile che ti porti dietro per tutta al carriera quando parli dei momenti più emozionanti”.

Uno che di derby ne ha vissuti diversi è stato Juric, una tua vecchia conoscenza. Come lo prepara un derby?

“Credo che adesso deve cercare di mettere da parte tutta quell’emotività, quella carica che ti fa dare quel qualcosa in più durante la partita. Non per abbandonarla del tutto, ma perché da allenatore deve concentrarsi maggiormente sugli aspetti tattici e psicologici. Vedere le tante sfaccettature dei suoi calciatori per capire quale sia la migliore formazione da schierare. Avrò un occhio un po’ distaccato, ma ovviamente ci metterà determinazione e grinta come quando giocavamo insieme”. 

Come si spiega che cos’è un derby ai Piatek, ai Romero, a tutti i nuovi calciatori?

“Per esperienza personale, credo che non ci sia bisogno che l’allenatore stia lì a ricordarti che è un derby. Te lo ricorda questa magnifica gente, te lo ricorda la città, tutto ciò che ti circonda. E non te lo ricorda o racconta soltanto quella settimana del derby, ma lo fa tutto l’anno. Anche questo fa parte del fascino di questa partita. Bisogna non cadere nell’errore di arrivare troppo carichi e nervosi al derby perché bisogna arrivarci sempre concentrati, determinati, carichi. Come dovrebbe essere sempre. Ma vincere contro la Sampdoria ha un gusto diverso, mentre un’eventuale sconfitta ti lascia un amaro in bocca maggiore che altre sconfitte”.

“Nel fascino del derby ti arrivano energie e forza inaspettate. Ogni derby ha la sua storia: da quello vinto all’ultimo minuto a quelli vinti coi tre gol di Milito. Ma ricordo anche quelli persi, come quello per 1-0 con gol di Cassano. Nel bene o nel male, tutte queste partite ti lasciano il segno. Un aneddoto da derby? Nessuno in particolare, ma c’è una cosa che ci contraddistingueva: riunirci la sera prima, in ritiro, e non andare a rinchiuderci nelle nostre camere coi telefonini. Come accade più spesso adesso. Parlavamo di cosa sarebbe potuto accadere il giorno dopo e di come avremmo vissuto il derby. Vivevamo il derby dalla sera prima, dagli allenamenti che precedevano quella bellissima partita. Già solo entrare a Marassi e vedere cosa si può creare da quella partita resta un’emozione unica. Per questo credo che sarò a Genova per seguire il derby. Sempre Forza Genoa“.


Atmosfera da Derby

Facce da Derby: Joachim Andersen e Cristian Romero