“Era la solita madre generosa nella spettacolarità dei paesaggi obliqui e cangianti, mamma affettuosa nell’elargizione di un clima da Shagri-La, genitrice estremamente severa nei confronti di chi si fosse lasciato cogliere addormentato al ritmo del suo respiro mediterraneo, sempre tiepido”. Con queste parole, rilette da Dori Ghezzi in Piazza De Ferrari di fronte ai genovesi scesi nel centro città per commemorare le vittime di Ponte Morandi ad un mese dalla tragedia, Fabrizio De André provò a descrivere Genova, raccontandone i meandri più nascosti pronti a riemergere nella vita del cantautore.

“Quella era Genova da cui mi dividevo per incidente d’amore e finimmo per disparentarci. E così, fuggito alla schedatura dei miei tic da consumatore di femmine a pagamento e di adepto alla confraternita degli adoratori della lattuga ripiena, scampato al ricordo tutto genovese che avevo di me, mi sono un’altra volta riconosciuto nel sorprendente desiderio di riidentificarmi in quell’uomo che faceva quelle cose in quel posto […]. Fu qualche anno fa che quella città immobilizzata nel sogno ridiventò all’improvviso un presentissimo oggetto, nel senso che mi si gettò contro a riempire di orribili ricatti gli spazi lunghi delle veglie, tirandomi in faccia i cefali alla nafta della Foce, le bocche incantate sul pesce d’oro […] E arriverò persino a rinnegare di aver attraversato un così lungo momento da signor sans Genes”.

125 Anni Genoa, Laura Monferdini e gli auguri al ritmo di Fabrizio De Andrè – VIDEO