A vedere il calcio europeo, ovunque vi sia uno spezzatino in salsa di pallone, gli stadi, già di per sé strutture neppure lontanamente avvicinabili a gran parte di quelle italiane, sono pieni. Ogni giorno, ad ogni orario. Al primo tentativo di divisione del pacchetto calcio, invece, l’Italia è caduta in una grande confusione. Chissà se la riscossa arriverà proprio dagli stadi, che ad oggi garantiscono la visione e partecipazione della singola partita.

Tutto il marasma sul calcio italiano “spezzatino” è partito dai social network e da quella porzione di utenti, giovani e meno giovani, che, abituati a vedere film via internet su piattaforme assai note, hanno giocato subito la carta DAZN per capire se potevano godersi la Serie A su smartphone, tablet e computer, trovando di fronte a loro un prodotto altamente vulnerabile e ben al di sotto della qualità a cui fossero abituati. Schizofrenìa o impazienza a parte, ci si è immediatamente accorti che questo idillio non ci sarebbe stato.

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UN DISASTRO ANNUNCIATO – Riavvolgiamo il nastro. Eh sì, perché lo shock parte da ben più lontano, più precisamente dalla data del 15 marzo 2018. In quel giorno l’Antitrust intervenne per la prima volta nel mondo dei diritti televisivi dando il via libera a MediaPro, a patto che fosse “intermediario equo, trasparente e non discriminatorio”. Una frase che aveva fatto ben sperare, ma che forse già presagiva il sospetto di un patatrac. Non dimentichiamoci che il colosso spagnolo avrebbe dovuto operare in maniera differente rispetto agli anni precedenti, di fatto rivestendo il ruolo di intermediario accordando a soggetti terzi, come la stessa Sky, pacchetti non esclusivi di sub-licenza già provvisti di tutto il materiale audiovisivo che MediaPro avrebbe preparato da sé, inserendovi addirittura la propria pubblicità. Capitolo non di poco conto quest’ultimo della pubblicità e terreno che sarebbe stato di scontro in sede legale.

Arriva presto il 12 aprile 2018 e MediaPro presenta con qualche giorno di ritardo il bando che permetterebbe l’acquisto degli accordi di sub-licenza. Accordi che non ci saranno dal momento che Sky ha già mosso i suoi tentacoli e il Tribunale di Milano, in data 17 aprile 2018, sospende il bando MediaPro, che attendeva offerte e risposte entro il 21 aprile. Non ne arriveranno e, fra schermaglie a distanza, ricorsi e acconti in ritardo, il 28 maggio 2018 c’è la risoluzione del contratto fra Lega Serie A e spagnoli. Non basta neppure una fideiussione da mezzo miliardo di euro presentata il 5 giugno 2018 a convincere l’Assemblea di Lega a riaccogliere MediaPro: troppe zone d’ombra, un socio cinese all’orizzonte e poche speranze di accordi in esclusiva. Tutto da rifare e in tempi brevi. Ed ecco che il 13 giugno 2018 gli aggiudicatari dei diritti televisivi hanno un nome e un cognome: Sky e Perform Group, la cui denominazione commerciale è DAZN. Introiti annuali da oltre 973 milioni di euro.

LA STRETTA ATTUALITÀ – Eh già, la stretta attualità che scorre in parallelo alle prime 18 partite del campionato. Da qualche giorno DAZN – e con essa Sky Sport Italia – non stanno vivendo momenti di particolare entusiasmo. Piovono le critiche sul prodotto televisivo “spezzatino” e sono rientrate in gioco due realtà di non poco conto: il Codacons con un esposto e l’AGCOM, a cui il medesimo esposto è stato inviato e che ieri ha avviato un’istruttoria di cui sarà curioso capire le tempistiche, dal momento che lo stesso sito dell’Antitrust specifica come, laddove “esista il rischio di un danno grave e irreparabile per la concorrenza, l’Autorità può adottare misure cautelari per porre un rimedio immediato al comportamento restrittivo“.

Del resto, un paio di giorni fa il Codacons aveva sottolineato come “la condotta commerciale posta in essere da DAZN […] renda un servizio scadente: le partite trasmesse sono continuamente interrotte anche per chi ha la connessione con fibra ottica. Dal canto suo – prosegue la nota del Codacons – SKY pone in essere una condotta scorretta in quanto costringe gli utenti a pagare l’abbonamento per la serie A allo stesso prezzo della scorsa stagione calcistica, non garantendo la trasmissione di tutto il campionato e non dichiarando sin da subito quali sono le partite che non verranno trasmesse“. Partite che potrebbero rispettare la proporzione (per squadra, ndr) di 10/11 su DAZN e le restanti 27/28 su Sky Sport, ma che effettivamente non sono state collocate in calendario ad inizio stagione, costringendo i consumatori a viaggiare a tentoni di aggiornamento in aggiornamento.

Proprio su questo punti si è soffermata anche l’AGCOM, che ieri ha parlato soprattutto di come Sky Italia possa aver indotto da una parte i nuovi clienti ad “assumere una decisione commerciale non consapevole”, dall’altra aver adottato “profili di aggressività” nei confronti di chi già risultava abbonato. Differenti ma non troppo le rimostranze mosse a DAZN, “oggetto di attenzione, da un lato, per l’enfasi data al claim “quando vuoi, dove vuoi”, che farebbe intendere al consumatore di poter utilizzare il servizio ovunque si trovi, omettendo le limitazioni tecniche che potrebbero impedirne o renderne difficoltosa la fruizione; dall’altro, per i messaggi che indicherebbero la possibilità di poter fruire di un “mese gratuito” di offerta del servizio “senza contratto”, mentre in realtà il consumatore stipula un contratto per il quale è previsto il rinnovo automatico, con conseguente esigenza di esercitare l’eventuale recesso per non rinnovarlo”.

IL CLIENTE HA SEMPRE RAGIONE – L’AGCOM avrà fatto valere in questo caso anche alcuni studi portati avanti negli ultimi anni, quelli che hanno condotto, nel novembre 2016, alla pubblicazione di un’indagine conoscitiva sul settore audiovisivo in Italia che era partita nel febbraio 2010 prolungandosi per oltre sei anni. In questa indagine, la categoria in cui DAZN sarebbe collocabile, ovvero sia quella delle OTT-TV (Over The Top TV), veniva descritta come “la categoria che riguarda servizi audiovisivi trasmessi sulla rete internet pubblica e tendenzialmente destinati a una fruizione su uno schermo televisivo connesso. I fornitori di tali servizi predispongono anche una interfaccia grafica di navigazione, così da consentire un accesso agevole al filmato richiesto dall’utente mediante il telecomando“.

Passaggio che stride con la stretta attualità, soprattutto perché Sky Sport si era in qualche modo impegnata a creare entro l’inizio della stagione una sua applicazione interna (solo per chi disponesse di Sky Q) con cui accedere a DAZN. Più che probabile incentivo a vendere più Sky Q, l’iniziativa ha subìto comunque forti ritardi, al punto che le ultime indiscrezioni parlerebbero di un inserimento dell’interfaccia DAZN solamente al ritorno dalla prima pausa per le nazionali, entro il 15 settembre. Esattamente a sei mesi di distanza da quando l’AGCOM sembrava aver strizzato l’occhio a MediaPro e spalancato così le porte alla rivoluzione milionaria dei diritti televisivi del calcio italiano.

Arrivati a questo punto, come non parlare di quanti hanno già sottoscritto il pacchetto al costo di 59,99 euro senza poter usufruire del servizio, accessibile ad oggi soltanto da smartphone, tablet, computer o smart tv. E di tutti gli abbonati che non hanno eseguito il passaggio a Sky Q, letteralmente nel limbo e costretti a sperare con le dita incrociate – e non sullo schermo del loro smartphone – che la loro squadra giochi il meno possibile su DAZN per evitare inceppamenti e visione televisiva di bassa qualità.

Anche perché l’AGCOM è chiarissima nell’inquadrare quale debba essere l’obiettivo di servizi come DAZN: fornire il massimo sforzo (best effort) per offrire un prodotto di qualità e limitare i fenomeni di ritardo ed interruzione del flusso audiovisivo. Specialmente quando l’utente mette mano al portafogli.


Chi ha fatto palo sui diritti tv?