L’Avvocato Gabriele Bordoni, legale di Manolo Portanova nell’inchiesta che lo vede accusato assieme ad altri tre ragazzi, ha voluto prendere la parola dopo gli ultimi articoli usciti nelle ultime 72 ore su alcuni organi di stampa che hanno ripercorso alcuni stralci delle carte processuali.

Il messaggio dell’avvocato è stato diffuso via Instagram dai profili dello stesso Portanova, che ha però voluto specificare subito in apertura: “io penso solo al calcio, al mio Genoa come ho sempre fatto”. Di seguito il testo del messaggio diffuso via social, messaggio – è bene ribadirlo – a firma del legale di Manolo Portanova, l’Avvocato Gabriele Bordoni. 

Ho letto alcuni articoli usciti in questi ultimi giorni sulla cronaca locale genovese relativi al processo che interessa Manolo Portanova ed altri tre ragazzi; la vicenda viene trattata in termini unidirezionali, con alcune inesattezze e sulla scorta di atti risalenti, senza considerare – perché non noti – tutti gli sviluppi dell’indagine. Il confronto fra argomenti, prove e considerazioni logiche deve essere riservato alla sede propria, in cui le parti ed il giudice conoscono l’intera materia processuale.

Trattarne invece approssimativamente e senza quella conoscenza crea soltanto ondate di opinione, capaci di pregiudicare quella serenità che è l’imprescindibile gradiente di un processo dedicato a chiarire una vicenda così delicata che vede interessati tutti giovanissimi, anche un ragazzo allora minorenne del quale non si è ritenuto di proteggere l’identità.

Credo, di contro che il rispetto per chi si assume vittima sia sacrosanto, ma che lo debba essere anche per chi è presuntivamente non colpevole per dettato costituzionale, soprattutto se minore all’epoca del fatto. Ora, che nel nostro Paese si sia perso da tempo il senso dell’equilibrio è evidente a tutti, ma in alcuni casi si passa il limite quando si finisce per orientare i giudizi, avvelenando il clima attorno ad una vicenda processuale per condizionarne l’esito, laddove è dimostrato che i mass media possano incidere, magari in via subliminale, sulla sorte delle decisioni giudiziarie.

Scriveva Leonardo Sciascia ancora sul finire degli anni “80 che «quando l’opinione pubblica appare divisa su un qualche clamoroso caso giudiziario – divisa in “innocentisti” e “colpevolisti” – in effetti la divisione non avviene sulla conoscenza degli elementi processuali a carico dell’imputato o a suo favore, ma per impressioni di simpatia o antipatia. Come uno scommettere su una partita di calcio o su una corsa di cavalli» ma da allora quel monito non è stato raccolto, a tutto scapito non solo di chi si trova esposto al fenomeno (in questo caso un calciatore, con le simpatie od antipatie di maglia che o accompagnano), ma della stessa civiltà giuridica.

Sino a qui, negli stretti limiti di quanto imposto dal mio ruolo, ho accettato il dialogo con la stampa, senza criticarne l’operato, ponendomi sempre equilibrato e rispettoso verso tutti i protagonisti del fatto, indipendentemente dai ruoli di parte; atteggiamento imposto dalla mia sensibilità, oltre che dalla mia professione. Ma dopo aver visto i miei assistiti – nella cui innocenza credo assolutamente, conoscendoli sin da quando erano bambini – dipinti nei termini di cui si è letto in questi giorni, anche per rispetto del dolore dei loro genitori, sento il dovere di esternare queste mie riflessioni; senza tono polemico né di protesta e nemmeno per anticipare temi difensivi, ma soltanto per invitare tutti a recuperare quell’equilibrio e quella consapevolezza che devono guidare l’informazione, nell’interesse equidistante di tutte le parti coinvolte nel processo, oltre che del Giudice che dovrà scrivere la sentenza“.