È dal 2017, anno di nascita del Var, che Buoncalcioatutti al primo vagito della tecnologia aveva messo in prima pagina la rubrica VAR Sport.

L’invasione della tecnologia sui campi di calcio è sempre più un Facebook, qualcosa che va solo di moda e viene utilizzato per “belinate“, per di più senza costrutto. Il VAR utilizzato per 5 anni nell’infantile e riconducibile tentativo di evitare l’errore – che ci sarà sempre – ha contribuito a togliere al calcio la sua magia e il suo incanto.

Dicemmo nel 2017 che il calcio italiano si era trasformato in “Blade Runner” facendolo correre su una lama di rasoio ogni giornata di campionato (e prima degli altri campionati europei) e che questo non sarebbe servito.

I replicanti con le sembianze di uomo sono serviti alle casse di FIGC e AIA nonché agli uomini che comandano il calcio arbitrale in Europa, Collina e Rosetti, facendo utilizzare il protocollo VAR alla lettera solamente in Italia.

Basta aver visto le partite di Champions per capire l’utilizzo del VAR. Quante volte è stato chiamato all’opera? Zero volte, anche con una doppietta italiana al monitor di Manchester City-Atletico Madrid composta da Valeri e Irrati. Nessuno arbitro italiano utilizzato nei quarti di finale della Champions.

Chi pensava che il VAR avesse solo il compito di scovare il fuorigioco al millimetro o pestoni al centimetro dentro l’area di rigore escludendo moviolisti, show televisivi e pagine su quotidiani sportivi e politici sarà rimasto deluso (o contento se partecipa all’Auditel degli euro).

Dicemmo nel 2017, e lo confermiamo nel 2022, che se si vuole la moviola in campo si sarebbe dovuto fare come negli altri sport a conoscenza di tutti: chiamare l’intervento al VAR su richiesta degli interessati, per un massimo di due volte a gara, introducendo il tempo effettivo di gara. Assodato, poi, che dopo cinque anni di utilizzo che il VAR può funzionare sol se si cambiano la Regola 11 (Fuorigioco) e la Regola 12 (Falli e Scorrettezze).

Cosa serve dare rigore per un piccolo pestone o contrasto con poca intensità quando in area di rigore durante l’esecuzione di un calcio di punizione diretto o di un calcio d’angolo c’è sempre un fallo da massima punizione certificato dal Regolamento del gioco calcio: spingere, colpire o tentare di colpire, caricare, saltare addosso, dare o tentare di dare un calcio?

Sul fuorigioco il piede o il pollice davanti per un millimetro sono un altro show del VAR: vedere il campo suddiviso con strisce come uno spartito musicale senza una chiave di accesso dell’occhio umano cosa serve? È servito al fatto che la macchina del VAR, specialmente in questa stagione 2021/22 dove tutto sarà deciso nelle ultime due gare, determinerà la classifica.

Il grande problema è che la macchina è una pratica investigativa che non risolve neanche i casi irrisolti facendo fare al pallone la fine di un serial TV, dove ormai il VAR fa più spettacolo degli Highlights. L’Italia non vince in Europa, non va ai Mondiali ma in quanto ad accessori tecnici è in prima linea. Questo potrebbe essere un motivo per il quale resta sempre fuori da tutto.

L’arbitro non comanda più nulla: gli sono rimaste solo le ammonizioni, per il resto è affiancato dalla regia del VAR che lo controlla con decine di telecamere e gli arriva addosso come negli show americani dove all’intervistato arrivano addosso matite.

L’AIA, alcuni giorni fa, ha dato i dati sull’utilizzo del VAR in questo campionato: 295 partite giocate per 1646 check e, secondo Rocchi, c’è stata una diminuzione degli errori dell’86%. Alla Can A sono contenti, quindi, ma i numeri certificano che gli arbitri sono scarsi. Qual è il miglioramento, considerate le tante polemiche?

Il VAR nelle prossime 8 gare non può più decidere partite e campionati. L’intervento artificiale della tecnologia non può coprire il buco del calcio giocato, anche quando l’arbitro vede l’azione da vicino.

Basta vedere la foto di Irrati in Juventus-Inter a 5 metri dal pestoncino su Dumfries che non fischia il rigore dopo più di 250 gare dirette tra C, B e A. Non lo avverte e non sente il rumore del pestone, richiamato al monitor da Mazzoleni in due secondi decide che è  rigore. Rigore che “esiste” non da regolamento ma da protocollo VAR che assegna le massime punizioni a capocchia, seppur non in tutte le gare. Adesso ci sono i replay da parte di ex arbitri in TV, anche loro dopo che insieme ai maniaci del VAR hanno compulsato avanti e indietro l’azione.

Sullo Step on Foot, semplicemente pestone, sono arrivate direttive piuttosto chiare in materia da parte del designatore di Serie A e B Rocchi che riportiamo integralmente: “Lo Step on Foot deve essere punito. È un intervento oggettivo: può sfuggire a velocità normale, forse sarà meno lampante rispetto ad altri falli, ma di fronte  alla inequivocabile immagine del pestone sul monitor l’arbitro richiamato all’On Field non può che concedere il rigore. Il VAR può sanare, in ultima analisi una svista del direttore di gara: in una selva di gambe, dopotutto, può benissimo capitare che lo stesso non ravvisi tale irregolarità”.

Tutto ciò è successo nella gara di andata tra Inter e Juve e in quella di ritorno domenica scorsa: le foto mostrano però che l’arbitro controllava tutto. Se tutto ciò è successo in una gara in cui ci si gioca lo scudetto, figurarsi nelle altre.

Il “Truman Rocchi VAR” continuerà per le altre otto giornate al grido di Step on Foot per vincere lo scudetto, per andare in Europa e per salvarsi? Speriamo di no. Così non VAR, già scritto nel 2017.