In una domenica senza calcio, due ragazzi hanno dato una lezione al “pompato” mondo del pallone: Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi. Il primo il più veloce d’Europa, il secondo che vola a 2.37 dopo le varie vicissitudini fisiche condividendo – immagine bellissima – l’oro col qatariota e amico Barshim. Spirito olimpico puro, non solo amicizia, e poi un panino mangiato assieme nel post-gara e nella lunga notte di festa giapponese.

Sono settimane che il mondo del calcio si piange addosso post-pandemia pagando largamente i problemi di una iperbole di costi e prezzi dei giocatori lievitata negli ultimi anni, generata internamente e quasi unilateralmente accettata. Solo la gioia dell’Europeo è ancora forte, ma ieri anche quest’ultima ha passato il testimone alle Olimpiadi e agli atleti azzurri.

Le storie di Jacobs e Tamberi raccontano di altro, dell’abnegazione e del non arrendersi. Anzi, del cercare di rimediare alle sfortune e agli errori e di migliorare nelle prestazioni. In alcune circostanze, come nel caso del fulmineo Jacobs, ci troviamo di fronte a un atleta che ha modificato sé stesso nell’arco di tre anni ereditando oggi i tempi di Usain Bolt, il re delle ultime tre Olimpiadi.

Tamberi è entrato nella storia dello sport italiano con unico amico al suo fianco: un gesso ingiallito che ha bloccato a lungo la sua caviglia. Ha inaugurato proprio Gimbo quei 20′ di fuoco, a partire dalle 14.30 di domenica 1 agosto 2021. Al momento di risvegliarsi, intorno alle 15, ci si è resi conto che non era stato un sogno ma qualcosa di reale: due medaglie d’oro nell’atletica alle Olimpiadi al Covid di Tokyo.

Le lamentele e le critiche alla mancanza di ori nella truppa italiana dei quotidiani sportivi – e anche di quelli politici – erano scivolate in mezzo ai giornali lasciando copertine al calciomercato. Oggi invece c’è quel pazzo quarto d’ora nei titoli e nelle prima pagine ad elogiare sport spesso dimenticati. E nei giornali di cronaca persino il Covid finisce a centro cartaceo.

Non ci sono stati cortei con bandiere e clacson come per il calcio, ma da ieri il figlio del vento e la libellula entreranno nei libri dello sport italiano. Perché sacrificarsi per un obiettivo non è mai scontato, e qualche volta si viene anche ripagati.

Grazie anche da Buoncalcioatutti.

Di Lino Marmorato, Lorenzo Semino e Alessio Semino