Federico Marchetti, l’eroe che non ti aspetti nel derby di Coppa Italia. Reduce da una prestazione convincente nel turno precedente (contro il Catanzaro) e responsabilizzato ancor di più dall’infortunio di Perin proprio alla vigilia della stracittadina, il portiere 34enne ha difeso i pali del Genoa con spirito e tenacia. Un vero gladiatore, come ai tempi della Lazio, con cui vinse proprio quella coppa nel 2013. L’unico trofeo nella sua lunga carriera,  fra le pagine chiare e le pagine scure.

EDUCAZIONE GENOANA – L’occhio di Marchetti era nero già prima della “tranvata” sul collo del tutto involontaria ricevuta dal sampdoriano Lerìs, di cui il portierone ha portato i segni per tutto il secondo tempo. In campo si è temuto anche di peggio, il compagno Paleari era già pronto a togliersi la pettorina ma Federico ha chiesto di restare e non togliersi i guantoni dalle mani. Una guida costante, prima e dopo il pareggio in contropiede, quasi costretto ad abbandonare il campo ma cocciuto e testardo nel volerci restare fino all’ultimo. Decisivo nel primo tempo per non rendere il passivo ancora più pesante, reattivo su Damsgaard durante l’arrembaggio blucerchiato nel finale, in qualche modo ha deciso la partita pure lui. Marchetti è l’eroe che non ti aspetti. “I tatuaggi bisogna soffrirli” è la massima di Educazione Siberiana, un film che oggi un po’ gli si addice se non altro per i segni che si porterà addosso del derby.


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