Tra i calciatori ad aver raggiunto il traguardo delle cento presenze in rossoblu c’è Maurizio “Ramon” Turone, che sulla fascia aveva fatto impazzire i tifosi del Grifone a cavallo tra anni Sessanta e Settanta, condendo le sue prestazioni anche con nove gol. Proprio col Genoa esordì fra i professionisti nel 1968 e vi rimase per quattro anni scanditi tra Serie B e Serie C. Oggi lo abbiamo raggiunto telefonicamente, lui che di Coppe Italia se ne intende (ne ha vinte due con la maglia del Milan e due con la casacca della Roma), per farci raccontare cosa fosse per lui un derby della Lanterna.

Di derby ne ha giocati e sa cosa significa giocarli. Cos’è il derby di Genova?

“È unico, e lo è per tanti motivi. Si sente più che da altre parti: la città è più piccola, ma io ho fatto anche quelli di Milano e Roma, e quello di Genova è unico. Bisogna viverlo, bisogna giocarlo per provare che cosa sia”. 

Questo derby sarà particolare: in palio una qualificazione anziché i tre punti. Come preparavate ai vostri tempi questa partita? E cosa può cambiare dal preparare un derby di campionato rispetto a uno di Coppa?

“Non cambia assolutamente nulla. Resta una partita di calcio. Forse si sente di più la gara di campionato perché in città quando vai in giro ne senti parlare maggiormente. Aspettando la partita, però, si sa per che cosa si va a giocare: che sia Coppa o campionato non cambia. A me quantomeno faceva questo effetto: magari ad altri, non so, tremavano le gambe. Aneddoti legati a questa partita? Non ne ho particolari. Ma soprattutto ricordo questa partita come una gara che non si preparava in maniera tanto differente da come si preparavano solitamente le partite.

In molti ricordano quel suo gol in un altro derby, quello con l’Entella: partì dalla sua area e arrivò direttamente in quella avversaria…

Beh, da un’area all’altra lo facevo spesso (sorride, ndr). In quel caso lì ho calciato e la palla è andata all’incrocio. Niente di particolare. Piuttosto, faccio un in bocca al lupo a tutto il Genoa!”.


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