Alzate le Coppe Europee, squadre italiane assenti. L’ingordigia è stato solo un rifugio non emotivo e di amore per il calcio che divorerà prossimamente l’avidità della UEFA e delle squadre che hanno partecipato al circo estivo del pallone europeo senza pubblico. Un circo non preventivato che porta deficienze economiche nell’organismo europeo del calcio e strascichi dolorosi anche sui campi di gioco dei prossimi campionati nazionali.

In questa Champions League, oltre vincitori e vinti dalle semifinali, per la gioia di Macron e la Merkel che continuano a fare il bello e cattivo tempo in questa Europa non unita, gongoleranno di essere anche al vertice del mondo del calcio oltre che in quello politico ed economico. Champions rappresentata per la prima volta solamente da due soli paesi: Francia e Germania. Non era mai successo nella storia della competizione: la casualità fa parte del calcio,  però viene difficile credere alle concomitanze e al fatto che sia stato stravolto dal Covid.

Il grande errore delle squadre partecipanti è stato quello di aver accettato supinamente l’inizio falsato dei campionati in ogni singola nazione. Lione e PSG hanno avuto 160 giorni per preparare questa fase finale di Champions, le tedesche Bayern e Leipzig (Lipsia) son state libere da impegni di campionato dalla fine di giugno.

Lo avevamo scritto in tempi non sospetti che questa disparità di calcio e preparazione avrebbe alterato gli equilibri del calcio europeo. Così è stato fino alle semifinali con Lione e Lipsia alla mercé non solo della qualità degli avversari di Bayern e PSG, ma anche della preparazione atletica non differenziata rispetto ai quarti di finale con le altre squadre incontrate dove la differenza delle condizioni atletiche è stata troppo differente. Guardando i tabellini tutte le partite sono state decise negli ultimi quarti d’ora di gara.

L’unica certezza ad oggi, oltre la qualità del Bayern e del PSG e delle loro stelle, è che la tattica non ha fatto nessuna differenza ed è andato avanti chi ha corso più degli altri e chi ci ha messo più fisico. La prova sono stati i tanti gol, le difese inesistenti, settori di centrocampo spezzati in due, colpa di lingue a penzoloni dopo il primo tempo, oltre che di infortuni.

Una differenza c’è stata: la  lezione presa da Nicchi e Rizzoli e dagli arbitri italiani visti i rigori barzellette per falli di mano concessi nel dopo Covid (e anche prima). Nel campionato italiano eravamo arrivati al paradosso che bastava buttare un pallone contro l’avversario per avere un rigore per fallo di mano. Anche la finale di Champions League e l’arbitraggio di Orsato hanno cambiato il registro italiano? Si direbbe di sì dopo quanto visto ieri.

LA UEFA con i fatti al comando dei direttori di gara c’è un ex arbitro italiano (Rosetti)e  ha confermato che le regole di Nicchi e Rizzoli non valgono in Europa, e non solo nella Champions o l’Europa League. Gli arbitri si prendono le loro responsabilità e difficilmente vanno a consultare il VAR. Un calcio che vorremo vedere anche nel prossimo campionato.

Ormai è evidente che l’importante nel calcio è solamente lo spettacolo offerto per le TV, le regine delle estati calcistiche con bar, spiagge, ristoranti che hanno salvato indici di ascolto che sono anche impietosi. Luoghi pieni alla faccia della distanza e delle mascherine, perché intanto i capri espiatori erano discoteche e movida.

Il nostro campionato ha dimostrato per l’ennesima volta di non essere europeo. Usciamo ogni anno dall’Europa anche prima del Virus ma nessuno (società, allenatori, giocatori, staff medici e staff atletici) che si metta in discussione proponendosi di valutare profondissimi ripensamenti. Grazie agli amici che conducono le danze via cartacea e TV tutto finisce a “tarallucci e vino” e quando perdiamo: “abbiamo fatto esperienza e siamo sulla strada buona” con la Juventus che insegue la Coppa dalle grandi orecchie e una squadra italiana l’Europa League. L’ultima squadra a vincerla è stato il Parma nel 1999 quando si chiamava ancora Coppa UEFA.

La distanza con l’Europa – non solo quella che conta calcisticamente – è enorme, sempre più inquietante e tirannico è il calcio raccontato e quello giocato da parte di allenatori, giornalisti e commenti di opinionisti. Dice Capello, con ragione: “la serie A non è allenante. Quando giochi con squadre straniere che aumentano la velocità, le squadre italiane vanno in difficoltà”.

Un po’ il film di Inter-Siviglia di venerdì sera. Conte si è troppo cullato delle vittorie a suon di gol con avversari che farebbero fatica in Serie A. Al primo vero incontro ha sbracato e non per il caldo, il Covid, la preparazione fisica, ma inciampando contro l’organizzazione calcistica degli spagnoli.

La finale di Champions League ci ha invece detto che il Bayern, all’undicesimo successo su undici gare nella competizione, arrivava da favorito e da favorito ha vinto la partita, giocando a memoria e trovando sull’asse Kimmich-Coman la zampata vincente per vincere di misura sul PSG, troppo sprecone negli ultimi metri e con Neymar e Mbappè senza reti nella fase di Champions League post-Covid. Il calcio tedesco è in salute, così come l’estrema organizzazione dei bavaresi, che hanno dimostrato di avere anche un’ottima panchina – oltre alla formazione titolare – potendosi addirittura permettere due francesi campioni del mondo lasciati fuori dai giochi (Pavard ed Herandez, fratello del Theo rossonero) a discapito di due giovani di belle speranze come Kimmich e Davies.

Grazie Atalanta e grazie Gasperini, la nostra ultima salvezza europea in Champions, anche se alla fine bisogna interrogarsi se, eccetto Gomez, tutti gli altri fossero all’altezza di un quarto di finale di Champions. Nessuna accusa alla Dea: solo elogi ad un progetto che viene da lontano.

Il calcio italiano è una industria ossessionata dal denaro e dallo status che continua a fare errori madornali nella scelta degli allenatori non solo cercando profili con zero esperienza, ma ripetendo gli stessi errori nel far sedere sulle panchine allenatori con scarso feeling, eccetto il cappellino, che hanno un DNA di signorilità e semplicità uguale a quelli allontanati e si continua a pagarli dopo 5 giornate di campionato. Genoa docet.

Bisognerebbe andare tutti sull’Aventino, aspettando che i tifosi tornino negli stadi e con la speranza che il calcio d’agosto abbia dato alla testa ai dirigenti UEFA e alle società solo per colpa del caldo, anche se l’Italia del calcio dovrà nuovamente interrogarsi del suo stato di salute senza continuare a dare la colpa al Virus.