Il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina è intervenuto in video-conferenza nel corso di un evento organizzato dalla dirigenza dell’Ascoli dal titolo “Metodi, strategie e innovazione nel web”. 

Di seguito le dichiarazioni di Gravina: “Mi auguro che il mondo del calcio, che ha un impatto altamente significato nella vita sociale del nostro Paese, possa ripartire con minor individualismo. Abbiamo bisogno di maggiori relazioni, occorre ragionare in termini di partecipazione e condivisione. Il piano B in caso di stop definitivo del calcio? Questa storia del piano B è diventata quasi una sorta di mantra, come se fosse la soluzione di tutti i mali. Solo i pessimi dirigenti non hanno piani alternativi, mi pare evidente. Ma se questo piano B deve fare rima con le due parole ‘è finita’, io allora non ci sto, è una soluzione che abbiamo tutti ma io non posso immaginarlo. Il mio senso di responsabilità mi deve portare ad avere un piano B, C e D. Abbiamo diversi piani qualora si dovesse sospendere il campionato, sottolineo sospendere che è diverso da annullare. La mia presa di posizione è chiara, non firmerò mai a livello individuale il blocco dei nostri campionati, non posso farlo, significherebbe uccidere il calcio italiano. Il calcio non è un’entità separata da altri contesti, con tanti negoziati di natura commerciale e contrattuale con molte realtà. Faccio un esempio: c’è una clausola tra la Lega A con i broadcaster che, in caso di stop, causerebbe un danno emergente di 400 milioni di euro. Non sono numeri buttati lì a caso”.

Gravina risponde alle parole del ministro dello sport Spadafora: “Da presidente della FIGC ho vissuto due mesi d’inferno, non è facile staccare la spina e non lo posso fare per vivere d’ora in avanti qualche mese tranquillo, chi lo pensa non si rende conto, sarebbe un gesto da irresponsabile. Noi abbiamo forti responsabilità contrattuali verso partner ed istituzioni internazionali, come UEFA e FIFA. L’esempio della Francia? Lì è il Governo che ha stabilito ciò che doveva fare la Federazione. Il Psg, ad esempio, ha già detto di aver perso 200 milioni dopo l’annuncio della chiusura ed al momento non sa se riuscirà a partecipare alle coppe europee. Ed anche i club della Ligue 2 hanno deciso di presentare proposte alternative. Vi immaginate quanti contenziosi dovremmo affrontare in caso di stop: chi è che viene promosso? Chi retrocede? Quali diritti andremo a calpestare?. Un presidente responsabile della FIGC deve tutelare gli interessi del sistema, di tutti, mi rifiuterò sempre di mettere una firma sulla chiusura dei campionati, salvo che ci siano condizioni oggettive, reali, in relazione alla tutela della salute dei tesserati e degli addetti ai lavori. Ma qualcuno me lo deve dire in modo chiaro e mi deve impedire di andare avanti. Il tempo lavora a nostra favore. Il danno economico in caso di stop? Lo abbiamo quantificato diviso per categorie. Con la chiusura totale perderemmo 700/800 milioni di euro, se si dovesse riprendere a porte chiuse oltre 300 milioni di euro, se ripartissimo a porte aperte 100/150 milioni, anche se quest’ultima ipotesi non è ormai percorribile. Il futuro? Tutti invocano il blocco, lo faccia il Governo, ce lo imponga, io rispetterò sempre le regole. Sento dire che dobbiamo aspettare il contagio 0 e il vaccino, in questo modo in pratica ci stanno dicendo che non potremo disputare neanche il campionato 2020/2021. Quando sarà pronto il vaccino? Quando sarà disponibile? Liquidiamo quindi così la terza industria del Paese con 90mila addetti ai ai lavori fissi e stipendiati?. C’è differenza tra il gioco del pallone nelle piazzette e negli oratori e l’industria calcio che è un’altra cosa. Ai calciatori con famiglie cosa andremo a dire? Che magari per i prossimi 2/3 anni dovranno cambiare mestiere? Ogni giorno devo rintuzzare attacchi e la gente non capisce o fa finta di non capire. Ribadisco ancora una volta il concetto che io la firma su un blocco del campionato non la metterò mai. Se non ragionassimo come sistema, la ripartenza per i club avrebbe dei costi fissi molto ingenti. Non ci saranno incassi dal botteghino soprattutto in B, C e D, ci saranno meno sponsor, le aziende avranno difficoltà, la valorizzazione del prodotto correrebbe il rischio di avere meno peso specifico e forzatamente ci saranno anche meno diritti televisivi. Dobbiamo fare una riflessione su una riforma del nostro sistema, non solo per quanto concerne il format sportivo, ma proprio come modalità di sviluppo sostenibile, togliendo le catene e parlando di libertà con una nuova impostazione. Questo è il tema su cui ci dobbiamo concentrarci, abbandoniamo logiche di sviluppo molecolare, siamo strutturati in un modo ormai superato rispetto al resto dell’Europa. Cento squadre professionistiche in Italia non si possono più reggere. Questa è la mia progettualità e lo dico da imprenditore, io non so fare politica. Sono portato a fare i calcoli ed a capire le criticità delle Leghe. Il vero imprenditore deve alzare l’asticella della qualità”. 

Serie A, Spadafora: “Fossi nei presidenti, mi organizzerei per ripartire dal prossimo campionato”