L’Istituto Jenner dell’Università di Oxford e Advent-IRBM, compagnia italiana con sede a Pomezia, cominceranno a testare sull’uomo, entro la fine del mese di aprile, il primo lotto del nuovo vaccino contro il coronavirus. Il vaccino denominato “ChAdOx1 nCoV-19” è pronto per i test clinici sull’essere umano a partire dalla fine del mese su 550 volontari sani.

Secondo quanto si legge sul sito di Advent-IRBM, “il vaccino è prodotto usando una versione sicura di adenovirus, ossia un altro virus che può causare la comune malattia del raffreddore. L’adenovirus è stato modificato in modo che non possa riprodursi all’interno del corpo e gli è stato aggiunto un codice genetico per fornire istruzioni per la produzione della proteina Spike presente nel coronavirus, consentendo all’adenovirus di produrre questa proteina dopo la vaccinazione. Ciò provoca la formazione di anticorpi contro la proteina Spike, che si trova sulla superficie dei coronavirus. In qualcuno cheti è sottoposto al vaccino, gli anticorpi contro la proteina Spike possono legarsi al coronavirus e impedirgli di causare un’infezione.

Si prevede di rendere utilizzabile il vaccino già a settembre per vaccinare personale sanitario e Forze dell’ordine in modalità di uso compassionevole” ha spiegato all’ANSA l’amministratore delegato di Advent-IRBM, Paolo Di Lorenzo, specificando che “si è deciso di passare direttamente alla fase di sperimentazione clinica sull’uomo, in Inghilterra ritenendo sufficientemente testata la non tossicità e l’efficacia del vaccino sulla base dei risultati di laboratorio, che sono stati particolarmente efficaci“.

E cosa accadrà nel periodo di transizione tra i primi test e l’approvazione definitiva di un vaccino contro il coronavirus? Difficile pensare che non si possa approcciare, in Italia come nel mondo, ad una “fase 2”. A dire la verità molti Paesi hanno già preso misure in tale direzione: in Cina e Norvegia si è tornati a scuola, con le dovute precauzioni, così come l’Austria si appresta a riaprire le attività. Serviranno, in ogni caso, misure di distanziamento sociale e cautele collettive come l’utilizzo delle mascherine.

Sul tema si è espresso oggi, ai microfoni della BBC, David Nabarro, il portavoce dell’OMS, che ha sottoscritto la linea seguita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, che potrebbe presto indicare l’utilizzo delle mascherine come norma per potersi riaffacciare all’aria aperta, oltre che nei luoghi chiusi e sui posti di lavoro.

Questo virus non se ne andrà via e non sappiamo se chi è guarito non possa contrarlo di nuovo. Finché non avremo un vaccino, dobbiamo predisporre società difeseDobbiamo indossare le mascherine, avere più distanze sociali, tutelare le persone più vulnerabili. Ma la cosa più importante, che tutti dobbiamo imparare, è che va interrotta la trasmissione. È una rivoluzione come accadde quando scoprimmo, nel 1850, che l’acqua sporca portava il colera oppure come quando, 25 anni fa, scoprimmo che l’HIV era in relazione coi rapporti sessuali. Cambiammo e ci adattammo: oggi dobbiamo imparare ad adattarci a questo nuovo stile di vita“. Dopo aver sottolineato con grande chiarezza che i primi a dover essere dotati di mascherine sono i cosiddetti healthworkers, ovvero sia medici e infermieri attivi per combattere il virus in prima linea, il portavoce OMS Nabarro ha spiegato che le altre categorie di persone a dover accedere con facilità alle mascherine riguardano chi ha sintomi e vive isolato così come i lavoratori che quotidianamente si trovano a stretto contatto coi colleghi o con altre persone.

E per il resto della popolazione mondiale? La domanda è lecita, ma il portavoce OMS la anticipa in autonomia nell’intervista. La risposta, per chi volesse ascoltarla in lingua inglese, è l’ennesima ammissione della difficoltà di poter fornire un numero sufficiente di “buone” mascherine ad ogni persona che ne abbia necessità. Una problematica accelerata e messa a nudo da un’emergenza improvvisa. “Per la maggioranza della popolazione non sarà probabilmente possibile assicurare a tutti un accesso rapido a buone mascherine, come le N95, ma a quel punto ogni forma di protezione facciale sono sicuro diventerà una norma, non fosse altro per rassicurare le persone“. 


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