Dopo sei giorni dalla presa in carico della posizione di commissario straordinario alla crisi ed emergenza sanitaria legata al coronavirus, Domenico Arcuri ha parlato in conferenza stampa spiegando quanto già fatto per dotare l’Italia di tutti i presidi e posti letto necessari, rilanciando anche quelle che saranno le operazioni pronte ad entrare in piena azione nelle prossime ore, come un consorzio di aziende italiane pronte a coprire la metà del fabbisogno di mascherine. Mascherine che per le prossime otto settimane saranno importate dalla Cina e da ogni nazione che si renderà disponibile (ma saranno gli aerei dell’Esercito Italiano ad andare a recuperarli direttamente per ridurre le tempistiche).

“Ritenevo non solo giusto, ma utile, informare tutti gli Italiani del lavoro svolto sino ad oggi e delle prossime scelte che faremo. Tutti i cittadini stanno facendo enormi sacrifici. Li ringrazio, ma non basta ringraziarli. Anzitutto non bisogna minimizzare i problemi che stiamo affrontando e faccio una raccomandazione a tutti: è davvero importante attenersi alle prescrizioni che il Governo ha dato. Consapevoli tutti che sono prescrizioni difficili, inusuali, quasi non contemporanee. Sappiamo che la stragrande maggioranza degli italiani le rispetta, ma chiediamo a tutti di rispettarle. Dobbiamo fare in modo che questa emergenza non si diffonda nelle regioni dove per adesso la portata è stata contenuta.

In pochissimo tempo siamo stati attaccati duramente da un nemico forte, invisibile e sconosciuto. Da subito abbiamo reagito, prima di tanti altri paesi del mondo. È un’emergenza senza precedenti nella storia. Noi lavoriamo senza fermarci: Governo, regioni, province, comuni e, in ultimo, il commissario. Stiamo moltiplicando i nostri sforzi.  Che cosa stiamo facendo nel concreto? Lavoriamo tutti i giorni e tutte le notti anzitutto per non lasciare soli, assistere e curare tutti i nostri concittadini colpiti dal virus. Dobbiamo garantire loro più macchine, più posti letto, più personale. Dobbiamo implementare una rivoluzione del nostro sistema sanitario nazionale.

Oggi distribuiremo 135 ventilatori, macchine che servono nei reparti di terapia intensiva per assistere i nostri pazienti. Ieri ne abbiamo distribuiti 121. Siamo passati da 13 a 73 ventilatori distribuiti al giorno, oltre cinque volte di più. Ancora pochi, ma confidiamo che questi numeri possano rapidamente crescere sino a raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati.

In pochi giorni le terapie intensive sono passate da 5343 posti a 8370, ovvero il 64% in più. I posti letti in malattie infettive e pneumologia sono passati da 6525 a 26169: più di quattro volte. Questo succede soltanto nei grandi paesi, coesi e focalizzati a contrastare e vincere questa guerra. In una corsa contro il tempo stiamo reclutando nuovo personale sanitario per rafforzare gli organici: le dotazioni di personale qualificato che servono per contrastare questa emergenza sono assai di più di quelle per cui la nostra organizzazione sanitaria sui territori era dotata. Abbiamo già compiuto due atti rilevanti, oggi ne annunceremo un terzo: col decreto dello scorso 17 marzo il Governo ha eliminato i tetti di spesa che permettevano alle Regioni di assumere personale sanitario. Nei prossimi giorni – quasi certamente già domani – saranno inviati 300 nuovi medici negli ospedali maggiormente in difficoltà, a partire da quelli situati nelle Regioni che purtroppo vivono l’emergenza dell’emergenza. Quasi 8mila medici italiani hanno risposto a questo appello e devo ringraziarli davvero per la tempestività: hanno dimostrato ancora una volta la loro generosità. 

Con una nuova ordinanza emanata nelle prossime ore trasferiremo su base volontaria 500 infermieri nelle zone col più alto numero di malati da Covid-19. Non solo. Grazie ad una indispensabile collaborazione tra le Regioni italiane sono già stati trasferiti 59 pazienti dalla terapia intensiva della Lombardia in altre Regioni italiane in condizione di ospitarli. Continueremo questo percorso. Intanto ringrazio anche il Governo tedesco, che ci ha permesso di trasferirne altri (8, ndr) nei loro ospedali.

Un altro obiettivo che dobbiamo cogliere è garantire la dotazione più alta possibile di dispositivi di protezione per difendere sempre meglio il personale sanitario e i lavoratori che consentono all’Italia di non fermarsi. Su questo devo essere molto chiaro: abbiamo avuto nei giorni scorsi momenti difficili. La ragione è semplice: l’Italia non produce, se non in quantità insignificanti, mascherine e ventilatori. Le munizioni che ci servono a combattere questa guerra non le abbiamo a casa nostra, o ancora non le abbiamo. Ogni Paese è attaccato – o sta per essere attaccato – da questa epidemia e dove ha la possibilità di produrre ciò che serve per combatterla, legittimamente se lo tiene per sé.

Le mascherine non sono come la pasta, non si comprano all’angolo della strada, non si possono comprare in rete e materializzarsi in tempo reale dove servono. Siamo dentro una guerra commerciale molto dura e complicata: ci sono migliaia di speculatori, ma anche molti Paesi alleati dell’Italia che ci aiutano a dotarci di queste munizioni. A tutti i lavoratori, sindacati e forze imprenditoriali che stanno collaborando perché si possa raggiungere questo obiettivo devo un sentito ringraziamento, non solo per lo sforzo, ma anche per la pazienza.

Ieri abbiamo distribuito 4 milioni e 900mila mascherine, di cui un milione e mezzo delle cosiddette “FFP2” e “FFP3”, quelle che servono di più al personale sanitario.  È il numero dall’inizio dell’emergenza. Siamo passati da una media di 307.098 mascherine al giorno ad una di 1 milione e 837.333. In poco tempo siamo cresciuti di sei volte nel dotare coloro ai quali servono di questi strumenti indispensabili. 

Tra 96 ore un consorzio di produttori italiani inizierà a produrre mascherine. Inizierà a dotare anche il nostro Paese e il nostro sistema sanitario delle munizioni che ci servono per continuare a contrastare questa guerra ed evitare la nostra attuale e totale dipendenza dalle importazioni. È un segno straordinario del sistema industriale italiano. In pochissimi giorni, intorno al sistema moda di Confindustria e CNA, si sono sintonizzate senza rivalità e competizione molte imprese italiane posizionate in questo settore. Niente individualismi, niente guerra tra loro, nessuna componente che spesso caratterizza lo spirito italico. Fra tre giorni inizieranno la produzione e pensiamo che in poco tempo copriranno la metà del nostro fabbisogno. Stimiamo che produrranno 50 milioni di mascherine al mese. Dovessi raccontare il mio auspicio, essendoci assicurati dall’estero una fornitura per le prossime 8 settimane, se riusciremo a dotarci anche di una produzione interna, quello delle otto settimane è un termine temporale verso il quale dobbiamo guardare. 

In pochissimi giorni, dall’Unione Europea, abbiamo ricevuto l’autorizzazione a lanciare un incentivo chiamato “Cura Italia”. Questo incentivo ci permette di finanziare, con una dotazione complessiva di 50 milioni, le imprese che desiderano riconvertire i loro impianti – come fatto dalle imprese che dicevo prima – per produrre ancora le altre mascherine che ci servono. Tutti abbiamo fatto uno sforzo straordinario per mettere in campo questa opportunità: spero – anzi, sono convinto – che centinaia di imprese risponderanno presente. La variabile del tempo è decisiva, serve un contributo rapidissimo alla soddisfazione del nostro fabbisogno per iniziare prima possibile. A noi servono più di 90 milioni di mascherine al mese. Dal 29 marzo, per otto settimane, importeremo settimanalmente dalla Cina 8 milioni di mascherine FFP2 e 6 milioni di mascherine chirurgiche. Saranno i nostri aerei ad andare a ritirare il materiale laddove lo troveremo, per non perdere neppure un minuto e rifornire tutte le Regioni che ne avranno bisogno. 

La strada è chiara: dobbiamo aumentare rapidamente la nostra produzione nazionale, abbiamo cominciato a farlo con qualche stupore in un tempo rapidissimo. Dobbiamo continuare, in modo tale da dipendere sempre meno dall’importazione, dalla competizione tra Paesi e dalla guerra commerciale in cui siamo dentro fino al collo. Oltre ogni retorica, la reazione del nostro Paese, delle nostre istituzioni, del volontariato, del mondo del lavoro, di tutti i cittadini dimostrano che l’Italia non solo è in emergenza, ma si sta dimostrando un Paese straordinario.